in Giornalismo, Politica

A sette anni dal­la pun­ta­ta di Satyri­con che costò il pos­to in Rai a Daniele Lut­tazzi, è di nuo­vo polem­i­ca attorno a Mar­co Travaglio dopo la sua parte­ci­pazione a Che tem­po che fa. Allo­ra come oggi va in sce­na lo stes­so (qua­si) iden­ti­co copi­one. Travaglio, inter­vis­ta­to da Fabio Fazio, ricor­da alcu­ni fat­ti rel­a­tivi al potente di turno (nel 2001 Berlus­coni, oggi il neo­pres­i­dente del Sen­a­to Rena­to Schi­fani), per­al­tro già ripor­tati in alcu­ni lib­ri, e subito si alza un polverone di dichiarazioni indig­nate che par­lano di «ver­gog­nosa imbosca­ta» (Altero Mat­te­oli), «aggua­to tele­vi­si­vo pre­med­i­ta­to» (Mau­r­izio Gas­par­ri), «uso dis­tor­to del­la tv di Sta­to» (Enri­co La Log­gia), «attac­co a fred­do» (Fran­co Frat­ti­ni).

Allo­ra come oggi le accuse a Travaglio esp­ri­mono indig­nazione per la man­can­za di con­trad­dit­to­rio e bol­lano il tut­to come provo­cazione e com­plot­to, evi­tan­do accu­rata­mente di entrare nel mer­i­to delle affer­mazioni del gior­nal­ista. Lo ha rib­a­di­to lo stes­so Travaglio, inter­vis­ta­to da Repub­bli­ca: «Nes­suno dice che quan­to ho affer­ma­to sia fal­so. Non soltan­to è vero, ma è noto­rio che il pres­i­dente Schi­fani abbia intrat­tenu­to fino agli anni Novan­ta dei rap­por­ti con Nino Man­dalà, il futuro boss di Vil­l­a­bate — Comune sci­olto due volte per col­lu­sioni mafiose — poi con­dan­na­to in pri­mo gra­do a otto anni per mafia. Negli anni Ottan­ta Schi­fani, insieme a Enri­co La Log­gia, altro espo­nente forzista, era socio di Man­dalà nel­la soci­età di bro­ker­ag­gio assi­cu­ra­ti­vo Sic­u­la­bro­kers. Sono vicende che molti politi­ci sicil­iani conoscono bene».

Rispet­to a sette anni fa, la dif­feren­za è che oggi il polverone di dichiarazioni indig­nate è bipar­ti­san. A dare man­forte ai berlus­cones, infat­ti, ques­ta vol­ta ci sono anche autorevoli espo­nen­ti del­la mino­ran­za di cen­trosin­is­tra. A com­in­cia­re da Mar­co Folli­ni, nom­i­na­to da Vel­troni respon­s­abile infor­mazione del Par­ti­to Demo­c­ra­ti­co, che ha sot­to­lin­eato con il piglio mod­er­a­to di sem­pre che «nel­la polit­i­ca come nel­l’in­for­mazione occor­rono rispet­to e misura. Travaglio non ci trascin­erà di cer­to nel­la giungla».

Più dura la pre­sa di posizione di Anna Finoc­chiaro: «Tro­vo inac­cetta­bile che pos­sano essere lan­ci­ate accuse così gravi, come quel­la di col­lu­sione mafiosa, nei con­fron­ti del pres­i­dente del Sen­a­to, in diret­ta tv su una rete pub­bli­ca, sen­za pos­si­bil­ità di con­trad­dit­to­rio». La capogrup­po del Pd al Sen­a­to, reduce dal­la sono­ra boc­ciatu­ra rime­di­a­ta alle elezioni region­ali sicil­iane, non con­tes­ta quin­di a Travaglio di aver det­to delle bugie, ma piut­tosto di aver par­la­to in tv — come se certe ver­ità fos­sero adat­te solo alla car­ta stam­pa­ta — e soprat­tut­to di aver­lo fat­to in assen­za di Schi­fani, «come se non si potesse più dire in tv — ha scrit­to su Megachip Anna Maria Bianchi con un effi­cace paragone trat­to dal­l’at­tual­ità calcis­ti­ca — che Mat­er­azzi ha sbaglia­to un rig­ore sen­za dar­gli la pos­si­bil­ità di con­trad­dit­to­rio».

In effet­ti se saba­to sera fos­se sta­to pre­sente nel­lo stu­dio di Che tem­po che fa, il pres­i­dente del Sen­a­to avrebbe potu­to inter­rompere Travaglio e par­largli addos­so, sul­la fal­sari­ga del­la per­for­mance di Vit­to­rio Sgar­bi nel­la pun­ta­ta di Annoze­ro del pri­mo mag­gio. È quel­lo che avviene di soli­to anche a Matrix e Por­ta a Por­ta, ovvero le trasmis­sioni addi­tate come fulgi­do esem­pio di imparzial­ità e cor­ret­tez­za dal­la stra­grande mag­gio­ran­za del­la nos­tra classe polit­i­ca, dove il con­trad­dit­to­rio abbon­da spes­so e volen­tieri. La ver­ità e i fat­ti un po’ meno, ma pazien­za.

Per con­tes­tu­al­iz­zare meglio le dichiarazioni di Folli­ni e Finoc­chiaro gio­va ricor­dare — e mi scu­so se lo fac­cio anch’io in assen­za di con­trad­dit­to­rio — che entram­bi con­di­vi­dono con Schi­fani una citazione poco lus­inghiera in Se li conosci li evi­ti, il libro su “rac­co­man­dati, rici­clati, con­dan­nati, impu­tati, igno­ran­ti, volt­agab­bana e fan­nul­loni del nuo­vo par­la­men­to”, scrit­to da Travaglio con Peter Gomez alla vig­ilia delle ultime elezioni.

Dal can­to suo, il diret­to inter­es­sato ha prefer­i­to repli­care indos­san­do i pan­ni di padre cos­tituente, più con­soni al ruo­lo isti­tuzionale che riveste da un paio di set­ti­mane. Inter­vis­ta­to dal Tg1, Schi­fani infat­ti ha sostenu­to che «c’è qual­cuno che vuole minare il cli­ma di dial­o­go costrut­ti­vo che ha carat­ter­iz­za­to l’inizio di ques­ta leg­is­latu­ra» e si è det­to «sereno» e deter­mi­na­to a pros­eguire la sua azione per far lavo­rare insieme mag­gio­ran­za e oppo­sizione per­ché «ce lo chiede il Paese e anche il capo del­lo Sta­to».

Tra le righe pare dunque di capire che la soprav­viven­za di questo cli­ma di dial­o­go (o di inci­u­cio, se preferite) pre­sup­pon­ga un’am­ne­sia col­let­ti­va rispet­to alle fre­quen­tazioni peri­colose ricor­date da Travaglio su Raitre. Cosa anco­ra più pre­oc­cu­pante, ques­ta impostazione — come dimostra­no i com­men­ti di Folli­ni e Finoc­chiaro — è ampia­mente con­di­visa anche da larghi set­tori del­la mino­ran­za par­la­mentare, con l’ec­cezione vis­tosa di Di Pietro.

Poi l’an­nun­cio del­la meno isti­tuzionale querela per calun­nia pre­sen­ta­ta da Schi­fani con­tro Travaglio, anch’es­sa un richi­amo diret­to alla vicen­da del Satyri­con di sette anni fa, quan­do Berlus­coni e la Fin­in­vest citarono in giudizio la Rai, Lut­tazzi e Travaglio per diffamazione, chieden­do un ris­arci­men­to a molti zeri. Nel­la stes­sa cir­costan­za Travaglio ed Elio Vel­tri furono quere­lati anche per il con­tenu­to del libro L’odore dei sol­di (Edi­tori Riu­ni­ti), ma in entram­bi i casi la mag­i­s­tratu­ra ha sta­bil­i­to che non ci fu diffamazione, con­dan­nan­do Berlus­coni e la Fin­in­vest al ris­arci­men­to delle spese proces­su­ali. Brus­col­i­ni, per loro, e intan­to ai pochi gior­nal­isti non allineati era sta­to manda­to un avver­ti­men­to esplic­i­to: fate i buoni o vi por­ti­amo in tri­bunale.

Alla fine l’ester­nazione più sen­sa­ta — ben oltre le mod­este inten­zioni di chi l’ha pro­nun­ci­a­ta — è quel­la di San­dro Curzi, mem­bro “sin­istro” del con­siglio di ammin­is­trazione del­la Rai. Il vero prob­le­ma non è se Schi­fani, sec­on­da car­i­ca del­lo Sta­to, abbia o meno intrat­tenu­to in pas­sato rap­por­ti con per­son­ag­gi legati a Cosa Nos­tra. Il prob­le­ma non sono nep­pure i gior­nal­isti alla Rena­to Fari­na reclu­tati dal Sis­mi per fare gli spi­oni (e pre­miati per questo con un seg­gio nel nuo­vo par­la­men­to). Il prob­le­ma vero, sec­on­do Curzi, «è Travaglio», che «sape­va benis­si­mo di creare un ulte­ri­ore scan­da­lo».

Det­to in altre parole, e rib­al­tan­do lo scon­cer­tante ragion­a­men­to del con­sigliere Rai, nel­la nos­tra tele­vi­sione ci sarà sem­pre spazio otti­mo e abbon­dante per i gior­nal­isti servi, spi­oni e/o spe­cial­isti delle inter­viste in ginoc­chio al potente di turno, ma non per quel­li che osano dire la ver­ità. Loro, e soltan­to loro, sono des­ti­nati a fare scan­da­lo.

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Un appel­lo per Travaglio. Megachip seg­nala l’ap­pel­lo “Togli­ete il bavaglio a Mar­co Travaglio” per man­i­festare «sol­i­da­ri­età a un gior­nal­ista ingius­ta­mente accusato dai diri­gen­ti del­la radiotele­vi­sione ital­iana e di parte degli schiera­men­ti di mag­gio­ran­za e oppo­sizione attual­mente inse­diati al par­la­men­to». L’u­til­ità di questo genere di inizia­tive è dub­bia, ma può essere un modo per esprimere pub­bli­ca­mente il pro­prio dis­senso. Uni­co appun­to sul tito­lo: vis­to che Travaglio per ora non è sta­to epu­ra­to dagli scher­mi Rai, sarebbe sta­to meglio optare per “Non met­tete il bavaglio a Mar­co Travaglio”. Tan­to fa rima lo stes­so.

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