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Il lin­ci­ag­gio vir­tuale a cui è sta­to sot­to­pos­to negli ulti­mi giorni Raf­faele Ari­ano, il ricer­ca­tore uni­ver­si­tario cre­monese “colpev­ole” di aver seg­nala­to il mes­sag­gio con­tro «gli zin­gari» e «i molesta­tori» che han­no «rot­to i coglioni» trasmes­so il 7 agos­to dagli altopar­lan­ti del treno Milano-Man­to­va, è solo l’ultimo esem­pio di quan­to sia avve­le­na­to il dibat­ti­to pub­bli­co nel nos­tro Paese.

Le reazioni vee­men­ti con cui è sta­ta accol­ta la notizia sui social net­work, infat­ti, sem­bra­no con­fer­mare il pro­gres­si­vo sdo­gana­men­to di atteggia­men­ti razz­isti e dis­crim­i­na­tori, favorito anche dal­la cop­er­tu­ra gov­er­na­ti­va offer­ta dal­la Lega, che sul­l’avver­sione al nemi­co di turno – dai “ter­roni” ai “clan­des­ti­ni”, pas­san­do per “Roma ladrona”, “zin­gari” e musul­mani – ha costru­ito fin dal­l’inizio le sue for­tune elet­torali.

Raf­faele Ari­ano è sta­to accusato di difend­ere «ques­ta gente», con tan­to di facili e tristi ironie sul suo cog­nome, per il sem­plice fat­to di aver ricorda­to che, se in pri­va­to chi­unque ha dirit­to alle pro­prie opin­ioni, perfi­no alle peg­giori, quan­do si rico­pre un ruo­lo pub­bli­co si è tenu­ti a rispettare uno stan­dard di com­por­ta­men­to molto più ele­va­to, che non prevede – o almeno non dovrebbe in uno Sta­to civile – la pos­si­bil­ità di urlare in un micro­fono la pro­pria esasper­azione e i pro­pri pregiudizi razz­isti.

Lo Sta­to in ques­tione però è l’Italia, che al momen­to vede sedu­to sul­la potente poltrona di min­istro dell’Interno (e su quel­la di vicepremier) un per­son­ag­gio che, trovan­dosi nei pan­ni del­la capotreno di Trenord, avrebbe vom­i­ta­to nel­lo stes­so micro­fono frasi ben peg­giori. Come quelle con­tro i napo­le­tani can­tate gioiosa­mente sul “sacro suo­lo” di Pon­ti­da nel 2009, quan­do Mat­teo Salvi­ni non ave­va anco­ra pre­so in con­sid­er­azione la svol­ta nazion­al­ista del­la Lega (da “pri­ma il Nord” a “pri­ma gli ital­iani”).

Appe­na appre­sa la notizia, infat­ti, il min­istro si è subito pre­cip­i­ta­to su Twit­ter per cinguettare la sua autorev­ole opin­ione sull’argomento, con­tribuen­do ad ali­menta­re il lin­ci­ag­gio di Ari­ano: «Invece di pre­oc­cu­par­si per le aggres­sioni a passeg­geri, con­trol­lori e capitreno, qual­cuno si pre­oc­cu­pa dei mes­sag­gi con­tro i molesta­tori… #Viag­gia­resi­curi è una pri­or­ità!».

A Salvi­ni bisogna però ricor­dare che il min­istro dell’Interno – al quale spet­ta anche il com­pi­to di garan­tire la sicurez­za sui treni – è lui, non Raf­faele Ari­ano, che da pri­va­to cit­tadi­no trovatosi di fronte a un episo­dio cen­sura­bile ha scel­to di fare la cosa gius­ta, invece di voltar­si dal­l’al­tra parte. Dal min­istro sarebbe quin­di inter­es­sante sapere che cosa stia facen­do conc­re­ta­mente per miglio­rare le pre­carie con­dizioni in cui viag­giano ogni giorno i pen­dolari, oltre a lan­cia­re nuovi #hash­tag di ten­den­za su Twit­ter.

Alla capotreno, una vol­ta con­cesse le atten­u­an­ti gener­iche per le ogget­tive dif­fi­coltà in cui spes­so è costret­to a oper­are il per­son­ale fer­roviario, occorre invece far pre­sente che se «i molesta­tori» e «gli zin­gari» rap­p­re­sen­tano un’effettiva minac­cia per i viag­gia­tori, non serve a nul­la insul­tar­li via altopar­lante ma bisogna assi­cu­rar­si che scen­dano davvero dal treno, chieden­do anche l’intervento degli agen­ti del­la Polfer se nec­es­sario. In caso con­trario, meglio las­cia­re il micro­fono spen­to e dare sfo­go ai pro­pri pregiudizi quan­do si è fuori servizio.

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  • La rete non perdona | Ramella.org

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