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Gli infor­tu­ni sul lavoro peg­gio del­la guer­ra in Iraq. A pro­porre questo ardi­to paragone è l’Eurispes, che ha real­iz­za­to — con il patrocinio del pres­i­dente del­la Com­mis­sione Attiv­ità pro­dut­tive del­la Cam­era, Daniele Capez­zone — una “map­patu­ra” del fenom­e­no delle mor­ti bianche in Italia, pre­sen­ta­ta oggi a Mon­tecito­rio. Per far tornare i con­ti, però, l’is­ti­tu­to di stu­di politi­ci, eco­nomi­ci e sociali si è con­ces­so qualche forzatu­ra di trop­po. A par­tire dal­la scelta di con­teggia­re soltan­to i mil­i­tari del­la coal­izione occi­den­tale mor­ti nel­la sec­on­da guer­ra del Gol­fo nel peri­o­do com­pre­so tra l’aprile del 2003 e l’aprile del 2007 — 3.520 — mes­si a con­fron­to con i 5.252 cadu­ti sul lavoro in Italia dal 2003 all’ot­to­bre 2006.

A sus­citare ulte­ri­ori per­p­lessità è la scelta delle fonti, quan­to meno curiosa per un isti­tu­to di ricer­ca. Le sta­tis­tiche sulle vit­time mil­i­tari in Iraq, infat­ti, sono trat­te da una pag­i­na di Wikipedia, la nota enci­clo­pe­dia online a con­tenu­to libero, redat­ta in modo col­lab­o­ra­ti­vo da volon­tari. Una fonte alter­na­ti­va che, tra l’al­tro, ripor­ta altri numeri “inter­es­san­ti” a propos­i­to del con­flit­to iracheno, sui quali l’Eurispes ha però prefer­i­to sor­volare. Quel­lo dei civili iracheni mor­ti a causa del­la guer­ra, per esem­pio, com­pre­so tra una sti­ma min­i­ma di 63mila e i 650mila ipo­tiz­za­ti dal­la riv­ista med­ica Lancet.

Il fine, però, gius­ti­fi­ca i mezzi. Forza­ture com­p­rese. E il fine dichiara­to di Capez­zone è quel­lo di tenere alta l’at­ten­zione sul tema degli infor­tu­ni sul lavoro, in un Paese in cui «l’a­gen­da polit­i­ca pro­cede a sca­den­za set­ti­manale. C’è la set­ti­mana del­la ped­ofil­ia, quel­la del­la dro­ga. Il prob­le­ma è che tut­to si esaurisce così. Noi vogliamo che lo stes­so non acca­da con gli infor­tu­ni sul lavoro. A ven­ti giorni dal pri­mo mag­gio, invece, l’im­pres­sione è che si rischia di ripetere la stes­sa cosa». Il pres­i­dente del­la Com­mis­sione Attiv­ità pro­dut­tive del­la Cam­era giu­di­ca «impres­sio­n­ante» il quadro trac­cia­to dal­l’Eurispes e pun­ta l’indice con­tro il mec­ca­n­is­mo di appalti e sub­ap­palti, e la realtà del nero e del som­mer­so. Per Capez­zone, che si dice vici­no alle esi­gen­ze delle imp­rese in virtù del suo ruo­lo isti­tuzionale, è nec­es­sario «inten­si­fi­care i con­trol­li sul­la sicurez­za» invece di «ves­sare le aziende dal pun­to di vista fis­cale e buro­crati­co».

Stupisce, da parte di un espo­nente del­la mag­gio­ran­za, la man­can­za di qual­si­asi rifer­i­men­to alle inizia­tive por­tate avan­ti su questo fronte, negli ulti­mi mesi, dal min­istro del Lavoro, Cesare Dami­ano. E a una pre­cisa doman­da sul testo uni­co sul­la sicurez­za, attual­mente all’e­same del Sen­a­to, Capez­zone ha repli­ca­to sbriga­ti­va­mente con un gener­i­co accen­no alla neces­sità di «capire meglio» tem­pi e per­cor­si del provved­i­men­to, sot­to­lin­e­an­do piut­tosto la sua volon­tà di costru­ire «fili con­creti» tra destra e sin­is­tra per uno sfor­zo bipar­ti­san con­tro la pia­ga degli infor­tu­ni.

Il com­pi­to di illus­trare più nel det­taglio quel­lo che è sta­to defini­to il «bol­let­ti­no di guer­ra» degli infor­tu­ni sul lavoro è toc­ca­to, invece, al pres­i­dente del­l’Eurispes, Gian Maria Fara, che ha ricorda­to come le due prime ricerche real­iz­zate dal suo isti­tu­to nel 1982 riguardassero pro­prio le mappe di ris­chio degli infor­tu­ni e il loro cos­to socio-eco­nom­i­co. «Le cifre — ha pre­cisato Fara — grosso modo restano quelle di 25 anni fa, anche se nel frat­tem­po è miglio­ra­ta la nos­tra capac­ità di mon­i­torare il fenom­e­no delle mor­ti bianche».

Il pres­i­dente del­l’Eurispes ha aggiun­to che «gli infor­tu­ni sul lavoro costano ogni anno 50 mil­iar­di di euro al nos­tro Paese» e che «bisogna lavo­rare sul fronte del­la pre­ven­zione, ma anche del­la repres­sione». In par­ti­co­lare, occorre «riu­nire le strut­ture che si occu­pano di questo tema, iden­ti­f­i­can­do un sogget­to uni­co, l’I­nail, al quale attribuire tutte le com­pe­ten­ze in mate­ria assi­cu­ra­ti­va, repres­si­va, di pre­ven­zione e riabil­i­tazione, superan­do l’at­tuale sovrap­po­sizione di ruoli tra Asl, min­is­tero, Inail, Ispesl e marit­ti­mi, i cui mor­ti non fig­u­ra­no nem­meno nelle sta­tis­tiche Inail». A propos­i­to del­l’indagine real­iz­za­ta dal­l’Eurispes, Fara ha indi­ca­to come «pecu­liar­ità» la pre­sen­za degli «indi­ci di fre­quen­za» degli infor­tu­ni, che non mis­ura­no il fenom­e­no in asso­lu­to ma in rap­por­to al numero dei lavo­ra­tori. Ne emerge che «la fre­quen­za degli infor­tu­ni è più alta nel Mez­zo­giorno, dove evi­den­te­mente vi è una scarsa osser­van­za delle norme di sicurez­za».

Di pecu­liare, però, il rap­por­to Eurispes pre­sen­ta­to oggi a Mon­tecito­rio ha molto poco. Qua­si tut­ti i dati citati, indi­ci di fre­quen­za com­pre­si, sono infat­ti già sta­ti pub­bli­cati dal­l’I­nail, e sono lib­era­mente con­sulta­bili nel­la ban­ca dati sta­tis­ti­ca del­l’Is­ti­tu­to. Peg­gio anco­ra, l’anal­isi esplo­rati­va del­l’Eurispes si fer­ma in tutte le tabelle al 2005, men­tre l’I­nail ha già reso pub­bli­ci i dati non con­sol­i­dati del 2006 e del pri­mo trimestre 2007, ogget­to giovedì scor­so di una con­feren­za stam­pa del min­istro Dami­ano. Da queste ril­e­vazioni emerge che il numero dei mor­ti sul lavoro nel 2006 è cresci­u­to del 2,2 per cen­to rispet­to all’an­no prece­dente. Nel trend di medio peri­o­do 2002–2006, però, si è pas­sati dalle 1.478 vit­time del 2002 alle 1.302 del­l’an­no scor­so.

Arti­co­lo pub­bli­ca­to sul­l’a­gen­zia Redat­tore Sociale il 22 mag­gio 2007

 
Aggior­na­men­to. Come ho fat­to pre­sente il 6 giug­no in un com­men­to a un post di Cesidio Ange­lan­toni, che come me ha trova­to inap­pro­pri­a­to — per usare un eufemis­mo — il paragone tra mor­ti sul lavoro e vit­time del­la guer­ra in Iraq, qualche giorno dopo aver scrit­to questo arti­co­lo ho scop­er­to che Daniele Capez­zone, oltre a essere pres­i­dente del­la Com­mis­sione Attiv­ità pro­dut­tive del­la Cam­era, dal gen­naio 2007 fa anche parte del con­siglio diret­ti­vo del­l’Eurispes. Si trat­ta di un det­taglio, cer­to, specie in un Paese in cui il con­flit­to di inter­es­si è la rego­la più che l’ec­cezione. Capez­zone, però, avrebbe dovu­to ricor­dar­lo ai gior­nal­isti inter­venu­ti alla pre­sen­tazione del­la “map­patu­ra” delle mor­ti sul lavoro, per­ché aiu­ta a con­tes­tu­al­iz­zare meglio la notizia e a ren­dere tut­to molto più chiaro.

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Commento

  1. final­mente ti si rilegge! ben­tor­na­to.
    un post quan­to mai d’in­ter­esse civile.…al di là del­la retor­i­ca sul fare di più ecc.…

  2. Ti ringrazio per il ben­tor­na­to. Fa piacere che qual­cuno si sia accor­to del mio “ritorno”, anche se in realtà non me ne sono mai anda­to. Il silen­zio delle ultime set­ti­mane è dovu­to soltan­to a una cron­i­ca man­can­za di tem­po, causa altri impeg­ni che, a dif­feren­za del sito, mi per­me­t­tono di sbar­care il lunario (più o meno). L’e­len­co delle ques­tioni di cui avrei volu­to occu­par­mi in questo peri­o­do è lun­go, e non è nem­meno esclu­so che lo fac­cia prossi­ma­mente. Con­fes­so, però, un po’ di sco­ra­men­to di fronte all’an­daz­zo gen­erale di questo peri­o­do.

  3. sul­la man­can­za di tempo…a chi lo dici. È dif­fi­cile tenere tut­to insieme. però cre­do tut­to som­ma­to mer­i­ti, per­ché se uno ded­i­ca un po’ di tem­po all’in­for­mazione i risul­tati si vedono…anche e soprat­tut­to in ter­mi­ni di segui­to.
    a presto

  4. Com­pli­men­ti per il post. Al di là del­la stru­men­tal­iz­zazione con il paragone dif­fi­cil­mente pro­poni­bile del­la Guer­ra in Iraq, il prob­le­ma degli infor­tu­ni sul lavoro (che in Italia si accom­pa­gna anche con l’al­tret­tan­to pesante bilan­cio degli inci­den­ti stradali, molti dei quali infor­tu­ni sul lavoro veri e pro­pri) è anche cul­tur­ale. Se gli operai pos­sono attribuire la respon­s­abil­ità al padrone che risparmia sul­la sicurez­za, gli arti­giani che sal­go­no sui tet­ti o che scen­dono nei pozzi sen­za pro­tezioni, o gli auto­trasporta­tori che guidano in ecces­so di veloc­ità lo fan­no (anche) per­ché non han­no la cul­tura del­la pre­ven­zione del­l’in­ci­dente.