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Pri­ma di pren­der­sela con la casalin­ga del Wis­con­sin o maledire il suf­fra­gio uni­ver­sale, che con­sente di votare anche ai razz­isti big­ot­ti del pro­fon­do sud, il Par­ti­to demo­c­ra­ti­co amer­i­cano dovrebbe far­si un bell’esame di coscien­za e ammet­tere l’errore commes­so nei mesi scor­si, durante le pri­marie per la scelta del pro­prio can­dida­to alla pres­i­den­za.

Ave­va a dis­po­sizione Bernie Sanders, det­to anche “il rosso” o “il social­ista” per le sue posizioni decisa­mente a sin­is­tra, almeno per gli stan­dard statu­niten­si, ma ha scel­to di ten­er­lo in panchi­na, optan­do per l’usato sicuro, o pre­sun­to tale, rap­p­re­sen­ta­to da Hillary Clin­ton, forte del sosteg­no dell’establishment del par­ti­to, di Oba­ma, del mar­i­to Bill e — last but not least — dei mil­ioni di dol­lari delle cor­po­ra­tion (la sua cam­pagna ne ha rac­colti cir­ca 690, più del doppio di quel­li raci­mo­lati da Trump), ma non altret­tan­to popo­lare tra gli elet­tori.

Lo dimostra­no gli stes­si sondag­gi che fino alla chiusura dei seg­gi la davano favorita, ma non trop­po. A parte una breve par­ente­si tra mar­zo e mag­gio, infat­ti, lo scar­to tra la can­di­da­ta demo­c­ra­t­i­ca e l’outsider repub­bli­cano, osteggia­to dai ver­ti­ci del suo stes­so par­ti­to e per questo ama­to da una larga parte dell’elettorato con­ser­va­tore, è sem­pre sta­to molto ridot­to.

L'andamento della media dei sondaggi Clinton vs Trump nel periodo compreso tra gennaio e novembre 2016

La vit­to­ria di Don­ald Trump, insom­ma, era meno impreved­i­bile e improb­a­bile di come ci è sta­ta pre­sen­ta­ta in questi mesi. Sem­mai era impens­abile agli occhi di noi europei e di quel­la parte di elet­tora­to amer­i­cano che ha poco o nul­la in comune con la casalin­ga del Wis­con­sin o l’allevatore di bufali dell’Ohio.

Sanders, al con­trario, in tut­ti i sondag­gi con­dot­ti a par­tire da gen­naio fino al suo ritiro dal­la cor­sa, è sem­pre sta­to dato vin­cente su Trump con un ampio mar­gine di van­tag­gio. Ovvi­a­mente è impos­si­bile sapere se avrebbe vin­to davvero, ma l’impressione era che se la potesse gio­care molto meglio del­la Clin­ton, che si è pre­sen­ta­ta al voto con diver­si scheletri nell’armadio e ha paga­to il fat­to di essere iden­ti­fi­ca­ta come “una del­la cas­ta”.

L'andamento della media dei sondaggi Sanders vs Trump nel periodo compreso tra gennaio e giugno 2016

Igno­ran­do i seg­nali anti-sis­tema prove­ni­en­ti dal­la nos­tra parte dell’Atlantico, la stra­grande mag­gio­ran­za dei superdel­e­gati demo­c­ra­ti­ci ha scel­to però di schier­ar­si dal­la sua parte fin dall’inizio, sen­za se e sen­za ma, finen­do così per con­seg­nare le chi­avi del­la Casa Bian­ca al can­dida­to più improb­a­bile del­la sto­ria. Un can­dida­to che è rius­ci­to a vin­cere, è bene ricor­dar­lo, pur aven­do ottenu­to qua­si due mil­ioni di voti in meno di Mitt Rom­ney, che nel 2012 era sta­to scon­fit­to da Oba­ma.

Rispet­to a quat­tro anni fa, infat­ti, si sono volatiliz­za­ti cir­ca sei mil­ioni di voti demo­c­ra­ti­ci. Più che un tri­on­fo di Trump, è sta­ta dunque una scon­fit­ta di Hillary Clin­ton, che non sem­bra essere rius­ci­ta a mobil­itare quel­la parte sem­pre più con­sis­tente di elet­tora­to che va a votare solo se ci crede davvero. A perdere, però, è soprat­tut­to la democrazia, vis­to che l’astensionismo ha toc­ca­to il 43%: su cir­ca 230 mil­ioni di poten­ziali elet­tori, qua­si 100 mil­ioni han­no dis­er­ta­to i seg­gi.

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