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Quel­la di Mau­ro D’Alò, Davide Di Pier­ro e Lui­gi Picarel­la, i «tre geni del­la robot­i­ca» dell’Istituto tec­ni­co indus­tri­ale “Augus­to Righi” di Napoli “vinci­tori” del tor­neo inter­nazionale Zero Robot­ics, pro­mosso dal MIT di Boston e dal­la Nasa, ma impos­si­bil­i­tati a recar­si alla finalis­si­ma negli Sta­ti Uni­ti per man­can­za di fon­di, è una bel­la e com­movente sto­ria a lieto fine.

Pec­ca­to che dopo aver mobil­i­ta­to in una con­ta­giosa gara di sol­i­da­ri­età gior­nal­isti, politi­ci, isti­tuzioni, imp­rese, cit­ta­di­ni – e perfi­no i cara­binieri, che sec­on­do Repub­bli­ca ieri li avreb­bero prel­e­vati diret­ta­mente a scuo­la per far­li parte­ci­pare alla con­feren­za stam­pa con­vo­ca­ta a Roma dal­la pres­i­dente del Sen­a­to – si sia riv­e­la­ta l’ennesima fake news.

A dif­fonder­la sono sta­ti molti gior­nal­isti, che invece di fare il pro­prio mestiere l’hanno subito rilan­ci­a­ta con grande enfasi e sen­za uno strac­cio di ver­i­fi­ca – e non ci sarebbe volu­to molto per­ché Inter­net, oltre a essere un for­mi­da­bile prop­a­ga­tore di bufale, for­nisce anche gli stru­men­ti per smascher­ar­le – e i politi­ci che non han­no esi­ta­to a cav­al­car­la, per accred­i­tar­si, al mod­i­co prez­zo di un cinguet­tio su Twit­ter o di un post su Face­book, come sosten­i­tori del­la tan­to bis­trat­ta­ta ricer­ca made in Italy.

Ansiosa di dimostrare che «di fronte al mer­i­to lo Sta­to c’è e ci deve essere sem­pre» e di comu­ni­care che i ragazzi «viag­ger­an­no a Boston con un bigli­et­to offer­to da Ali­talia», la pres­i­dente del Sen­a­to, Maria Elis­a­bet­ta Alber­ti Casel­lati, nel­la con­feren­za stam­pa di Palaz­zo Gius­tini­ani, alla pre­sen­za del Pre­mio Nobel per la fisi­ca Car­lo Rub­bia, ha dimostra­to invece di non avere la più pal­l­i­da idea del con­cor­so di cui sta­va par­lan­do e del prog­et­to real­iz­za­to dai tre stu­den­ti, rel­e­gati per tut­to il tem­po alle sue spalle nel ruo­lo di belle e imbaraz­zate sta­tu­ine.

Nei pochi sec­on­di che sono sta­ti loro con­ces­si al micro­fono, Mau­ro D’Alò ha prova­to a spie­gare che «al momen­to ovvi­a­mente è tut­to sem­pre in fase, quin­di non è det­to anco­ra niente, quin­di con­tin­uer­e­mo a impeg­nar­ci nel prog­et­to nonos­tante tut­to questo», ma nes­suno dei cro­nisti pre­sen­ti si è sen­ti­to in dovere di appro­fondire che cosa fos­se «sem­pre in fase» e per­ché non fos­se «det­to anco­ra niente». Del resto per­ché rov­inare una bel­la e com­movente sto­ria a lieto fine con det­tagli trop­po com­pli­cati e noiosi per il grande pub­bli­co?

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Il risul­ta­to di ques­ta omis­sione col­let­ti­va, che non ha risparmi­a­to nes­suna delle prin­ci­pali tes­tate nazion­ali, sono state decine di dichiarazioni, arti­coli e servizi radiotele­vi­sivi in cui i tre gio­vani napo­le­tani sono sta­ti descrit­ti, in ordine spar­so, come «vinci­tori del con­cor­so», anzi «final­isti» o «sec­on­di clas­si­fi­cati», e pro­mossi nel­lo spazio di qualche riga da stu­den­ti bril­lan­ti a geni dell’astrofisica che «han­no sbaraglia­to la con­cor­ren­za di oltre 300 scuole nel mon­do», con super­fi­cial­ità, retor­i­ca e pres­s­apoc­his­mo come uni­ci comu­ni denom­i­na­tori.

Dopo che in rete era­no com­in­ci­ate a spuntare le prime ret­ti­fiche – non da parte dei politi­ci e dei gior­nal­isti che ave­vano cav­al­ca­to e rilan­ci­a­to la fake news, ma di altri stu­den­ti che parte­ci­pano a Zero Robot­ics – c’è volu­ta una nota del Politec­ni­co di Tori­no, che coor­di­na l’iniziativa in Europa, per spie­gare che «i vinci­tori del tor­neo 2018 non sono anco­ra sta­ti dec­re­tati», che «tutte le 84 squadre attual­mente in clas­si­fi­ca sono anco­ra in gara e non è pos­si­bile sapere ora chi parteciperà alla finale e ancor meno chi vin­cerà», e che «la finale per le squadre europee si svol­gerà ad Ali­cante (Spagna), non al MIT di Boston».

«La finale vera e pro­pria del­la com­pe­tizione inter­nazionale – pre­cisa infat­ti il comu­ni­ca­to – si svolge per tut­ti i parte­ci­pan­ti a bor­do del­la Stazione spaziale inter­nazionale, in orbi­ta ter­restre. Le finali ven­gono però trasmesse in diret­ta e tut­ti i con­cor­ren­ti pos­sono assis­tere da ter­ra alle prove del­la gara in tre loca­tion def­i­nite: per le squadre europee e russe la finale di quest’anno è pre­vista ad Ali­cante (Spagna), per gli amer­i­cani al MIT di Boston e a Sid­ney per l’Australia. Anche per l’anno prece­dente le finali per le squadre europee e russe si sono svolte in Europa, e in par­ti­co­lare a Tori­no. C’è la pos­si­bil­ità di assis­tere alle finali anche dal­la sede del MIT, dove si svolge la finale a ter­ra per le squadre amer­i­cane, cosa che in pas­sato alcune scuole anche ital­iane han­no fat­to su base pura­mente volon­taris­ti­ca e reperen­do autono­ma­mente i fon­di, in modo indipen­dente rispet­to al con­cor­so Zero Robot­ics».

In atte­sa di sapere chi vin­cerà davvero l’edizione 2018 del tor­neo, res­ta dunque solo da capire che fine faran­no tut­ti i fon­di e i bigli­et­ti aerei per Boston mes­si a dis­po­sizione nel­l’ar­co di poche ore da aziende, par­ti­ti e isti­tuzioni. La fine che sta facen­do la ricer­ca ital­iana, invece, è già nota: negli ulti­mi 10 anni, infat­ti, i fon­di pub­bli­ci che la finanziano si sono ridot­ti di 1,2 mil­iar­di, pari al 20%. Quel­la che sta facen­do il gior­nal­is­mo, gra­zie anche a ques­ta vicen­da, è sot­to gli occhi di tut­ti.

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