A poche ore dall’omicidio della giovane star di X Factor Usa, Christina Grimmie, uccisa a colpi di pistola da un ragazzo poco più grande di lei al termine di un concerto in un locale di Orlando, la città della Florida è stata teatro di quella che è stata definita «la peggiore sparatoria della storia americana». Almeno fino alla prossima. Un 29enne figlio di genitori afgani ha fatto irruzione in un night club gay uccidendo almeno 50 persone prima di essere ucciso a sua volta dai reparti speciali della polizia. Pare che fosse molto arrabbiato dopo aver visto due omosessuali che si baciavano a Miami un paio di mesi fa.
Al di là delle espressioni di cordoglio e incredulità come quella del presidente Obama, che ormai in questi casi deve soltanto fare copia e incolla, l’unica valutazione sensata è che questa strage, come quelle che l’hanno preceduta, non sarebbe stata possibile nelle stesse dimensioni se l’assassino non avesse avuto a disposizione una pistola e un fucile mitragliatore d’assalto. Nell’America ostaggio della potentissima lobby delle armi, per cui il diritto a possedere una pistola prevale sul diritto a non essere accoppati dalla stessa pistola, questo argomento però resta un tabù.
Considerate le origini dell’omicida, si spenderanno milioni di parole sull’influenza della religione — l’Fbi infatti sta già indagando su possibili legami con il terrorismo islamico — così come in passato sono finiti nel mirino film e rockstar, accusati di aver ispirato gli autori di analoghe stragi, mentre il dibattito sull’unica cosa seria, e cioè la messa al bando definitiva delle armi, resterà ai margini come sempre. In attesa della prossima carneficina.
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