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«Il mes­sag­gio del­l’Iowa è sem­plice ma assor­dante: se sei can­dida­to alla pres­i­den­za e hai vota­to a favore del­la guer­ra, per­di. E se hai vota­to, vota­to e vota­to di nuo­vo per la guer­ra — sen­za mostrare mai alcun rimor­so — per­di davvero». Inizia così il mes­sag­gio con cui Michael Moore ha com­men­ta­to a cal­do il risul­ta­to del­la pri­ma tap­pa del­la lun­ga cor­sa alla Casa Bian­ca, des­ti­na­ta a con­clud­er­si con l’Elec­tion Day del prossi­mo 4 novem­bre.

Il reg­ista di Bowl­ing a Columbine, Fahren­heit 9/11 e Sicko sot­to­lin­ea che «più del 70 per cen­to dei demo­c­ra­ti­ci del­l’Iowa ha vota­to per can­di­dati che non han­no mai vota­to in favore del­l’in­va­sione del­l’I­raq (Oba­ma, Richard­son, Kucinich) o che dopo aver­lo fat­to han­no ammes­so di aver commes­so un errore (Edwards, Biden, Dodd)». Moore si dice sin­ce­ra­mente dispiaci­u­to per Hillary Clin­ton, per­ché è con­vin­to che nem­meno lei sia mai sta­ta davvero una con­vin­ta sosten­i­trice del­la guer­ra, «ma ha fat­to ciò che ha pen­sato fos­se la mossa polit­i­ca migliore per essere elet­ta alla pres­i­den­za. E si è sbagli­a­ta. Adesso deve chieder­si che cosa sarebbe suc­ces­so se avesse vota­to sec­on­do coscien­za invece che con la cal­co­la­trice».

Dopo aver bac­chet­ta­to l’ex first lady, Moore si ral­le­gra per il buon risul­ta­to ottenu­to da John Edwards, già can­dida­to alla vicepres­i­den­za con Ker­ry quat­tro anni fa. Fino­ra nei sondag­gi gli è toc­ca­to il ruo­lo di ter­zo inco­mo­do nel duel­lo tra Barack Oba­ma e Hillary Clin­ton, ma in Iowa si è piaz­za­to sec­on­do dietro Oba­ma e davan­ti all’ex first lady. Edwards, sec­on­do il reg­ista, è sta­to capace di spogliar­si dei pan­ni del vec­chio polit­i­cante per trasfor­mar­si in una per­sona vera, schier­a­ta dal­la parte dei poveri, di chi non si può per­me­t­tere un’as­si­cu­razione san­i­taria — il tema al cen­tro del suo ulti­mo film — e del­la pace. «Come ha evi­den­zi­a­to Joshua Hol­land di Alter­Net — pre­cisa infat­ti Moore — Edwards è tut­to­ra l’u­ni­co can­dida­to tra quel­li favoriti che riporterà a casa tutte le truppe, e lo farà il più velo­ce­mente pos­si­bile. Il suo dis­cor­so dopo il voto in Iowa è sta­to bril­lante e com­movente».

L’e­si­to del cau­cus del 3 gen­naio per Moore è stra­or­di­nario «non solo per Barack Oba­ma, ma per l’Amer­i­ca. So che il sen­a­tore Oba­ma è molto di più del col­ore del­la sua pelle, ma tut­ti dob­bi­amo pren­dere atto e fes­teggia­re il fat­to che uno degli Sta­ti più bianchi degli Sta­ti Uni­ti ha vota­to per eleg­gere un nero come nos­tro prossi­mo pres­i­dente. Gra­zie, Iowa, per questo momen­to stori­co. Gra­zie almeno per aver­ci las­ci­a­to credere che siamo migliori di quan­to spes­so sem­bri­amo essere. È un momen­to che ci rende orgogliosi anche per i molti gio­vani che si sono mobil­i­tati e sono andati a votare, e a votare per Oba­ma. È com­in­ci­a­to tut­to con il tas­so di parte­ci­pazione record dei gio­vani alle pres­i­den­ziali del 2004 — l’u­ni­co grup­po ana­grafi­co in cui ha preval­so Ker­ry — e anche ques­ta vol­ta sono ritor­nati in mas­sa. Auguro del bene a cias­cuno di voi!».

Il reg­ista rib­adisce che con il loro voto per Oba­ma, l’u­ni­co tra i can­di­dati favoriti a essere con­tro la guer­ra pri­ma che la guer­ra com­in­ci­asse, gli abi­tan­ti di questo Sta­to del Mid­west han­no volu­to lan­cia­re un mes­sag­gio forte e chiaro: «Ripor­tateli a casa!». Il fat­to che molti com­men­ta­tori pro­pongano una let­tura diver­sa del voto per Moore è nor­male, per­ché «la mag­gio­ran­za di loro ci ha con­dot­to alle­gra­mente sul sen­tiero di guer­ra. Definire il voto del­l’Iowa un ripu­dio del­la guer­ra — e dei quat­tro anni di voti a sosteg­no del­la guer­ra del­la sen­a­trice Clin­ton — li costrin­gerebbe a ricor­dare ai loro let­tori e ascolta­tori che anche loro han­no delle respon­s­abil­ità per la guer­ra. E, al pari di Hillary, sono dan­nata­mente pochi quel­li di loro che ci han­no chiesto scusa».

Più anco­ra del­la vit­to­ria di Oba­ma, però, sec­on­do Michael Moore la vera buona notizia prove­niente dal cau­cus del­l’Iowa è il dato del­la grande parte­ci­pazione al voto degli elet­tori demo­c­ra­ti­ci. Ai seg­gi si sono pre­sen­tati infat­ti in 239mila, il 93 per cen­to in più rispet­to al 2004 e il doppio rispet­to ai 115mila repub­bli­cani che il 3 gen­naio han­no fat­to altret­tan­to. Una dif­feren­za con­sis­tente resa anco­ra più sig­ni­fica­ti­va, come evi­den­zia lo stes­so Moore, dal fat­to che si trat­ta di uno “Sta­to rosso”, ovvero tradizional­mente schier­a­to con i repub­bli­cani.

Il reg­ista trae motivi di ottimis­mo anche dalle espres­sioni «tristi e stanche» stam­pate sulle fac­ce degli elet­tori repub­bli­cani: «Men­tre le tele­camere seguiv­ano alcu­ni di loro ai seg­gi, tenevano le teste basse o girate dal­l’al­tra parte, un po’ come i crim­i­nali quan­do entra­no in tri­bunale. San­no che i loro giorni al potere sono fini­ti. San­no che il loro uomo ha manda­to tut­to in mal­o­ra. La loro uni­ca sper­an­za era quel­la di votare un can­dida­to che ha una lin­ea diret­ta con il par­adiso. Huck­abee è la loro mossa del­la dis­per­azione, ma non va sot­to­va­l­u­ta­to. È spir­i­toso, alla mano e ha det­to che se sarà elet­to mi met­terà su una bar­ca diret­ta a Cuba. Hey, una vacan­za gratis ai Caraibi!».

Alla luce del­l’af­fluen­za reg­is­tra­ta ai cau­cus, Moore pronos­ti­ca che il 4 novem­bre l’Iowa «diven­terà blu», cioè a mag­gio­ran­za demo­c­ra­t­i­ca, ma avverte che i repub­bli­cani non si rasseg­n­er­an­no alla scon­fit­ta sen­za com­bat­tere. Come viene ricorda­to spes­so, infat­ti, i repub­bli­cani pos­sono essere pes­si­mi a gov­ernare, ma sono bravis­si­mi a vin­cere le elezioni, anche ricor­ren­do a colpi bassi e al sosteg­no medi­ati­co del­la mag­gio­ran­za con­ser­va­trice preva­lente all’in­ter­no dei net­work radiotele­vi­sivi. Da qui il con­siglio riv­olto a Oba­ma: «Tieni pre­sente quel­lo che è cap­i­ta­to a Ker­ry quan­do ha prova­to a gio­care puli­to. Puoi par­lare quan­to vuoi del­la neces­sità di met­tere da parte la faziosità e andare avan­ti insieme, ma quel­li del­la con­troparte non han­no alcu­na inten­zione di essere altro che i bul­li che sono».

Uno dei temi più impor­tan­ti — se non “il” tema più impor­tante — del­la cam­pagna per le pres­i­den­ziali è rap­p­re­sen­ta­to dal­la capac­ità di attrarre finanzi­a­men­ti, sem­pre più deci­sivi per avere qualche chance di vit­to­ria. La gara per la Casa Bian­ca, infat­ti, si dis­pu­ta su un doppio bina­rio: quel­lo dei voti e quel­lo dei sol­di dei dona­tori. Nel 2008 si prevede che i costi del­la cam­pagna super­eran­no per la pri­ma vol­ta la quo­ta di un mil­iar­do di dol­lari ed è sta­to cal­co­la­to che per sper­are di vin­cere cias­cun can­dida­to in liz­za per la Casa Bian­ca dovrà rius­cire a met­tere insieme almeno 500 mil­ioni.

Fino­ra Hillary Clin­ton, gra­zie anche all’aiu­to del mar­i­to, è rius­ci­ta a raci­mo­larne cir­ca 91, tal­lona­ta da Oba­ma a quo­ta 80. Più in dif­fi­coltà i repub­bli­cani, fer­mi ai 63 mil­ioni di Mitt Rom­ney e ai 47 del­l’ex sin­da­co di New York, Rudy Giu­liani (qui il det­taglio dei fon­di rac­colti dai can­di­dati demo­c­ra­ti­cirepub­bli­cani).

Tra i prin­ci­pali finanzi­a­tori del­la cam­pagna del­la Clin­ton, che nei pri­mi anni di pres­i­den­za del mar­i­to si era fat­ta pal­ad­i­na del­la battaglia — per­sa — per l’esten­sione del dirit­to all’as­sis­ten­za san­i­taria anche alle fasce meno abbi­en­ti, fig­u­ra­no pro­prio le multi­nazion­ali di “Big Phar­ma”. Il sec­on­do mag­gior ben­e­fi­cia­rio di queste don­azioni, però, è pro­prio il tri­onfa­tore del­l’Iowa, Barack Oba­ma. La cosa non è sfug­gi­ta a Moore, che ha chiesto spie­gazioni al sen­a­tore del­l’Illi­nois a propos­i­to del fat­to che adesso «pren­di più sol­di di ogni can­dida­to repub­bli­cano dal­la gente che è deter­mi­na­ta a impedire l’esten­sione del­l’as­sis­ten­za san­i­taria a tut­ti i cit­ta­di­ni».

A pre­scindere da quel­la che potrebbe essere la rispos­ta di Oba­ma, Moore assi­cu­ra comunque di essere orgoglioso di quan­to avvenu­to in Iowa e guar­da già alla prossi­ma tap­pa delle pri­marie, in pro­gram­ma mart­edì 8 gen­naio: «E adesso sot­to con l’al­tro Sta­to com­ple­ta­mente bian­co del New Hamp­shire!».

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Commento

  1. Moore non ha mai azzec­ca­to una pre­vi­sione polit­i­ca.
    Per me la vera notizia è l’enorme mole di spese elet­torali. Come cavo­lo fa un can­dida­to a non essere influen­za­to da chi ti dà tut­ti quei sol­di?

  2. Sul­la capac­ità di Michael Moore di azzec­ca­re le pre­vi­sioni politiche, almeno per quan­to riguar­da le pres­i­den­ziali amer­i­cane, purtrop­po devo dare ragione a mar­cov. Più che azzec­ca­re le pre­vi­sioni, però, mi sem­bra che cer­chi soprat­tut­to di spin­gere la gente a mobil­i­tar­si, sforzan­dosi di enfa­tiz­zare gli aspet­ti più pos­i­tivi. Come il dis­cor­so di Edwards, che forse non diven­terà mai pres­i­dente ma che il 3 gen­naio ha det­to con chiarez­za e abil­ità ora­to­ria (è avvo­ca­to) cose che ormai è raro sen­tire da un can­dida­to alla pres­i­den­za. E tra l’al­tro — altra cosa sem­pre più rara — ha cita­to Dio solo nel tradizionale “God bless you” di fine dis­cor­so.

    L’ap­pro­fondi­men­to sulle spese elet­torali, di cui mi ero già occu­pa­to in pas­sato, l’ho aggiun­to io per­ché mi sem­bra che com­pleti bene il dis­cor­so di Moore sulle don­azioni del­l’in­dus­tria san­i­taria a Hillary Clin­ton e Oba­ma. Di fronte a certe cifre sem­bra lecito par­lare di plu­tocrazia, piut­tosto che di democrazia, pro­prio per­ché è dif­fi­cile non subire dei con­dizion­a­men­ti da parte di chi stac­ca asseg­ni mil­ionari e non è abit­u­a­to a spendere sen­za avere qual­cosa in cam­bio.

    È anche per questo che con­di­vi­do lo scetti­cis­mo di Neg­a­tive rispet­to alla pos­si­bil­ità che un’even­tuale vit­to­ria dei demo­c­ra­ti­ci com­por­ti una reale dis­con­ti­nu­ità rispet­to alla polit­i­ca di Bush & C., anche se peg­gio del­l’at­tuale ammin­is­trazione è davvero dif­fi­cile fare.

  3. Spero che non preval­gano can­di­dati inte­gral­isti come quel­lo repub­bli­cano che si è affer­ma­to nel pri­mo test. Per il resto fac­cio con­to, su questi tuoi pun­tu­ali e infor­mati arti­coli per seguire le elezioni amer­i­cane e far­mi una mia idea più pre­cisa sul can­dida­to meno peg­gio tra i demo­c­ra­ti­ci. Al prossi­mo arti­co­lo

  4. Con­di­vi­do il com­men­to di Mar­cov. Per il momen­to non riesco ad appas­sion­ar­mi alle elezioni amer­i­cane, anche se ho let­to con inter­esse il tuo arti­co­lo. Sarà che non ho anco­ra super­a­to l’an­tipa­tia per gli statu­niten­si a causa del­l’ar­ro­gan­za man­i­fes­ta­ta in varie situ­azioni (Cer­mis, Sgrena e Cal­li­pari; rifi­u­to del tri­bunale inter­nazionale, del­la mora­to­ria del­la pena di morte, del pro­to­col­lo di Kyoto, ecc.). Mi piace Michael Mooore pro­prio per­ché non sem­bra un amer­i­cano.