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Adeguan­dosi allo slo­gan che ha accom­pa­g­na­to la cam­pagna elet­torale del­la coal­izione usci­ta vin­cente dalle elezioni del 13 e 14 aprile, l’I­talia si sta final­mente rialzan­do. A dare l’e­sem­pio è l’Al­i­talia. La com­pag­nia di bandiera, infat­ti, dopo anni di cadu­ta lib­era si appres­ta a spic­care il volo insieme ai prof­itti del grup­po di volen­terosi che si sono gen­erosa­mente presta­ti alla mis­sione di sal­vatag­gio, for­tis­si­ma­mente volu­ta da Sil­vio Berlus­coni.

Il suc­ces­so del­l’inizia­ti­va è lega­to a doppio filo all’e­lim­i­nazione del­la zavor­ra, ovvero il licen­zi­a­men­to di almeno cinquemi­la dipen­den­ti. Anzi, risorse umane. È il doppio dei tagli pre­visti dal piano di Air France, caldeg­gia­to dal gov­er­no Pro­di, ma l’onore nazionale è sal­vo e il Paese può tirare un sospiro di sol­lie­vo.

La rinasci­ta del­l’Al­i­talia è solo la pun­ta del­l’ice­berg di un’I­talia che sta ritrovan­do l’an­ti­ca fierez­za e non perde occa­sione per man­i­festare grat­i­tu­dine al suo Caro Leader, come tes­ti­mo­ni­ano i suoi fre­quen­ti bag­ni di fol­la tra il popo­lo di Portofi­no e del­la Cos­ta Smer­al­da. Il buon­is­mo sin­istror­so, che ha infi­ac­chi­to lo spir­i­to del­la nazione e incor­ag­gia­to la crim­i­nal­ità in tutte le sue forme, è arriva­to al capo­lin­ea. Adesso sulle nos­tre strade vig­i­la l’e­serci­to e l’esec­u­ti­vo ha fat­to capire, sen­za pos­si­bil­ità di equiv­o­co, che la paro­la d’or­dine d’o­ra in avan­ti sarà toller­an­za zero.

I ben­efi­ci sono sta­ti imme­diati. Alle fron­tiere del­la peniso­la si reg­is­tra­no già assem­bra­men­ti di clan­des­ti­ni, bam­bi­ni rom con i pol­pas­trel­li sporchi d’in­chiostro e crim­i­nali di ogni ris­ma, all’af­fan­nosa ricer­ca di una via di fuga pri­ma di restare intrap­po­lati nel­la rete del­l’in­f­lessibile gius­tizia ital­iana. A loro si sono uni­ti anche petrolieri e banchieri, fini­ti nel miri­no del­la Robin Hood Tax di Giulio Tremon­ti, rein­car­nazione lom­bar­da del­l’eroe che ruba­va ai ric­chi per dare ai poveri.

Si vocif­era persi­no che Mas­si­mo Morat­ti, pri­ma di cadere sot­to la scure fis­cale del nuo­vo cor­so tremon­tiano, abbia avvi­a­to in fret­ta e furia una trat­ta­ti­va ris­er­va­ta per cedere la quo­ta di mag­gio­ran­za del­l’In­ter al Cir­co­lo Anziani di Cusano Milani­no, che da un giorno all’al­tro ha vis­to impen­nar­si la pro­pria disponi­bil­ità di cas­sa pro­prio gra­zie alla riv­o­luzionar­ia impos­ta volu­ta dal min­istro del­l’E­cono­mia, al quale sarà pronta­mente recap­i­ta­ta la tessera per accedere gratis alla tri­buna vip di San Siro.

Tra i fug­gi­tivi non fig­u­ra­no invece Giampiero Fio­rani, che è anco­ra sot­to con­trat­to con Umber­to Smaila per alcune ser­ate agostane al Bil­lion­aire di Bri­a­tore, Cal­is­to Tanzi, che non riesce a uscire dal­la pisci­na del­la vil­la in cui è seg­re­ga­to agli arresti domi­cil­iari per il crack Par­malat, e Cesare Previ­ti, che dopo l’ap­provazione del lodo Alfano spera anco­ra in un ripescag­gio in Par­la­men­to, mag­a­ri con un altro provved­i­men­to ad per­son­am approva­to per pro­teggere tut­ti gli ital­iani dalle toghe rosse, sem­pre alla ricer­ca delle luci del­la rib­al­ta a spese di onesti cor­rut­tori come l’ex avvo­ca­to di Berlus­coni.

In questi giorni Previ­ti — già min­istro del­la Dife­sa, sen­a­tore e dep­u­ta­to di Forza Italia — ha rice­vu­to la visi­ta di sol­i­da­ri­età di Rena­to Fari­na e Deb­o­rah Bergami­ni, diret­ti ben­e­fi­cia­ri del mira­co­lo ital­iano promes­so dal pre­mier. Agosti­no Sac­cà, fres­co di rein­te­gro in Rai dopo essere rimas­to vit­ti­ma a sua vol­ta degli stes­si giu­di­ci pre­venu­ti che abu­sano delle inter­cettazioni, si è lim­i­ta­to invece a una tele­fona­ta. Lui è abit­u­a­to così.

Nel frat­tem­po, in vista delle Olimpia­di di Pechi­no, altro appun­ta­men­to cru­ciale per risoll­e­vare l’onore nazionale, il Con­siglio dei min­istri ha volu­to dare il buon esem­pio agli atleti azzur­ri varan­do la manovra eco­nom­i­ca tri­en­nale da 35 mil­iar­di di euro in nove minu­ti e mez­zo. Un record mon­di­ale già minac­cia­to da Umber­to Bossi, che per risoll­e­vare l’onore padano pun­ta al varo del­la rifor­ma fed­er­al­ista in meno di tre minu­ti.

Per cen­trare l’o­bi­et­ti­vo, con il prover­biale prag­ma­tismo nordi­co il testo orig­i­nale del provved­i­men­to è sta­to ridot­to a un uni­co arti­co­lo com­pos­to da quat­tro parole: paroni a casa nos­tra. E repli­can­do a chi le con­sid­era trop­po poche, gli espo­nen­ti leghisti si sono dife­si spie­gan­do che in ital­iano non ne conoscono molte di più. Tan­to più che la ver­sione in berga­m­as­co sarebbe sta­ta a ris­chio boc­ciatu­ra per incos­ti­tuzion­al­ità.

Intan­to Berlus­coni, che non vuole essere da meno, si allena tutte le mat­tine nel cor­tile di Palaz­zo Chi­gi con l’o­bi­et­ti­vo di far­si eleg­gere al Quiri­nale in nove sec­on­di net­ti. Pare che a far­gli da lep­re siano alcu­ni fan­nul­loni del­la pub­bli­ca ammin­is­trazione, apposi­ta­mente indi­vid­uati tra quel­li fisi­ca­mente più prestanti dal min­istro Brunet­ta.

È sul fronte del lavoro, però, che la destra di gov­er­no ha dato il meglio di sé. Se il cen­trosin­is­tra di Pro­di, con il pres­i­dente Napoli­tano a rin­for­zo, rompe­va i san­tis­si­mi un giorno sì e l’al­tro pure con la soli­ta man­f­rina sul­la pia­ga delle mor­ti sul lavoro, il min­istro per lo Svilup­po eco­nom­i­co, Clau­dio Sca­jo­la, all’in­au­gu­razione del­la nuo­va cen­trale a car­bone di Civ­i­tavec­chia ha chiar­i­to una vol­ta per tutte che qualche vita umana, specie se di operaio, è sac­ri­fi­ca­bile sul­la stra­da del­la moder­nità.

Non è il caso di fare gli schizzi­nosi. Mus­soli­ni ave­va bisog­no di qualche migli­aio di mor­ti per seder­si al tavo­lo del­la pace, a Sca­jo­la ne bas­tano una man­ci­a­ta per assaltare i buf­fet delle inau­gu­razioni delle gran­di opere infra­strut­turali, che dan­no lus­tro e pres­ti­gio all’I­talia nel mon­do. Anche questo, in fon­do, è pro­gres­so. E chi non è d’ac­cor­do è un rompicoglioni come Mar­co Bia­gi.

Iden­ti­co prag­ma­tismo è sta­to appli­ca­to alla soluzione del prob­le­ma del lavoro flessibile e sen­za tutele. Non poten­do dichiarare guer­ra al pre­cari­a­to, pena le ire del­la Con­find­us­tria di Emma Marce­gaglia, che è una che non te le man­da a dire, la mag­gio­ran­za ha deciso di dichiarar­la ai pre­cari, con una nor­ma geniale che impedisce di ottenere il pos­to fis­so a quel­li con una causa in cor­so con il pro­prio datore di lavoro.

Con­tes­tual­mente il pre­mier ha fir­ma­to un decre­to che garan­tisce, con un bud­get di 55 mil­ioni di euro annui, la sta­bi­liz­zazione di 3.200 pre­cari del Comune di Paler­mo e dei 182 dipen­den­ti di “Paler­mo lavo­ra”. «Per un con­sorzio che si chia­ma così — sot­to­lin­eano fonti ris­er­vate di Palaz­zo Chi­gi per spie­gare l’ap­par­ente con­trad­dizione — non pote­va­mo fare altri­men­ti».

Per tut­ti gli altri pre­cari, la buona notizia arri­va invece dal­lo spazio. La Nasa, infat­ti, ha uffi­cial­mente con­fer­ma­to che su Marte c’è l’ac­qua, req­ui­si­to indis­pens­abile per la sua col­o­niz­zazione da parte del­l’uo­mo. Molto prag­mati­ca­mente il gov­er­no avrebbe l’in­ten­zione di parte­ci­pare diret­ta­mente alla con­quista del piane­ta rosso, fun­zionale al rilan­cio del­l’im­mag­ine del­l’I­talia nel­la galas­sia, con un nutri­to con­tin­gente for­ma­to dagli esuberi di Ali­talia, dagli statali fan­nul­loni smascherati da Brunet­ta e dai pre­cari non res­i­den­ti a Paler­mo.

Sarebbe la soluzione finale del pre­cari­a­to e del­la cron­i­ca inef­fi­cien­za del­la pub­bli­ca ammin­is­trazione, ma i soli­ti pes­simisti guastafeste che in tut­ti questi anni han­no tarpa­to le ali al Paese protes­tano per­ché le con­dizioni di vita su Marte non sareb­bero suf­fi­cien­te­mente grade­voli. Lap­i­daria, per una vol­ta, la repli­ca di Berlus­coni: «Non è vero, non si paga l’I­ci neanche lì».

Vignetta di Mauro Biani

Arti­co­lo pub­bli­ca­to anche su Medi­um

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