in Giornalismo, Politica

Pur nutren­do qualche dub­bio sul­l’op­por­tu­nità di abolire in bloc­co il finanzi­a­men­to pub­bli­co all’ed­i­to­ria, che potrebbe nuo­cere al già pre­cario plu­ral­is­mo dei nos­tri media penal­iz­zan­do tes­tate che mer­i­tano di esistere, da gior­nal­ista devo riconoscere che il V2-Day sul­la “lib­era infor­mazione in un libero Sta­to” pro­mosso da Beppe Gril­lo per oggi, 25 aprile 2008, è sacrosan­to e richia­ma l’at­ten­zione — con i modi bruschi, tal­vol­ta perfi­no bru­tali del mat­ta­tore da pal­cosceni­co — su un prob­le­ma vero e fon­da­men­tale nel­la vita di una democrazia deg­na di questo nome.

Spi­ace ricor­dar­lo anco­ra una vol­ta, ma vivi­amo in un Paese che in 14 anni è sta­to inca­pace di trovare una soluzione decente per il più macro­scop­i­co con­flit­to di inter­es­si del mon­do occi­den­tale. Un Paese in cui la stam­pa è trop­po spes­so prona ai desider­a­ta del­la polit­i­ca, che da decen­ni uti­liz­za il servizio pub­bli­co radiotele­vi­si­vo come capi­ente ser­ba­toio di poltrone da spar­tire. E l’im­mi­nente ritorno a Palaz­zo Chi­gi del­lo “psi­co­nano” — ovvero Berlus­coni, sec­on­do il ger­go grilli­no — è la garanzia che anche nei prossi­mi cinque anni non cam­bierà nul­la. Al mas­si­mo peg­gior­erà.

Non è dunque un caso se la cor­raz­za­ta medi­at­i­ca del futuro pre­mier, già col­lau­da­ta in cir­costanze sim­ili, si è mes­sa in azione come un sol uomo per tentare di scred­itare Gril­lo e, con lui, affon­dare la sua inizia­ti­va. Gli arti­coli di Fil­ip­po Fac­ci e Gia­co­mo Amadori, pub­bli­cati ieri sul Gior­nale e su Panora­ma, house organ del­la famiglia Berlus­coni nel­la stam­pa quo­tid­i­ana e set­ti­manale, con­fer­mano involon­tari­a­mente i mali del­l’in­for­mazione denun­ciati oggi dal V2-Day.

Invece di criti­care tem­pi, modi e con­tenu­ti del­l’inizia­ti­va di Gril­lo, come altri han­no legit­ti­ma­mente fat­to in questi giorni, Fac­ci e Amadori si sforzano infat­ti di met­tere in dub­bio la sua integrità morale, ricor­ren­do al truc­co retori­co che inseg­na a demolire la per­sona (o almeno a provar­ci) quan­do non si han­no argo­men­ti effi­caci da con­trap­porre alle idee di cui è por­ta­trice.

Così il Gril­lo sec­on­do Fac­ci, che promette di rac­con­tare la sua vera sto­ria con un’inchi­es­ta a pun­tate che lo stes­so autore premette essere «mod­es­ta» — ed è l’u­ni­co pas­sag­gio del­l’ar­ti­co­lo da sot­to­scri­vere sen­za esi­tazioni — è vit­ti­ma da gio­vane di una «dis­avven­tu­ra ses­suale, ogget­ti­va­mente ridi­co­la» (embè?). A 12 anni gio­ca a cal­cio con Anto­nio Ric­ci, quel­lo di Striscia la notizia, e Dona­to Bilan­cia, des­ti­na­to a diventare famoso come ser­i­al killer (hai vis­to mai che la col­pa sia di Beppe?). «Il gio­vane Gril­lo tut­to som­ma­to sta­va eco­nomi­ca­mente beni­no — rac­con­ta anco­ra Fac­ci — Si diplomò ragion­iere all’U­goli­no Vival­di, che era un isti­tu­to pri­va­to per ram­pol­li-bene con ret­ta piut­tosto esosa». La clas­si­ca scuo­la pri­va­ta — aggiun­go io — alla quale la neo-mag­gio­ran­za berlus­co­ni­ana vor­rebbe regalare ulte­ri­ori risorse pub­bliche a dan­no di quel­la pub­bli­ca.

«La cele­bre tirchieria di Gril­lo (par­si­mo­nia, si dice a Gen­o­va) in quel peri­o­do prende le forme di incon­trol­la­bili leggende — pros­egue Fac­ci — Ben quat­tro pre­sun­ti tes­ti­moni rac­con­tano che girasse con una tuta apposi­ta­mente sen­za tasche per non avere sol­di da spendere. All’e­poca fuma­vano tut­ti, ma lui pren­de­va le Hb nel pac­chet­to da dieci. Non paga­va mai niente, non offri­va mai niente, e questo lo dicono davvero tut­ti: occorre ten­er con­to che dei gen­ovesi che lamen­tano la tirchieria altrui sono come dei napo­le­tani che accusassero qual­cuno d’essere chi­as­soso. “Non era tir­chio, era mala­to” rac­con­ta un suo ex sodale: “Offri qualche caf­fè ogni tan­to, risparmierai col car­di­ol­o­go”, gli dice­va­mo sem­pre». E anco­ra, dul­cis in fun­do, la riv­e­lazione scot­tante del soli­to Ric­ci, che ha rac­con­ta­to che «io sparec­chi­a­vo, e se but­ta­vo via delle brici­ole Beppe le recu­per­a­va dal­la spaz­zatu­ra e il giorno dopo ci impana­va la milanese».

Più di qual­si­asi com­men­to, vale l’epitaffio las­ci­a­to da un let­tore in coda all’ar­ti­co­lo di Fac­ci: «Se questo è il gior­nal­is­mo, siamo (siete) pro­prio alla frut­ta. Cer­ti arti­coli las­ci­ateli ai gior­nali da spi­ag­gia. Se Mon­tanel­li rius­cisse anco­ra a leg­gervi vi tir­erebbe i pie­di la notte. Povero Indro, come han­no ridot­to il tuo gior­nale…».

Su Panora­ma, invece, Amadori — dichiarazioni dei red­di­ti alla mano — si con­cen­tra soprat­tut­to su quel­lo che viene defini­to «il giro d’af­fari del­l’an­tipo­lit­i­ca», sot­to­lin­e­an­do che la svol­ta per le finanze di Gril­lo — «ragion­iere che sa fare bene i suoi con­ti», sec­on­do la definizione del­l’ex com­pag­no di scuo­la Roby Car­let­ta, pun­tual­mente ripor­ta­ta nel­l’ar­ti­co­lo — è arriva­ta «con l’aper­tu­ra, il 26 gen­naio 2005, del clic­catis­si­mo blog inter­net­tiano e con il tour teatrale Beppegrillo.it: il pri­mo caso di uno spet­ta­co­lo che pro­muove l’ind­i­riz­zo di un sito».

Qualche riga più sot­to un lap­sus, più o meno involon­tario. Amadori, infat­ti, riferisce che «Gril­lo ha dichiara­to nel 2006 un red­di­to imponi­bile di 4.272.591 euro, 20 volte quel­lo del pres­i­dente del Con­siglio uscente, Romano Pro­di (217 mila euro nel 2006)», premet­ten­do che «gli introiti non sono quel­li di un leader politi­co, più o meno vir­tuale». Tan­to meno lo sono quel­li di Berlus­coni, che leader politi­co dovrebbe essere e che nel­lo stes­so anno fis­cale ha dichiara­to un imponi­bile di ben 28 mil­ioni di euro — cir­ca sette volte più di Gril­lo e 129 (cen­toventi­nove) volte più di Pro­di — risul­tan­do anco­ra una vol­ta il par­la­mentare più ric­co. Mis­te­riosa­mente, però, nel­l’ar­ti­co­lo il nome di Berlus­coni non com­pare nem­meno per sbaglio.

In com­pen­so Amadori rin­fac­cia a Gril­lo di vendere via Inter­net «ogni genere di gad­get» e di pre­tendere il paga­men­to delle spese di spedi­zione per rice­vere a casa il video del pri­mo V‑Day, per il quale si può las­cia­re anche un’of­fer­ta lib­era. E anco­ra, udite udite, «i librai non pos­sono acquistare meno di 25 pezzi e non è pre­vis­to il reso. Ques­ta è la legge di Gril­lo. Che trasfor­ma in “palanche” tut­to quel­lo che toc­ca». Viene da aggiun­gere che ques­ta è anche la legge del mer­ca­to che piace molto al Berlus­coni edi­tore di Panora­ma, gior­nale che per­al­tro — a dif­feren­za del dvd del V‑Day — non viene recap­i­ta­to a casa se ci si limi­ta a pagare le spese di spedi­zione.

Amadori, però, ha altri assi nel­la man­i­ca da uti­liz­zare con­tro quel­lo che definisce «il Savonaro­la cross­me­di­ale», che oltre a essere tir­chio sarebbe anche inco­er­ente, aven­do pro­mosso «una legge per las­ciar fuori dal Par­la­men­to i politi­ci con­dan­nati in pri­mo gra­do, sebbene abbia una con­dan­na defin­i­ti­va per omi­cidio col­poso in un inci­dente stradale».

Roba forte, insom­ma, che fa pas­sare in sec­on­do piano la notizia del rin­vio a giudizio di Fedele Con­falonieri, con l’ac­cusa di frode fis­cale per gli anni dal 2001 al 2003. E infat­ti qua­si tutte le tes­tate l’han­no rel­e­ga­ta in un trafilet­to. Del resto quel­la mossa al pres­i­dente di Medi­aset è un’ac­cusa veniale a con­fron­to con le male­fat­te del “Gril­lo con­tante” (la definizione è sem­pre di Panora­ma), che costringe i suoi mal­cap­i­tati fan a pagare i fran­cobol­li.


La prima pagina di Libero del 24 aprile 2008 Un’al­tra bel­la pag­i­na di gior­nal­is­mo. Quel­la ripro­pos­ta qui a fian­co è la pri­ma pag­i­na di ieri di Libero, il quo­tid­i­ano diret­to da Vit­to­rio Fel­tri che ha dato l’en­nes­i­ma pro­va di ele­gan­za definen­do “bam­ba”, ovvero rim­bam­biti, quel­li che oggi scen­der­an­no in piaz­za per cel­e­brare la fes­ta del­la Lib­er­azione. Essendo Libero lo stes­so quo­tid­i­ano che ha con­ces­so un asi­lo politi­co pro­fes­sion­ale a Rena­to Fari­na — l’a­gente Betul­la che fin­ge­va di fare il gior­nal­ista men­tre lavo­ra­va al sol­do del Sis­mi, e per questo è sta­to radi­a­to dal­l’Or­dine dei Gior­nal­isti e can­dida­to alla Cam­era dal Pdl alle ultime elezioni — l’in­sul­to di Fel­tri & C. andrebbe appe­so al pet­to e mostra­to con orgoglio, come le medaglie al val­ore dei par­ti­giani. Chi volesse esprimere il pro­prio apprez­za­men­to a Fel­tri per la sim­pat­i­ca scelta edi­to­ri­ale può inviare un’e-mail a redazione@libero-news.eu.

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Commento

  1. Ero trop­po stan­co per andare a Tori­no oggi. Ma cre­do che avrebbe mer­i­ta­to. Non sono un sosten­i­tore di Gril­lo per­ché non ho capi­to bene che cosa stia facen­do e non mi piace la creazione del­l’en­nes­i­mo par­titi­no. Piut­tosto il suo è l’u­ni­co modo che abbi­amo per fare rien­trare nel­la dis­cus­sione pub­bli­ca cer­ti argo­men­ti che le varie caste, com­pre­sa quel­la dei gior­nal­isti, han­no leteral­mente som­mer­so.
    Quan­to a Fac­ci e a questi fas­cis­tel­li da salot­to che ci ammor­bano con i pet­te­golezzi e por­cate — spes­so pura­mente inven­tate e pinee di invidia e livore — mi sem­bra gius­to che provi­no ad andare a lavo­rare sen­za che gli si paghi uno stipen­dio.

  2. le parole di fac­ci non han­no alcun val­ore, per­ché fac­ci non vale nul­la. sono d accor­do con te sui ref­er­en­dum, tro­vo delle imper­fezioni ma sul prin­ci­pio sono stradac­cor­do.

  3. Bel post, com­pli­men­ti. Uni­co det­taglio su cui non sono d’ac­cor­do: le sovven­zioni per l’ed­i­to­ria. In prin­ci­pio il con­cet­to “salvi­amo le sovven­zioni che sono vera­mente utili” potrebbe essere con­di­vis­i­bile. Ma nel­la realtà i finanzi­a­men­ti statali agevolano prin­ci­pal­mente chi si sa muo­vere nel sot­to­bosco politi­co e chi ha un buon com­mer­cial­ista.

    Molto meglio sem­pli­fi­care la vita a tut­ti dis­boscan­do un po’ del­l’as­fis­siante giungla nor­ma­ti­va, invece di favorire gli Indi­ana Jones delle nor­ma­tive oscure.

  4. Il dis­cor­so sul finanzi­a­men­to pub­bli­co del­l’ed­i­to­ria è com­p­lesso. Il ragion­a­men­to di Gril­lo sec­on­do cui la stam­pa si deve reg­gere sulle pro­prie gambe in teo­ria è con­di­vis­i­bile, ma in con­cre­to, in un sis­tema edi­to­ri­ale come il nos­tro in cui sguaz­zano i pesci grossi a spese di tut­ti gli altri, rischia di tradur­si in un’ul­te­ri­ore riduzione del plu­ral­is­mo del­l’in­for­mazione. Negli Sta­ti Uni­ti, per esem­pio, il numero degli attori del mer­ca­to edi­to­ri­ale ha subito una con­trazione dram­mat­i­ca nel cor­so degli ulti­mi decen­ni.

    La nos­tra anom­alia è data da un panora­ma medi­ati­co dom­i­na­to dal­la tele­vi­sione, che ha sot­trat­to una grossa fet­ta di pub­blic­ità alla car­ta stam­pa­ta. Pri­ma di abolire il finanzi­a­men­to all’ed­i­to­ria, servirebbe quin­di una legge di sis­tema seria, che non è quel­la del Sis­tema Inte­gra­to del­la Comu­ni­cazione di Gas­par­ri, il cui acron­i­mo — Sic — vale anche come giudizio.

    Una legge seria di questo tipo, con­sid­er­a­to anche l’e­si­to delle ultime elezioni, non è sicu­ra­mente all’or­dine del giorno. Si potrebbe per­ciò com­in­cia­re taglian­do gli assur­di rim­bor­si per l’ac­quis­to del­la car­ta, che regalano mil­ioni di euro a grup­pi edi­to­ri­ali che non ne han­no bisog­no e li usano per pagare i div­i­den­di ai pro­pri azion­isti, e intro­ducen­do con­trol­li strin­gen­ti per appu­rare che le tes­tate che acce­dono ai finanzi­a­men­ti esistono davvero e non sono cre­ate ad hoc solo per fare cas­sa.

  5. Per dare un po’ più di sostan­za al mio com­men­to prece­dente, seg­na­lo a chi volesse appro­fondire la ques­tione questo inter­es­sante arti­co­lo di Gian­car­lo Ares­ta, pub­bli­ca­to ieri sul sito di Car­ta, che ripro­pone diver­si numeri inter­es­san­ti sul­la nos­tra edi­to­ria, in par­ti­co­lare rispet­to ai gen­erosi finanzi­a­men­ti di cui godono alcu­ni gran­di grup­pi edi­to­ri­ali (Sole 24 Ore, Mon­dadori, Rcs…).