in Intercultura, Giornalismo

A volte un trafilet­to può dire più di tan­ti con­veg­ni, tav­ole rotonde e sem­i­nari mes­si insieme. È il caso, per esem­pio, di quel­lo pub­bli­ca­to ieri su Repub­bli­ca per rias­sumere in 24 righe la sto­ria di Abdel­moname Ben Khal­i­fa Man­sour, un tunisi­no arresta­to nel mar­zo 2002 per­ché accusato di aver fat­to parte di un’or­ga­niz­zazione ter­ror­ista e ris­arci­to con 100mila euro per ingius­ta deten­zione, dopo aver pas­sato qua­si un anno e mez­zo in carcere pri­ma del­l’as­soluzione defin­i­ti­va. Quelle 24 righe, infat­ti, sono la pro­va del fat­to che sul­la stam­pa ital­iana il musul­mano è da pri­ma pag­i­na solo quan­do è accusato di aver ordi­to qualche sor­di­do piano ai dan­ni del Paese. Il musul­mano buono, invece, non fa notizia. Fa trafilet­to.

Il val­ore del­la sto­ria di Abdel­moname Ben Khal­i­fa Man­sour e del trafilet­to di 24 righe che gli è sta­to ded­i­ca­to — infi­la­to a poche colonne di dis­tan­za dal­l’ar­ti­co­lo che rac­con­ta, con un tito­lo a tut­ta pag­i­na, lo struggente tri­an­go­lo d’amore spaziale che ha por­ta­to in carcere una don­na astro­nau­ta — va però oltre le solite rif­les­sioni sul pre­sun­to “scon­tro di civiltà” tra Ori­ente e Occi­dente, Islam e Cris­tianes­i­mo, che ha fat­to da cupo leit motiv agli anni post 11 set­tem­bre.

Del resto i musul­mani di oggi incar­nano soprat­tut­to la ver­sione con­tem­po­ranea più get­to­na­ta del­la “vil raz­za dan­na­ta”. Lo stes­so ruo­lo da Sign­or Malaussene affib­bi­a­to in altre epoche o ad altre lon­gi­tu­di­ni a “ter­roni”, ebrei, neri, “zin­gari”, omoses­su­ali e anche agli stes­si cris­tiani, quan­do i Pacs era­no solo quat­tro let­tere sen­za alcun sig­ni­fi­ca­to.

Il trafilet­to pub­bli­ca­to da Repub­bli­ca riflette piut­tosto il con­formis­mo che per­vade buona parte dei media gen­er­al­isti a larga dif­fu­sione, nel sen­so che l’an­daz­zo gen­erale del­la stam­pa nos­trana è quel­lo di con­for­mar­si a quelle che si sup­pon­gono essere le aspet­ta­tive dei pro­pri let­tori, che non van­no infor­mati ma piut­tosto coc­co­lati e assec­on­dati con scelte edi­to­ri­ali che non con­trasti­no trop­po con la loro visione del mon­do, sec­on­do il vec­chio (e fal­so) ada­gio che il cliente ha sem­pre ragione.

Il risul­ta­to di questo gior­nal­is­mo con­formista sono gior­nali foto­copia, che propinano al let­tore lo stes­so menù — spes­so molto sim­i­le a quel­lo già servi­to dai tele­gior­nali del­la sera prece­dente — dis­tinguen­dosi l’uno dal­l’al­tro soltan­to per il con­torno che accom­pa­gna le por­tate prin­ci­pali, ovvero il pun­to di vista e l’o­rig­i­nal­ità dei com­men­ti con cui inter­pre­tano le stesse vicende.

Si trat­ta di con­sid­er­azioni tut­to som­ma­to banali, eppure a qua­si tut­ti i tim­o­nieri più influ­en­ti del­la nos­tra car­ta stam­pa­ta sem­bra sfug­gire il fat­to che la scelta di rel­e­gare la sto­ria di Abdel­moname Ben Khal­i­fa Man­sour in un trafilet­to vio­la una delle regole car­dine del gior­nal­is­mo. Quel­la che inseg­na che una notizia è tale solo quan­do l’uo­mo morde il cane. Non vicev­er­sa.

Nel con­testo del­la (dis)informazione ital­iana, infarci­ta da anni di non-notizie su pre­sun­ti atten­tati piani­fi­cati da pre­sun­ti atten­ta­tori musul­mani — accom­pa­g­nate da titoli a carat­teri cubitali — un musul­mano assolto e ris­arci­to per aver pas­sato ingius­ta­mente un anno e mez­zo in carcere equiv­ale all’uo­mo che morde il cane, e dunque meriterebbe l’onore e la vis­i­bil­ità del­la pri­ma pag­i­na. Altro che le infi­nite chi­ac­chiere sul Par­ti­to Demo­c­ra­ti­co, le oscure bagat­telle berlus­co­ni­ane o le let­tere di ambas­ci­a­tori con molto tem­po libero da riem­pire in qualche modo, che potreb­bero essere tran­quil­la­mente liq­ui­date con un trafilet­to come quel­lo ris­er­va­to al tunisi­no.

Nei con­veg­ni ded­i­cati alla rap­p­re­sen­tazione delle mino­ranze etniche e degli immi­grati sui nos­tri media si par­la spes­so del­la neces­sità di dare più spazio alla loro “nor­mal­ità”, evi­tan­do di sen­sazion­al­iz­zare sis­tem­ati­ca­mente le vicende che li riguardano. A volte, come in questo caso, sarebbe però suf­fi­ciente lim­i­tar­si a dare alla ver­ità, qualunque essa sia, lo spazio che meri­ta, anche a cos­to di met­tere in dis­cus­sione i pro­pri pregiudizi.

Si potrebbe com­in­cia­re, per esem­pio, con una sor­ta di par condi­cio del­la vis­i­bil­ità: se si sceglie di dedi­care una pag­i­na intera, con richi­amo in pri­ma, all’inchi­es­ta sui ver­ti­ci del­l’U­coii (Unione delle Comu­nità e Orga­niz­zazioni Islamiche in Italia) per istigazione all’o­dio razz­iale, come fa oggi Repub­bli­ca, è gius­to ris­er­vare lo stes­so trat­ta­men­to alla vicen­da di Abdel­moname Ben Khal­i­fa Man­sour. Forse un approc­cio di questo tipo gioverebbe anche alle ven­dite dei nos­tri quo­tid­i­ani, la cui dif­fu­sione è fer­ma agli stes­si liv­el­li di 70 anni fa.

Arti­co­lo pub­bli­ca­to anche su Medi­um

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Commento

  1. Scrivi sem­pre arti­coli per­ti­nen­ti e vai al cuore delle cose.
    Però mi stai un po’ sulle palle xke non lin­ki nesuno.…;-)
    Cloro

  2. Vis­to che il cliente ha sem­pre ragione, per i link provved­erò quan­to pri­ma… Scherzi a parte, se ti riferivi a quel­li in home page in effet­ti li ho trascu­rati un po’, anche se era­no già pre­sen­ti nel mio lunghissi­mo elen­co men­tale delle cose da fare. All’in­ter­no dei miei post, però, linko spes­so e volen­tieri, anche per­ché ho nota­to che chi legge di soli­to apprez­za il fat­to di pot­er con­sultare altre fonti sul­lo stes­so argo­men­to. I link in home page, almeno quel­li sul­la mia home page, sem­bra­no invece subire lo stes­so des­ti­no dei quadri appe­si alle pareti di casa. Dopo un po’ diven­tano parte inte­grante del­l’arredo e qua­si nes­suno ci fa più caso… Però anche l’arredo è impor­tante, quin­di provved­erò. Per il resto, gra­zie per le belle parole sui miei arti­coli. Avere dei riscon­tri pos­i­tivi a quel­lo che scri­vo mi fa sem­pre molto piacere, anche per­ché non è che capi­ti molto spes­so che chi apprez­za me lo fac­cia sapere.