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Nel­la pri­ma inter­vista con­ces­sa a Repub­bli­ca dopo il rien­tro dal lun­go viag­gio negli Sta­ti Uni­ti, Mat­teo Ren­zi insiste nel rac­con­tare la favola dell’uomo solo al coman­do, pren­den­dosela con «i poteri for­ti» che «vogliono sos­ti­tuir­mi», ovvero «quel­li che in questi vent’anni han­no assis­ti­to silen­ziosi o com­pli­ci alla perdi­ta di com­pet­i­tiv­ità dell’Italia». Il pres­i­dente del Con­siglio, che di soli­to si fa un van­to di essere uno che par­la chiaro, non li cita però esplici­ta­mente, lim­i­tan­dosi a dire che «negli ulti­mi giorni si sono schierati con­tro il gov­er­no diret­tori di gior­nali, impren­di­tori, banchieri, prelati».

Nonos­tante l’uso del plu­rale, in realtà il diret­tore in ques­tione è uno solo, quel­lo del Cor­riere del­la Sera, Fer­ruc­cio De Bor­toli, tal­mente forte da scri­vere le sue dure critiche a Ren­zi con un piede fuori dal­la por­ta, vis­to che è già uffi­ciale il divorzio dal gior­nale nel­la pri­mav­era del prossi­mo anno. La sua col­pa prin­ci­pale, agli occhi dei ver­ti­ci del­la Fiat, prin­ci­pale azion­ista del quo­tid­i­ano milanese, sem­bra essere pro­prio il suo atteggia­men­to poco com­pia­cente nei con­fron­ti delle ges­ta del pre­mier e del­la sua squadra di gov­er­no, in cui per De Bor­toli «la com­pe­ten­za appare un cri­te­rio sec­on­dario. L’esperienza un intral­cio, non una neces­sità».

L’uso del plu­rale appare ecces­si­vo anche nel caso di impren­di­tori, banchieri e prelati. L’unico impren­di­tore che ha osato criti­care pub­bli­ca­mente Ren­zi in questi giorni, infat­ti, è un altro azion­ista del Cor­riere, Diego Del­la Valle, che inter­ve­nen­do a “Otto e Mez­zo” gli ha dato del «sòla». Non la pen­sa così, però, un altro impren­di­tore — e non uno qual­si­asi vis­to che si trat­ta del pres­i­dente di Con­find­us­tria — Gior­gio Squinzi, sec­on­do il quale l’ex sin­da­co di Firen­ze «va sostenu­to» nel­la sua battaglia per l’abolizione dell’articolo 18 del­lo Statu­to dei lavo­ra­tori.

Quan­to ai prelati, a propos­i­to delle parole del seg­re­tario gen­erale del­la Con­feren­za epis­co­pale ital­iana, Nun­zio Galan­ti­no, che lo ha accusato sostanzial­mente di essere un chi­ac­chierone, è lo stes­so Ren­zi a con­fi­dare al cro­nista di Repub­bli­ca di aver rice­vu­to «tele­fonate di ami­ci vescovi che mi dicono che c’è sta­to un equiv­o­co, che le parole sono per­son­ali del seg­re­tario gen­erale del­la Cei, che nes­suno in assem­blea ha par­la­to di slo­gan». Se il pres­i­dente del Con­siglio dice la ver­ità, dunque, Galan­ti­no è un potere forte che non è davvero così forte.

Ma chi sono gli altri poteri for­ti che cospi­ra­no nell’ombra per met­tere il bas­tone tra le ruote all’azione rifor­ma­trice del gov­er­no? L’ex seg­re­tario del Par­ti­to Demo­c­ra­ti­co, Pier Lui­gi Bersani, che lo crit­i­ca nei suoi inter­ven­ti di fronte alle folle oceaniche delle Feste dell’Unità? Oppure, per restare al Pd, Pip­po Civati, potere forte per antono­ma­sia in virtù del 14 per cen­to ottenu­to alle pri­marie del 2013 che han­no incoro­na­to Ren­zi seg­re­tario?

Di cer­to non lo è l’amministratore del­e­ga­to di Fiat Chrysler Auto­mo­biles, Ser­gio Mar­chionne, con cui a Detroit, durante la trasfer­ta negli Usa, il pre­mier ha fat­to uffi­cial­mente com­ing out, e non lo sono nep­pure i Clin­ton o Barack Oba­ma, che lo han­no incor­ag­gia­to a pros­eguire nel cam­mi­no delle riforme, mag­a­ri per preparare il ter­reno allo sbar­co delle multi­nazion­ali a stelle e strisce in vista del­la fir­ma del famiger­a­to accor­do di libero scam­bio tra Unione euro­pea e Sta­ti Uni­ti. Di cer­to non lo sono nep­pure diverse stelle del­lo show busi­ness, vis­to che Ren­zi può con­tare non soltan­to sull’appoggio nos­tra­no di Jovan­ot­ti, Francesco Facchinet­ti (Facchinet­ti chi?) e Pif, ma anche sull’endorsement di Bono, la Madre Tere­sa delle rock star, che gli ha scrit­to addirit­tura una let­tera di suo pug­no per con­grat­u­lar­si «per aver rin­salda­to la grande cre­ativ­ità degli ital­iani e una visione del futuro che include tut­ti».

Non lo è neanche il pres­i­dente del grup­po l’Espresso, Car­lo De Benedet­ti, per il quale Ren­zi «ha esplo­sione di ener­gia, empa­tia, e capac­ità polit­i­ca e rap­p­re­sen­ta per­tan­to un plus per il nos­tro Paese». E di cer­to, ma è qua­si super­fluo ricor­dar­lo, non lo è il suo com­pare del Pat­to del Nazareno, l’eva­sore fis­cale Sil­vio Berlus­coni, che in questi mesi non si è lim­i­ta­to soltan­to a tessere le lodi del pres­i­dente del Con­siglio per­sonal­mente, get­tan­do nel­la con­fu­sione più totale la base del suo par­ti­to, ma ha del­e­ga­to lo stes­so com­pi­to anche alle sue tele­vi­sioni, ai suoi gior­nali e agli altri com­po­nen­ti del­la sua famiglia, dai figli Mari­na, Bar­bara e Pier Sil­vio alla fidan­za­ta Francesca Pas­cale. All’appello, ormai, man­ca soltan­to il cagno­li­no Dudù.

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