Commentando la vicenda del messaggio contro «zingari» e «molestatori» che hanno «rotto i coglioni» diffuso via altoparlante sul treno Milano-Mantova, in questi giorni molti si ostinano a trattarla come una specie di derby tra la capotreno e chi ha segnalato il suo annuncio, sorvolando invece sul comportamento tenuto dalla Lega e da Matteo Salvini, che fin dall’inizio l’hanno rilanciata e cavalcata senza scrupoli di alcun genere, per il proprio tornaconto elettorale.
Il ministro dell’Interno è l’unico che andrebbe licenziato in tronco, avendo dimostrato anche in questo caso di essere indegno del ruolo che ricopre. Invece di dire cosa intende fare, da ministro e vicepremier, per migliorare le condizioni di sicurezza in cui viaggiano ferrovieri e pendolari – è difficile crederci, ma il suo lavoro sarebbe quello – ha sfruttato anche questo episodio per gettare benzina sul fuoco delle tensioni sociali che lo fanno crescere nei sondaggi, alimentando il linciaggio virtuale a cui è stato sottoposto Raffaele Ariano e mettendo le basi per il prossimo episodio simile, che non tarderà ad accadere (stay tuned).
Per questo mi colpiscono ancora di più, anche se ormai non mi sorprende più nulla, alcuni dei commenti alla lettera aperta che la madre del ricercatore universitario ha inviato al presidente della Repubblica, che non entrano nel merito di quello che ha scritto, ma tirano in ballo il suo impegno in politica e lasciano intendere che sia alla ricerca di visibilità, come se lei e il figlio non ne avessero già ricevuta abbastanza, loro malgrado.
È il vecchio artificio retorico di denigrare la persona e insinuare dubbi sulle sue motivazioni, quando non si hanno altri argomenti per controbattere, e mi dispiace che lo stiano praticando, spero senza rendersene conto, anche alcuni amici cremonesi, da cui mi sarei aspettato almeno un briciolo di solidarietà umana, se non politica, per un concittadino sottoposto a una vera e propria gogna virtuale, soltanto per aver denunciato un comportamento che lo stesso Salvini, bontà sua, ha definito un po’ sopra le righe.
Sintetizzando, la morale mafiosa della storia è questa: se vedi o senti qualcosa che non ti torna è meglio fare finta di nulla, tanto più se corri il rischio di passare per il “difensore degli zingari”. Se invece ti azzardi comunque a fare qualcosa, perché sei convinto di essere dalla parte del giusto, sappi che lo fai a tuo rischio e pericolo. Se poi ci scrivi anche un post su Facebook, non ti sarà perdonato nulla perché hai reso pubblica la storia, ti sei esposto, e queste cose non si fanno perché tutti sanno che su Facebook, se non pubblichi foto di gattini, video demenziali o frasi sul senso profondo della vita, te la sei andata a cercare.
Tutto sarà passato al setaccio. Dal tuo aspetto fisico, che si vede che c’hai l’aria da radical chic buonista “lontano anni luce dalla realtà” che viaggia su un treno sfigato da pendolari perché evidentemente è una roba da radical chic, al lavoro che fai, anche se è un impiego qualificato che richiede tanto studio (eh, ma chissà come l’avrà avuto…) e una laurea che non si può comprare in Albania o in Svizzera. Dalla militanza politica di tua madre che sicuramente è una “piddina” come te – ah non è vero? Vabbè fa lo stesso, sempre “zecca” è – alla simpatia di tuo padre, che mi ha detto un mio amico che ha tolto il saluto alla madre di un suo amico perché era del Movimento 5 Stelle (che roba, Contessa!).
Se poi, invece di incassare virilmente in silenzio tutti gli insulti (tanti nemici, tanto onore!), provi anche a difenderti spiegando le tue ragioni e denunciando la marea di odio che ti è stata rovesciata addosso, è la prova provata che sei un piagnone mammone che sta solo speculando politicamente sulla vicenda. Tempo qualche giorno e la rete, che come la Lega non perdona, scoprirà che la capotreno senza nome che ha fatto quell’annuncio eri tu, con la voce in falsetto.
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