in Politica, Giustizia e ingiustizie

Dai rifiu­ti di Napoli al giro di vite con­tro immi­grati, pros­ti­tute e inter­cettazioni, un filo nero lega i pri­mi pas­si del gov­er­no Berlus­coni, dan­do for­ma a quel­la che può essere defini­ta la strate­gia del­la sco­pa e del tap­peto. È un approc­cio che esalta l’ap­paren­za a dan­no del­la sostan­za, il trav­isa­men­to a dan­no del­la trasparen­za, ed è dunque per­fet­ta­mente coer­ente con il dna del­l’at­tuale mag­gio­ran­za, plas­ma­ta dal­la natu­ra fon­da­men­tal­mente pop­ulista e imboni­trice del suo leader.

In un frangente in cui l’op­po­sizione lati­ta, annichili­ta dai sondag­gi che attribuis­cono all’esec­u­ti­vo i favori di una larga mag­gio­ran­za di ital­iani e anco­ra stordi­ta dal­la maz­za­ta rice­vu­ta nelle urne, l’oc­cul­ta­men­to dei prob­le­mi si è così trasfor­ma­to in prat­i­ca atti­va di gov­er­no. È come se Berlus­coni e i suoi, con­sapevoli del­la pro­pria inca­pac­ità di risol­vere i guai del Paese, si fos­sero con­vin­ti che la loro luna di miele con gli elet­tori pos­sa durare a lun­go soltan­to attra­ver­so il varo di una grande oper­azione di mar­ket­ing, l’u­ni­co cam­po in cui san­no eccellere davvero.

Se gli ital­iani pen­sano che il Paese se la pas­si male, occorre dunque con­vin­cer­li del con­trario a colpi di frasi a effet­to e sfog­gio di mus­coli, indi­vid­uan­do qualche provvi­den­ziale capro espi­a­to­rio (clan­des­ti­ni, zin­gari, fan­nul­loni, ladri di pol­li) su cui con­vogliare di vol­ta in vol­ta le frus­trazioni quo­tid­i­ane di un popo­lo pre­so per i fondel­li. L’al­ter­na­ti­va, ovvero provare ad affrontare sul serio le gran­di sfide con­tem­po­ra­nee – dal­la ges­tione del­la spaz­zatu­ra all’im­mi­grazione, dai trasporti alla rifor­ma del­lo Sta­to sociale – richiederebbe infat­ti un impeg­no serio e lungimi­rante il cui esi­to non sarebbe affat­to scon­ta­to, con il ris­chio di rovesci neg­a­tivi anche in chi­ave elet­torale.

Le inizia­tive messe in cam­po per fron­teggia­re l’in­fini­ta emer­gen­za rifiu­ti di Napoli e din­torni, frut­to avve­le­na­to di decen­ni di mal­go­v­er­no bipar­ti­san, tradis­cono la sma­nia di fare piaz­za puli­ta con ogni mez­zo nec­es­sario, a cos­to di provo­care più dan­ni di quel­li che si inten­dono risol­vere. Come ha sot­to­lin­eato Gui­do Viale su Repub­bli­ca, infat­ti, «l’ul­ti­mo decre­to del gov­er­no, abolisce di fat­to in Cam­pa­nia l’in­tera nor­ma­ti­va su ges­tione del ter­ri­to­rio, dife­sa del­l’am­bi­ente, tutela delle acque, sal­va­guardia del­la salute, sicurez­za sul lavoro e persi­no fon­da­men­tali garanzie del­la pro­ce­du­ra penale; dec­re­ta la real­iz­zazione di 11 dis­cariche e quat­tro incener­i­tori ammes­si al trat­ta­men­to di qua­si ogni tipo di rifiu­ti, con il ris­chio di per­pet­u­are – ques­ta vol­ta in modo “autor­iz­za­to” – il ruo­lo del­la regione di attrat­tore dei rifiu­ti tossi­ci di tut­to il Paese». Bazzecole comunque per i fau­tori del­la sedi­cente “polit­i­ca del fare”, per cui con­ta soltan­to far sparire in fret­ta dalle strade i cumuli di “mon­nez­za” e riparare così al tan­to dep­re­ca­to dan­no di immag­ine che han­no provo­ca­to al nos­tro Paese all’es­tero.

Per l’at­tuale mag­gio­ran­za quel­la per l’im­mag­ine è una vera e pro­pria osses­sione. E non potrebbe essere altri­men­ti se si con­sid­era che Berlus­coni insieme ai fascisti ha sdo­gana­to anche il lift­ing e la ban­dana. Solo così si spie­ga che nel Paese che ha esporta­to in tut­to il mon­do la mafia – che nelle sue varie dec­li­nazioni con­tin­ua a manovrare una mas­sa enorme di denaro con­trol­lan­do di fat­to vaste aree del ter­ri­to­rio nazionale – la rispos­ta alle ansie da insi­curez­za di una popo­lazione sot­to­pos­ta a un con­tin­uo telelavag­gio del cervel­lo si con­cretizzi soltan­to nel pug­no di fer­ro con­tro gli immi­grati irre­go­lari e i rom, dip­in­ti dal­la pro­pa­gan­da gov­er­na­ti­va come i nuovi Visig­oti calati sul­l’I­talia per met­ter­la a fer­ro e fuo­co.

Dal pun­to di vista del mar­ket­ing berlus­co­ni­ano, il ragion­a­men­to non fa una grin­za. Tele­vi­si­va­mente par­lan­do, infat­ti, l’im­pat­to sul­l’opin­ione pub­bli­ca delle immag­i­ni del­lo sgombero di un cam­po noma­di abu­si­vo è sen­z’al­tro più inci­si­vo rispet­to a quelle di un Cal­is­to Tanzi che fa il bag­no nel­la pisci­na del­la vil­la in cui è “reclu­so” per scon­tare gli arresti domi­cil­iari. Poco impor­ta che si trat­ti del pro­tag­o­nista neg­a­ti­vo di uno dei più dev­as­tan­ti crack finanziari del mon­do, che a liv­el­lo inter­nazionale ha nuo­ci­u­to alla già pre­caria rep­utazione del nos­tro Paese molto più del­la spaz­zatu­ra parteno­pea.

La filosofia è la stes­sa che ha por­ta­to all’e­lab­o­razione delle con­tes­tate mis­ure anti-pros­ti­tuzione, che pun­tano soprat­tut­to a rip­ulire le strade dalle ten­tazioni in cui gli stes­si politi­ci cadono spes­so e volen­tieri. Per la poco telegeni­ca lot­ta agli sfrut­ta­tori c’è tem­po, intan­to le boc­che di rosa dei nos­tri giorni si acco­modi­no altrove, mag­a­ri accom­pa­g­nate al pri­mo treno da quat­tro gen­dar­mi in alta uni­forme con i pen­nac­chi e con le armi per fare con­tento il min­istro La Rus­sa. Dove van­no non impor­ta, bas­ta che spariscano dal­la vista.

Che un provved­i­men­to del genere sia effi­cace o meno è inin­flu­ente, ha spie­ga­to Ida Domini­jan­ni sul Man­i­festo, per­ché il risul­ta­to più impor­tante per l’esec­u­ti­vo «non riguar­da affat­to il prob­le­ma del­la pros­ti­tuzione ma la sem­i­na medi­at­i­ca del con­vinci­men­to che le pros­ti­tute sono per­sone social­mente e moral­mente peri­colose, che basterebbe sbat­ter­le in galera o al con­fi­no per levarse­le di torno e che se il gov­er­no non lo fa è per­ché qual­cuno, gen­eral­mente da sin­is­tra, glielo impedisce».

È una polit­i­ca fat­ta di annun­ci ecla­tan­ti, che las­cia inten­dere che tut­to è lecito purché avven­ga lon­tano dagli occhi degli ital­iani. E anche dalle loro orec­chie, come dimostra l’ul­ti­mo provved­i­men­to vara­to in fret­ta e furia dal gov­er­no per met­tere un freno alle inter­cettazioni tele­foniche del­la mag­i­s­tratu­ra. Misura urgente sec­on­do Angeli­no Alfano, neo­min­istro del­la Gius­tizia per grazia rice­vu­ta (da Berlus­coni), per­ché «sec­on­do un cal­co­lo empiri­co, una gran­dis­si­ma parte del nos­tro Paese risul­ta inter­cetta­ta». Un cal­co­lo meno empiri­co lo ha fat­to anche Car­lo Boni­ni, arrivan­do alla con­clu­sione che gli inter­cettati sareb­bero cir­ca 80mila, ovvero «meno del­lo 0,2 per cen­to del­la popo­lazione del nos­tro Paese».

Il prob­le­ma, aggiunge però Alfano, è anche di costi: «La spe­sa è ormai alle stelle: un ter­zo del bilan­cio». Cal­co­lo molto empiri­co anche questo, per­ché sem­pre gra­zie a Boni­ni si apprende che in realtà «il bilan­cio per la gius­tizia del 2007 è sta­to di sette mil­iar­di di euro, di cui i 224 mil­ioni per inter­cettazioni non rap­p­re­sen­tano evi­den­te­mente il 30 per cen­to. Al con­trario, quel­la cifra è un ter­zo di uno dei capi­toli di bilan­cio del min­is­tero».

Se 224 mil­ioni e il pre­sun­to dirit­to alla pri­va­cy di qualche intral­laz­za­tore un po’ trop­po dis­in­volto al tele­fono gius­ti­f­i­cano tut­to questo tram­bus­to, viene anche da chieder­si che fine abbiano fat­to alcu­ni temi al cen­tro del­l’ul­ti­ma cam­pagna elet­torale come il ridot­to potere di acquis­to dei salari, il con­seguente impov­er­i­men­to delle famiglie e la situ­azione dei lavo­ra­tori pre­cari, scom­par­si nel silen­zio gen­erale dal­la lista delle pri­or­ità da affrontare. Inter­rog­a­ti­vo rias­sun­to alla per­fezione da una vignetta di Altan: «Le inter­cettazioni ci costano un casi­no. Ci sono pro­cure che non arrivano alla quar­ta set­ti­mana del mese».

Come rac­con­ta una bel­la inchi­es­ta sui nuovi poveri del Vene­to opu­len­to pub­bli­ca­ta ieri sul­la Repub­bli­ca, anche la povertà, al pari dei rifiu­ti e dei rom, è con­dan­na­ta all’oc­cul­ta­men­to. «È impres­sio­n­ante – rac­con­ta al quo­tid­i­ano suor Lia – la rapid­ità del­l’in­cat­tivi­men­to sociale. Si pre­tende di ghet­tiz­zare il bisog­no in aree invis­i­bili. Non vogliamo vedere la povertà per­ché smaschera il deser­to che la gen­era». Per il soci­ol­o­go Alessan­dro Casteg­naro, però, il vero dram­ma è la nuo­va vul­ner­a­bil­ità: «In tut­ta Italia cresce spaven­tosa­mente una invis­i­bile soci­età vul­ner­a­bile, con il fia­to sul col­lo, pri­va di risorse per l’im­pre­vis­to. Si dis­cute di Pil e com­pet­i­tiv­ità, si tace la man­can­za di una rete di pro­tezione con­tro l’esclu­sione sociale, con­tro la nuo­va espo­sizione di mas­sa all’im­pov­er­i­men­to».

La posizione di Berlus­coni sul­l’ar­go­men­to è nota. Nel 2005, repli­can­do alla cop­er­ti­na del­l’E­con­o­mist che ci ave­va raf­fig­u­ra­to come un Paese con le stam­pelle, il pres­i­dente del Con­siglio ave­va spie­ga­to che «l’I­talia è un Paese ric­co e ben­es­tante. Lo dimostra­no i dati sulle case di pro­pri­età, sulle auto­mo­bili, sui tele­foni­ni e su alcune regioni che sono fra le più ric­che di Europa». Res­ta il fat­to che il suo gov­er­no, così atten­to al peso delle inter­cettazioni sul bilan­cio del­lo Sta­to, è lo stes­so che si appres­ta a prel­e­vare dalle tasche degli ital­iani sen­za bat­tere ciglio 350mila euro al giorno pur di non ottem­per­are alla sen­ten­za del­la Corte di Gius­tizia euro­pea che ha dato ragione a Europa 7, l’emit­tente di Francesco Di Ste­fano impeg­na­ta da anni in una guer­ra legale per ved­er­si riconoscere il dirit­to a trasmet­tere via etere su scala nazionale al pos­to di Rete­quat­tro. Cal­co­la­trice alla mano, fan­no cir­ca 127 mil­ioni di euro all’an­no, con effet­to retroat­ti­vo dal­l’inizio del 2006, che sare­mo costret­ti a sbor­sare per per­me­t­tere alla casalin­ga di Voghera di con­tin­uare a seguire il tg di Emilio Fede sen­za essere costret­ta ad acquistare una parabo­la satel­litare.

A dif­feren­za delle inter­cettazioni, però, la querelle Europa 7‑Retequattro viene liq­ui­da­ta anche tra le fila del cen­trosin­is­tra come ques­tione astrusa da addet­ti ai lavori, indeg­na per­ciò del­la rib­al­ta delle prime pagine. La pen­sa così, per esem­pio, il diret­tore del Riformista, Anto­nio Poli­to, che ha anche sposato in pieno tesi e numeri del­la mag­gio­ran­za in mate­ria di inter­cettazioni. Per Poli­to, infat­ti, bisogna «accettare la realtà: c’è davvero un’e­mer­gen­za inter­cettazioni. Se non ci fos­se, non sco­prirem­mo che un ter­zo – ripeti­amo, un ter­zo – delle spese del­la gius­tizia se ne van­no per spi­are al tele­fono». Si trat­ta di «una cifra sproposi­ta­ta, che dice chiara­mente che ormai i pm l’han­no scel­to come stru­men­to nor­male, non eccezionale, di indagine».

La realtà, come si è vis­to, è che i 224 mil­ioni sbor­sa­ti per le inter­cettazioni sono molto meno di un ter­zo – ripeti­amo, molto meno di un ter­zo – delle spese com­p­lessive per la gius­tizia. Ma Poli­to è in buona com­pag­nia, vis­to che anche il pres­i­dente del­la Repub­bli­ca, Gior­gio Napoli­tano, che non risul­ta abbia mai ester­na­to sul­la neces­sità sanci­ta più volte dal­la mag­i­s­tratu­ra di far traslo­care Fede nel­lo spazio – e di far­lo in fret­ta – ritiene che il dis­eg­no di legge sulle inter­cettazioni affron­ti una ques­tione «attuale anche con un suo gra­do di urgen­za».

Di sicuro è urgente per Berlus­coni, che non può per­me­t­ter­si che qualche giu­dice impic­cione met­ta anco­ra una vol­ta i bas­toni tra le ruote al suo prog­et­to di Italia alla Dori­an Gray: appar­ente­mente felice, puli­ta, mod­er­na e sedu­cente, ma in realtà mar­cia fino al midol­lo. L’u­ni­ca cosa che con­ta è non far­lo sapere a nes­suno.

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Commento

  1. Con­di­vi­do pien­amente tut­to l’ar­ti­co­lo; alla tris­tez­za del momen­to politi­co e sociale carat­ter­iz­za­to da una pro­fon­da regres­sione con ricor­so a difese arcaiche di fronte ai prob­le­mi che si pon­gono giorno per giorno, si aggiunge la fragilità di un’op­po­sizione dub­biosa e bal­bet­tante, l’om­bra di un’op­po­sizione. Non res­ta che con­fi­dare nel­l’e­s­plodere delle con­trad­dizioni di una mag­gio­ran­za affaris­ti­ca , reazionar­ia, baci­apile e ipocri­ta. “Sur­sum cor­da!”.