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«L’in­ter­ven­to di Sil­vio Berlus­coni a Por­ta a Por­ta mi è par­so otti­mo, nel meto­do e nel mer­i­to. Quan­to agli ele­men­ti di meto­do, mi è sem­bra­to molto con­vin­cente il fat­to di insis­tere su alcu­ni pun­ti pro­gram­mati­ci (pochi e assai chiari), di pre­an­nun­cia­rne la traduzione in dis­eg­ni di legge, e anche (sor­pre­sa pos­i­ti­va) in qualche decre­to-legge, pro­prio per dare il sen­so di una pos­si­bile ter­apia d’ur­to».

A par­lare non sono i soli­ti agiografi berlus­co­ni­ani Bon­di e Baget Boz­zo, ma Daniele Capez­zone, l’ex pupil­lo di Mar­co Pan­nel­la, già gio­vanis­si­mo seg­re­tario dei Rad­i­cali ital­iani e pres­i­dente del­la Com­mis­sione Attiv­ità pro­dut­tive del­la Cam­era in quo­ta Rosa nel Pug­no, pro­tag­o­nista del remake di un brut­to film già vis­to troppe volte dalle par­ti di via di Torre Argenti­na: l’il­lu­mi­nazione sul­la via di Arcore. Così dopo Elio Vito, Mar­co Taradash e Benedet­to Del­la Vedo­va, un altro rad­i­cale più o meno autorev­ole traslo­ca alle dipen­den­ze del padre padrone del cen­trode­stra.

Il traslo­co è sta­to prepara­to con cura. Dopo essere sta­to elet­to alla Cam­era con l’U­nione, Capez­zone qualche mese fa ha scommes­so tut­to sul­la fine pre­matu­ra del gov­er­no Pro­di, pro­muoven­do il net­work Decidere.net e com­in­cian­do a flirtare con il cen­trode­stra, pri­ma con Fini e poi con lo stes­so Berlus­coni. Non per assi­cu­rar­si una poltrona di ran­go anche nel­la prossi­ma leg­is­latu­ra, come sosten­gono i suoi crit­i­ci, ma soltan­to «per dare una mano».

Impeg­no, quest’ul­ti­mo, che fino­ra ha assolto dili­gen­te­mente, soprat­tut­to a colpi di dichiarazioni ad alto tas­so di superla­tivi, che riva­leg­giano per devozione al capo con quelle di berlus­cones di lun­go cor­so del cal­i­bro di Bonaiu­ti, Cic­chit­to e Schi­fani. Come l’8 feb­braio, quan­do ha assi­cu­ra­to che l’annun­cio del pat­to elet­torale tra Forza Italia e An fat­to da Berlus­coni «è davvero impor­tan­tis­si­mo. Mi pare assai pos­i­ti­vo che larghissi­mi set­tori del­la Cdl con­vergano nel nuo­vo prog­et­to del Popo­lo del­la Lib­ertà, e offra­no così una coesa pro­pos­ta di gov­er­no agli elet­tori. A questo pun­to, quel­la che si apre può addirit­tura assumere i con­no­tati di una cam­pagna elet­torale stor­i­ca». Ai pos­teri l’ar­d­ua sen­ten­za.

L’ex seg­re­tario dei rad­i­cali potrà dare una mano alla causa del suo nuo­vo nume tute­lare anche in qual­ità di diret­tore politi­co del Veli­no, agen­zia di stam­pa ten­dente a destra. In un arti­co­lo ded­i­ca­to pro­prio a questo nuo­vo incar­i­co, assun­to a fine dicem­bre, Angela Bianchi lo descrive così su Pri­ma Comu­ni­cazione: «Affab­u­la­tore esten­u­ante, capace di ful­minare chi­unque con bat­tute che non ven­gono stem­per­ate dal suo volto di ragaz­zo per­bene, Capez­zone è un bravis­si­mo pro­mot­er di se stes­so. Chi lo conosce bene, come il diret­tore di Radio Rad­i­cale Mas­si­mo Bor­din, lo parag­o­na nien­te­meno che a Zelig, il mul­ti­forme per­son­ag­gio di Woody Allen, per la sua capac­ità di “inglo­bare stili e anche caden­ze”. Sul fed­er­al­is­mo, ad esem­pio, sostiene di pen­sar­la come Bossi. Sulle riforme isti­tuzion­ali dichiara di essere in grande sin­to­nia con Fini. È, ovvi­a­mente, a favore del ref­er­en­dum elet­torale pro­mosso da Gio­van­ni Guzzetta, Mario Seg­ni e com­pa­ny. Sulle lib­er­al­iz­zazioni è un gran sosten­i­tore di Bersani. Sulle tasse sposa appieno la lin­ea di Mon­teze­mo­lo. Fila d’amore e d’ac­cor­do con i cir­coli del­lu­tri­ani e sti­ma molto Berlus­coni che, come ama ripetere, quan­do lo incon­trò per la pri­ma vol­ta non mancò di far­gli i com­pli­men­ti per le sue per­for­mance tele­vi­sive».

Le capac­ità di adat­ta­men­to di Capezzelig sono in effet­ti sor­pren­den­ti. Nel mar­zo 2006, alla vig­ilia delle ultime elezioni, il Daniele di cen­trosin­is­tra ave­va tuona­to con­tro l’ar­ri­vo nelle case degli ital­iani di uno stam­pa­to che «elen­ca le cosid­dette “33 gran­di riforme messe in opera dal Gov­er­no Berlus­coni”. Ebbene, non risul­tano tra di esse le nuove dis­po­sizioni sul­la tossi­codipen­den­za, meglio conosciute come “legge Fini”. Se si va sul sito di Forza Italia, le “33 gran­di riforme” sono già divenute 36, ma con­tin­ua a non esser­ci la legge Fini, men­tre per far con­tento Bossi è sta­ta aggiun­ta la legge sul­la legit­ti­ma dife­sa. Altro che attac­co a tre punte».

Poi l’at­tac­co diret­to al lid­er max­i­mo Sil­vio, inau­di­to alla luce del Capez­zone di oggi con licen­za di superla­ti­vo: «Berlus­coni ha la coda di paglia: sa che è impos­si­bile con­vin­cere l’elet­tora­to lib­erale che è sta­ta una “grande rifor­ma” l’aver fat­to let­teral­mente di ogni erba un fas­cio, fre­gan­dosene di qual­si­asi con­sid­er­azione sci­en­tifi­ca così come del basi­lare buon sen­so. Meglio tacere e cen­surare, quin­di. E, soprat­tut­to, non far sapere ai gen­i­tori che i loro figli rischi­ano anni e anni di carcere per pochi spinel­li…». Sulle tasse, poi, «Berlus­coni è come Wan­na Marchi e Tremon­ti è il suo Mago do Nasci­men­to».

Questi giudizi tagli­en­ti, pro­nun­ciati meno di due anni fa, in estate non gli han­no imped­i­to di accarez­zare l’idea di un appro­do tra le fila di Allean­za Nazionale, sec­on­do molti benedet­to pro­prio da Gian­fran­co Fini. L’ipote­si che un antiproibizion­ista con­vin­to come lui si accasasse nel par­ti­to più proibizion­ista di tut­ti non ha entu­si­as­ma­to, però, i colon­nel­li del par­ti­to, in prim­is Mau­r­izio Gas­par­ri, che ha esclu­so «in maniera asso­lu­ta una ade­sione di Capez­zone ad An, pre­cisan­do che «per stare in An bisogna essere con­tro ogni ipote­si di legal­iz­zazione del­la dro­ga e per il dirit­to alla vita». Adesso, gra­zie al Popo­lo del­la Lib­ertà, sem­bra­no comunque des­ti­nati a ritrovar­si sot­to lo stes­so tet­to politi­co, con buona pace del­l’ex min­istro delle Comu­ni­cazioni (sigh) e di La Rus­sa, con­vin­to fino a pochi mesi fa che «la sto­ria e i val­ori sia nos­tri che suoi ren­dono impos­si­bile mil­itare nel­lo stes­so par­ti­to». Mai dire mai, Ignazio.

In atte­sa di even­tu­ali svolte in sen­so proibizion­ista che tran­quil­lizzi­no i nuovi com­pag­ni di par­ti­to — com­pre­so l’ex Udc Car­lo Gio­va­nar­di con cui in pas­sato ha avu­to qualche diver­gen­za di opin­ione — Capezzelig ha fat­to pas­si da gigante nel suo rap­por­to con la Chiesa, fon­da­men­tale per ambire a una car­ri­era polit­i­ca decente, tan­to più nelle fila del sedi­cente Popo­lo del­la Lib­ertà. Il con­fron­to tra le sue dichiarazioni di un anno fa e quelle più recen­ti è illu­mi­nante. A gen­naio 2007, di fronte alle critiche del papa con­tro «i ten­ta­tivi di rel­a­tiviz­zare la famiglia con­fer­en­dole lo stes­so statu­to di forme rad­i­cal­mente diverse», ovvero l’in­ten­zione del gov­er­no di riconoscere alcu­ni dirit­ti alle cop­pie di fat­to, il gio­vane pres­i­dente del­la Com­mis­sione Attiv­ità Pro­dut­tive del­la Cam­era ave­va accusato sen­za mezzi ter­mi­ni il Vat­i­cano di «ali­menta­re lo scon­tro ide­o­logi­co».

Stes­sa accusa recap­i­ta­ta nel­lo stes­so peri­o­do a Rui­ni: «Non voglio nep­pure entrare nel mer­i­to delle sin­gole affer­mazioni del car­di­nale su Pacs, eutana­sia e quan­t’al­tro. Né con­testo il fat­to che pos­sa esprimer­si: ci mancherebbe. Mi lim­i­to a due osser­vazioni. La pri­ma è che par­la come un pre­mier o come un capopar­ti­to che det­ta l’a­gen­da al (suo) gov­er­no e al par­la­men­to. La sec­on­da è che, se vogliamo essere davvero liberi, servirebbe la lin­ear­ità e la chiarez­za del sis­tema amer­i­cano, dove cias­cuno (e anche le autorità reli­giose delle diverse con­fes­sioni) entra­no rego­lar­mente nel­la sfera pub­bli­ca, ma lo fan­no sen­za priv­i­le­gi, sen­za Con­corda­to e sen­za otto per mille».

Dod­i­ci mesi dopo, Rui­ni non è più pres­i­dente del­la Con­feren­za epis­co­pale ital­iana ma con­tin­ua a par­lare come un capopar­ti­to che det­ta l’a­gen­da al suo gov­er­no e al par­la­men­to. Capezzelig, invece, non sta più con il cen­trosin­is­tra e ha adat­ta­to le sue opin­ioni di con­seguen­za. A farne le spese i docen­ti con­trari alla visi­ta di papa Ratzinger alla Sapien­za di Roma, accusati di com­por­ta­men­to «cul­tural­mente mis­ero e politi­ca­mente autole­sion­ista» e bol­lati come rap­p­re­sen­tan­ti di una cul­tura laica «vec­chia e inadegua­ta». Laici che «offendono laic­ità e lib­er­al­is­mo» e «dan­no vita a una pro­va di debolez­za che la dice lun­ga non solo sul loro carat­tere alib­erale o illib­erale, ma anche sul­la loro dram­mat­i­ca inadeguatez­za polit­i­ca e cul­tur­ale». Det­to da uno che si è fer­ma­to alla matu­rità clas­si­ca può sem­brare ecces­si­vo, ma il ragaz­zo si farà, specie se con­tin­ua a scri­vere let­tere con San­dro Bon­di, un mostro di cul­tura con cui con­di­vide anche l’es­pe­rien­za del cam­bio di par­roc­chia.

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