Memoriale di guerra a Kiev

in Guerra e pace

Due scommesse sulla pelle dell’Ucraina (e del mondo)

Negli Usa c’è chi prevede che la guer­riglia ucraina pos­sa durare decen­ni: pos­si­bile? E l’Italia è pronta a sosten­er­la, nel caso? «Anche noi con­sid­e­ri­amo pos­si­bile questo sce­nario. Se ci sarà un’azione di resisten­za del popo­lo dell’Ucraina, la comu­nità inter­nazionale non potrà girar­si dall’altra parte». La rispos­ta appar­ente­mente banale che chi­ude l’inter­vista di oggi di Repub­bli­ca al min­istro del­la Dife­sa, Loren­zo Gueri­ni, con­fer­ma la strate­gia dietro la scelta dell’Italia e di altri Pae­si europei di fornire armi a Kiev, anche se il min­istro, per indo­rare la pil­lo­la e sor­volare sui rilievi di incos­ti­tuzion­al­ità di ques­ta deci­sione, non par­la di armi ma usa l’espressione edul­co­ra­ta “stru­men­ti mil­i­tari per la dife­sa”.

È una strate­gia che si basa su due scommesse molto ris­chiose. La pri­ma è che, anche gra­zie ai nos­tri “stru­men­ti mil­i­tari per la dife­sa”, sia pos­si­bile trascinare l’esercito rus­so in una lun­ga e san­guinosa guer­ra di logo­ra­men­to, che potrebbe durare, appun­to, decen­ni. Al net­to dei tim­o­ri legati alla pos­si­bile esca­la­tion nucleare del con­flit­to, è evi­dente che si trat­ta di uno sce­nario des­ti­na­to – sen­za se e sen­za ma – a molti­pli­care espo­nen­zial­mente il numero delle vit­time di entram­bi gli schiera­men­ti e anche tra la popo­lazione civile, oltre a quel­lo dei profughi costret­ti a fug­gire all’estero. Dunque del tut­to incom­pat­i­bile con le invo­cazioni alla pace di questi giorni.

Qual­cuno lo spieghi, in par­ti­co­lare, al seg­re­tario del Par­ti­to demo­c­ra­ti­co, che è pas­sato con ecces­si­va dis­in­voltura dalle man­i­fes­tazioni in piaz­za per la pace al «con­vin­to sosteg­no» per l’invio di armi, par­don «mate­ri­ale mil­itare», all’Ucraina. Nel suo dis­cor­so del pri­mo mar­zo alla Cam­era, un Enri­co Let­ta insoli­ta­mente ringal­luzzi­to ha sot­to­lin­eato la dif­feren­za tra i par­la­men­ti e l’autocrazia. « In una democrazia – ha det­to – sarem­mo in gra­do di bloc­care un pres­i­dente irrazionale, nell’autocrazia no». Evi­den­te­mente ha già dimen­ti­ca­to quel­lo che – negli ulti­mi due decen­ni, non un sec­o­lo fa – è avvenu­to in Afghanistan e in Iraq, per mano del­la più impor­tante democrazia del mon­do e dei suoi scod­in­zolan­ti e demo­c­ra­ti­cis­si­mi alleati. 

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La sec­on­da scommes­sa su cui si basa la deci­sione di armare la resisten­za ucraina, con­seguen­za diret­ta del­la pri­ma, è che questo sce­nario di guer­ra logo­rante pos­sa favorire un forte inde­boli­men­to di Putin sul fronte inter­no o, addirit­tura, un cam­bio del­la guardia al Crem­li­no, con la sos­ti­tuzione del­lo zar di Rus­sia con un altro leader meno ostile all’Occidente. In ques­ta fase è impos­si­bile sapere se si trat­ti di un’ipotesi plau­si­bile o di una pia illu­sione. Negli oltre 20 anni pas­sati al ver­tice del­lo Sta­to, l’ex tenente colon­nel­lo del Kgb ha costru­ito un sis­tema di potere appar­ente­mente inat­tac­ca­bile, a colpi di epu­razioni, avve­le­na­men­ti e incar­cer­azioni degli oppos­i­tori. È improb­a­bile, quin­di, che nel breve e medio peri­o­do il peso del­la guer­ra e delle sanzioni eco­nomiche siano suf­fi­ci­en­ti ad affon­dar­lo, agevolan­do la nasci­ta di una fron­da inter­na, ma non si può nem­meno esclud­ere a pri­ori.

Questo esi­to, aus­pi­ca­to in maniera più o meno evi­dente da qua­si tut­ti i gov­erni occi­den­tali – il più esplic­i­to è sta­to un por­tav­oce del pri­mo min­istro bri­tan­ni­co Boris John­son, che ha det­to sen­za mezzi ter­mi­ni che “le sanzioni sono state prog­et­tate per far cadere Putin” – com­porterebbe però altri rischi poten­ziali che sarebbe bene tenere in con­sid­er­azione. Sono quel­li che accom­pa­g­nano ogni cam­bio di regime in Pae­si gov­er­nati per decen­ni dal­la stes­sa oli­garchia, si veda l’esempio recente del­la Lib­ia di Gheddafi, che nel caso del­la Rus­sia sareb­bero acuiti espo­nen­zial­mente dalle sue dimen­sioni ter­ri­to­ri­ali, che la espon­gono a una mag­giore insta­bil­ità in caso di un vuo­to di potere, e dal­la pre­sen­za di un arse­nale nucleare che ha il poten­ziale di estinguere la specie umana.

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