in Economia, Politica

L’inchi­es­ta di Michele Buono e Piero Ric­car­di, anda­ta in onda ieri sera a Report, nel met­tere a nudo le con­trad­dizioni del nos­tro sis­tema agroal­i­menta­re ha ripro­pos­to la crit­i­ca al Pil, il prodot­to inter­no lor­do, come mis­ura­tore del benessere effet­ti­vo di un Paese.

Inter­vis­ta­to nel cor­so del pro­gram­ma, Pierange­lo Dacre­ma, pro­fes­sore di econo­mia all’U­ni­ver­sità degli Stu­di del­la Cal­abria e autore del libro La dit­tatu­ra del Pil (Mar­silio), ha rias­sun­to così i ter­mi­ni del­la ques­tione: «Noi siamo abit­uati a par­lare di mer­ci e a trattare tut­to come una mer­ce, per­ché, per­ché tut­to ciò che ha un val­ore eco­nom­i­co ha un prez­zo, un prez­zo espres­so dai numeri del denaro, i numeri del denaro sono i numeri del Pil per­ché il Pil quan­tifi­ca tut­to in ter­mi­ni di prezzi e quin­di usa la log­i­ca molto banale, se vogliamo, ma molto strin­gente del­la matem­at­i­ca ele­mentare del denaro, addizione e sot­trazione».

«Ma il val­ore, una buona teo­ria del val­ore — ha aggiun­to Dacre­ma — tiene con­to del fat­to che il val­ore ha un sen­so, pri­ma anco­ra che un prez­zo, il prez­zo non esprime il sen­so del val­ore, non esprime il sig­ni­fi­ca­to di un bene. Ma ques­ta osses­sione del­la quan­tità, e il Pil la esprime in modo eccel­lente, ques­ta osses­sione del­la quan­tità ci fa dimen­ti­care che esistono dei costi di cui il Pil non tiene con­to, asso­lu­ta­mente, ora i costi sostenu­ti dal­la madre ter­ra da cui sot­tra­iamo evi­den­te­mente delle energie per pro­durre pomodori sec­on­do tec­niche pro­dut­tive che sono crit­i­ca­bili sot­to l’aspet­to ambi­en­tale, e sot­to l’aspet­to del­l’in­quina­men­to, ecco quei costi non provo­cano una dimin­uzione del Pil anzi, il para­dos­so è che, dici­amo che nel­la mente di tut­ti e in par­ti­co­lare del­la nos­tra classe diri­gente, l’au­men­to del Pil è qual­cosa da salutare di per sé con favore in modo pos­i­ti­vo. Dal­l’al­tro lato si tende appun­to a dimen­ti­car­si del fat­to che un dis­as­tro, un inci­dente stradale provo­ca un aumen­to del Pil, la pro­duzione di armi provo­ca un aumen­to del Pil, le tante pro­duzioni inquinan­ti e dan­nose provo­cano un aumen­to del Pil».

Det­to con altre parole, il Pil misura l’au­men­to del­la ric­chez­za, che si tende a con­sid­er­are pos­i­ti­va­mente a pre­scindere dai fat­tori che l’han­no deter­mi­na­to. L’au­men­to del­la ric­chez­za, infat­ti, può essere provo­ca­to da even­ti pos­i­tivi — la costruzione di una scuo­la, l’aper­tu­ra di un ospedale, l’au­men­to degli spet­ta­tori che van­no al cin­e­ma o a teatro — ma anche molto neg­a­tivi, come il com­mer­cio delle armi, che pre­sup­pone che qual­cuno le userà per fare fuori qual­cun altro, o l’in­cre­men­to del fat­tura­to delle agen­zie di pompe fune­bri, che potrebbe aumentare molto rap­i­da­mente in pre­sen­za di un aumen­to altret­tan­to rapi­do dei deces­si, mag­a­ri in segui­to a un’epi­demia mor­tale.

In questi ulti­mi due casi, l’e­quazione cresci­ta del­la ric­chez­za uguale cresci­ta del benessere può valere soltan­to per i diret­ti ben­e­fi­cia­ri — il traf­fi­cante d’ar­mi o il tito­lare delle pompe fune­bri (sem­pre che non rimangano vit­time a loro vol­ta delle armi o del­l’epi­demia) — e dunque è sbaglia­to ricor­rere al Pil come mis­ura­tore del benessere o addirit­tura come indi­ca­tore del­la felic­ità dei cit­ta­di­ni di una nazione. È sbaglia­to, ma è quel­lo che i politi­ci di qua­si tut­to l’ar­co cos­ti­tuzionale fan­no quo­tid­i­ana­mente, anche se da alcu­ni anni a ques­ta parte le critiche a questo stru­men­to di mis­urazione del benessere si sono molti­pli­cate, accom­pa­g­nate dal­la pro­pos­ta di mod­el­li alter­na­tivi che ten­gono in con­sid­er­azione anche altri para­metri.

È impor­tante ricor­dar­lo in un giorno come questo, che seg­na la fine di una cam­pagna elet­torale nel cor­so del­la quale idee, mod­el­li e com­por­ta­men­ti che altrove han­no già mostra­to la cor­da sono sta­ti spac­ciati per gran­di novità da cui ripar­tire per risoll­e­vare il Paese. Quan­do un can­dida­to alla pres­i­den­za del Con­siglio con qualche chance conc­re­ta di suc­ces­so oserà met­tere in dis­cus­sione il dog­ma del Pil, forse sare­mo di fronte a un cam­bi­a­men­to vero. Ma per questo dovre­mo atten­dere almeno fino alle prossime elezioni.

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Commento

  1. Tran­quil­lo, nes­sun econ­o­mista ha mai con­sid­er­a­to il pil come misura di benessere.
    il pil misura il red­di­to nazionale, e la polem­i­ca fra econ­o­misti liberisti e i loro avver­sari è se bisogna priv­i­le­gia­re la cresci­ta del red­di­to nazionale o una sua diver­sa, più equa, dis­tribuzione. Una dis­cus­sione o polem­i­ca che riguar­da il red­di­to in entram­bi i casi (e che sarebbe tan­to più seria, tan­to più polit­i­ca) e non ques­ta caz­za­ta del benessere.
    Fra par­ente­si la spe­sa sociale è una parte del pil.
    non servirà a un caz­zo, vis­to che ormai siamo alle super­stizioni mede­vali, ma così stan­no le cose.
    ciao

  2. Caro Ricky, come scrivi tu non dubito che nes­sun econ­o­mista abbia mai con­sid­er­a­to il Pil come misura del benessere, e del resto non mi sem­bra di aver­lo scrit­to da nes­suna parte. In com­pen­so moltissi­mi politi­ci lo uti­liz­zano SOLO ED ESCLUSIVAMENTE in questo modo, cioè come indi­ca­tore del benessere del Paese. Saran­no anche super­stizioni medievali ma è così che stan­no le cose. Ti ringrazio per la spie­gazione del­la polem­i­ca tra econ­o­misti liberisti e i loro avver­sari, che però non risolve la ques­tione del­la “mis­urazione” del benessere, che mi sem­bra tut­to meno che una caz­za­ta, tan­to meno riducibile soltan­to a una discussione/polemica sul­la dis­tribuzione del red­di­to nazionale.

  3. Sin­ce­ra­mente non ho mai sen­ti­to nes­sun politi­co affer­mare che il Pil mis­uri il benessere, ho solo sen­ti­to fare un altro dis­cor­so, cioè, che anche se una cresci­ta del Pil non è seg­no di benessere, quan­do c’è una reces­sione cioè il Pil diminuisce tut­ti stan­no peg­gio, sopratut­to i piu poveri.
    Men­tre ho sen­ti­to i sosten­i­tori del­la cosidet­ta decresci­ta felice che si pos­sa tornare all’età del­la pietra feli­ci e con­tenti.

  4. Caro Pietro, in effet­ti a giu­di­care dal­l’e­si­to delle elezioni non ci siamo allon­ta­nati molto dal­l’età del­la pietra. Siamo omini­di con lo scher­mo a cristal­li liq­ui­di da 22 pol­li­ci e la playsta­tion. Che comunque è già un bel pas­so avan­ti, specie per la playsta­tion.

  5. «L’u­so che spes­so si fa, in polit­i­ca o sui media, del con­cet­to di Prodot­to inter­no lor­do come se fos­se una misura del benessere, del­la qual­ità del­la vita o del­la felic­ità delle per­sone, è dis­tor­to. Il Pil è un con­cet­to nato per mis­urare l’ef­fi­cien­za pro­dut­ti­va di un Paese, la sua per­for­mance di pro­duzione. Nes­suno mai, dal pun­to di vista teori­co, ha volu­to asseg­nare al Pil altre fun­zioni». A dir­lo non sono io ma Lui­gi Big­geri, pres­i­dente del­l’I­s­tat, in questo arti­co­lo trat­to dal Sole 24 Ore del 12 gen­naio 2008. Big­geri, scrive Rossel­la Boc­cia­rel­li sul quo­tid­i­ano del­la Con­find­us­tria, «fa capire chiara­mente che il pres­i­dente francese Nico­las Sarkozy non ha inven­ta­to nul­la di nuo­vo nel chiedere a ben due pre­mi Nobel di trovare stru­men­ti sta­tis­ti­ci più effi­caci per dar con­to del benessere del Paese».

    A ben­efi­cio di Pietro, che ha scrit­to di «non aver mai sen­ti­to nes­sun politi­co affer­mare che il Pil mis­uri il benessere», ripor­to anche una dichiarazione (pub­bli­ca­ta dal­l’Ansa e da altre agen­zie) del 13 feb­braio 2007. È di Antonel­lo Soro, all’e­poca coor­di­na­tore del­l’esec­u­ti­vo del­la Margheri­ta e oggi autorev­ole espo­nente del Par­ti­to Demo­c­ra­ti­co. Dice Soro a propos­i­to dei dati Istat sul Pil 2006: «È un dato incon­tro­vert­ibile: si trat­ta del­la la cresci­ta del Pil più alta dal 2000 ad oggi. Non ser­vono molte anal­isi per com­pren­dere che la polit­i­ca eco­nom­i­ca mes­sa in atto dal gov­er­no Pro­di sta dan­do risul­tati eccezion­ali. Dopo aver inizial­mente reg­is­tra­to una scon­ta­ta impopo­lar­ità, ora si dovrà con­venire che solo attra­ver­so scelte, anche dif­fi­cili e dolorose, era pos­si­bile rag­giun­gere tra­guar­di insperati. Se cresce il Pil cresce anche il benessere per le famiglie ital­iane. Questi dati forte­mente incor­ag­gianti ci con­fer­mano le ragioni del nos­tro sosteg­no chiaro e forte per l’opera di risana­men­to e di mod­ern­iz­zazione del paese. Se questo anda­men­to dovesse trovare con­fer­ma anche nel lun­go peri­o­do diven­terà pos­si­bile antic­i­pare il proces­so di riduzione del­la pres­sione fis­cale».