Lunedì scorso, nella seduta della Giunta per le elezioni della Camera che si è conclusa con l’approvazione della proposta di “annullamento per motivi di ineleggibilità sopravvenuti” del suo mandato da deputato, Cesare Previti, condannato in via definitiva a sei anni di reclusione per corruzione giudiziaria nel processo Imi-Sir, con la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, si è lamentato di essere «vittima di una persecuzione vergognosa». L’Affaire Dreyfus, in confronto, una bazzeccola.
Se ha ragione Previti, oltre che vergognosa la persecuzione nei suoi confronti è stata, però, anche piuttosto sgangherata, visto che sono trascorsi più di 14 mesi tra la sentenza definitiva della Cassazione (4 maggio 2006) e la decisione della Giunta per le elezioni (9 luglio 2007), che tra l’altro deve ancora passare al vaglio della Camera. Sempre che il ritardo non sia stato, in realtà, un astuto diversivo attuato dai suoi perfidi persecutori per sviare i sospetti.
Nel frattempo il parlamentare di Forza Italia a fine mese continua a incassare regolarmente i 14mila euro dello stipendio da deputato — senza dubbio è il “perseguitato” meglio retribuito della storia — e ha ottenuto, grazie alle maglie larghe dell’indulto bipartisan varato l’anno scorso, l’affidamento ai servizi sociali. Quest’ultima concessione, però, è saltata dopo l’ulteriore sentenza di condanna a un anno e mezzo confermata ieri dalla Cassazione nell’ambito del processo Lodo-Mondadori. Anche in questo caso Previti è stato riconosciuto colpevole in via definitiva di corruzione giudiziaria.
La sua difesa, lungi dal puntare a una banale assoluzione per estraneità ai fatti per cui è stato condannato, ha preferito puntare sui soliti cavilli da azzeccagarbugli per ottenere quella che sarebbe stata una provvidenziale prescrizione del reato. Gli è andata male e adesso il Dreyfus de noantri, già avvocato di Berlusconi e ministro della Difesa nel suo primo governo, insieme agli altri condannati dovrà pagare le spese processuali e rifondere le parti civili con ben 38mila euro complessivi, pari a quasi tre mensilità della sua indennità parlamentare.
Quel che è peggio è che Previti dovrà addirittura tornare per una ventina di giorni — più o meno gli stessi appena passati in carcere da Paris Hilton per guida in stato di ebbrezza — agli arresti domiciliari, nella sua dimora romana di piazza Farnese. Un angusto appartamentino di circa 250 metri quadrati nel centro storico della capitale dove probabilmente si dedicherà, sull’esempio di Silvio Pellico e Antonio Gramsci, alla stesura di un sicuro best seller sul suo calvario giudiziario. Il gulag di Solzenicyn, in confronto, una bazzeccola.
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