«Non mi sono dimesso da padre o marito, gli affetti vengono prima di tutto, anche prima di una poltrona». Prima di versare una lacrima per le dimissioni di Maurizio Lupi – evento in effetti piuttosto raro a queste latitudini – è opportuno considerare che l’ormai ex ministro, come capita regolarmente in questi casi, cadrà comunque in piedi, anche perché di poltrone ne occupa più di una.
Ad attutire la sua caduta, infatti, non c’è solo il robusto paracadute rappresentato dal seggio parlamentare, occupato ormai in pianta stabile dal maggio 2001, ma anche il possibile ritorno all’incarico di amministratore delegato di Fiera Milano Congressi Spa, da cui si era autosospeso – non dimesso – il 3 maggio 2013, poco dopo la nomina a ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nel governo di Enrico Letta, confermata nel 2014 anche da Matteo Renzi.
Non è un dettaglio secondario perché, come si ricava dal Cud 2013 pubblicato sul sito del Ministero, si tratta di un lavoro retribuito con uno stipendio pari, euro più euro meno, a quello da deputato. E ora che non è più ministro, è assai probabile che Lupi voglia riprenderselo. Perché gli affetti vengono prima di tutto, ma anche gli affari non vanno trascurati.