Con il Porta a Porta andato in onda ieri sera, Bruno Vespa ha dimostrato che anche in televisione una volta toccato il fondo si può cominciare a scavare. Indossando contemporaneamente i panni di giudice, pubblico ministero, psicologo e critico letterario, infatti, il giornalista più pagato e onnipresente della Rai ha dato vita all’ennesima puntata (ormai sono più di 30) dedicata al delitto di Cogne.
Chi si fosse sintonizzato sulla prima rete del servizio pubblico a trasmissione iniziata avrebbe potuto scambiarla per una replica, perché accanto a Vespa sedevano i soliti ospiti con un posto fisso chez Bruno, a partire da un incontenibile avvocato Carlo Taormina e dallo psichiatra Paolo Crepet, con l’espressione di uno che per una volta avrebbe preferito essere altrove. Immediato, quindi, l’orrore nell’apprendere che la puntata era — di fatto — dedicata al lancio del libro “La Verità”, scritto a quattro mani dall’inviato di Gente Gennaro De Stefano e da Annamaria Franzoni, condannata in primo grado a 30 anni per l’omicidio del figlio Samuele, che lei continua a negare di aver commesso.
A completare il quadretto televisivo, un’intervista di Vespa alla stessa Franzoni e al marito Stefano Lorenzi, registrata in precedenza e accuratamente somministrata in piccole dosi sparse lungo l’arco della trasmissione, per accompagnare gli spettatori fino a notte inoltrata. Il tutto, ovviamente, in esclusiva, come rammentava una scritta in sovrimpressione.
Mentre in contemporanea su Canale 5 scorrevano le immagini del Senso della Vita di Bonolis, inutile chiedersi il senso del Porta a Porta di Vespa, che è servito soltanto a chiarire una volta per tutte qual è la raffinata strategia difensiva elaborata dall’avvocato Taormina. Al difensore della Franzoni, in una delle frequenti sfuriate retoriche che ormai fanno parte del personaggio, è sfuggita infatti una frase rivelatrice: «In Corte d’Assise l’opinione pubblica è maggioranza».
Memore della celebre e clamorosa assoluzione di OJ Simpson, il divo sportivo afro-americano accusato con prove apparentemente schiaccianti dell’omicidio di Ronald Goldman e dell’ex moglie Nicole Brown, Taormina evidentemente ha deciso di puntare tutto su una battaglia mediatica — condotta a colpi di Porta a Porta, libri e interviste varie — che convinca gli italiani, e in particolare quelli che faranno parte della giuria popolare che dovrà giudicare la sua assistita, della possibilità di un errore giudiziario. Le emozioni contrapposte alle prove, insomma.
A dispetto del numero delle puntate dedicate all’argomento, resta comunque difficile credere che a Vespa importi davvero qualcosa del delitto di Cogne e del piccolo Samuele. Share a parte, si intende. Sulla decisione di mandare in onda questo spottone per la prima fatica letteraria di Annamaria Franzoni, finanziato peraltro con i soldi del canone, può avere inciso semmai il fatto che il libro è edito dalla Piemme, casa editrice di Casale Monferrato che fa parte del gruppo Mondadori. Lo stesso — guarda caso — per cui Vespa pubblica ogni anno i suoi immancabili, superpubblicizzati volumi (il prossimo in arrivo fra un mese, giusto in tempo per le strenne natalizie).
Come ha insegnato Giulio Andreotti, uno dei politici prediletti dal conduttore di Porta a Porta, a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca. Ben fatto Bruno, marchetta compiuta.
Articolo pubblicato anche su Medium
Resto di sasso nel vedere che di questa storia se ne tragga un contorno politico.
Se guardi la realtà è tutto molto diverso. Chiunque abbia soggiornato o abitato nelle zone di montagna come Cogne, e conosce la tiplogia delle case, sa bene che sono case dove qualunque malintenzionato può nascondersi, sfuggire e agire, e magari fuggire in secondo tempo.
Trovo terribile non conservare neanche in dubbio e condannare come se si fosse assistito con i propri occhi. La giustizia è fatta dagli uomini e ANCHE dalle loro convinzioni. Personalmente sono piena di pietà e preferisco un colpevole fuori che una madre innocente dentro in carcere, dopo che è stata già vittima della più atroce delle tragedie.
E se scendessimo dalle nostre certezze? Chi ce le dà, queste certezze?
saluti velvet
Contorno politico? Condanne? Grazie per il commento, ma con tutta la buona volontà resto di sasso anch’io, perché:
1) in questo pezzo non si parla di politica (vabbè, a parte la citazione di Andreotti). Semmai dell’uso che Vespa fa della televisione pubblica e del canone tv;
2) le uniche “condanne”, trattasi però di critiche, sono a Bruno Vespa, alla sua trasmissione e alla linea difensiva scelta dall’avvocato Taormina, che in pratica consiste nel fare molto baccano mediatico, come del resto sta facendo fin da quando ha assunto l’incarico di difendere Annamaria Franzoni. Tanto non è lui che rischia di finire in galera;
3) lascio volentieri alla magistratura il compito di assolvere o condannare l’imputata;
4) la mia unica certezza è che Bruno Vespa in un Paese civile non occuperebbe tutto lo spazio che occupa in Rai, specialmente dopo lo spettacolo agghiacciante messo in scena ieri sera.
Una notizia pubblicata sul sito di Repubblica mi ha convinto a integrare con questo commento la mia risposta al messaggio lasciato da Velvet il 3 novembre. La notizia riguarda un passaggio del libro di Annamaria Franzoni, in uscita nelle librerie il prossimo 12 novembre, in cui la madre di Samuele spiega di aver tentato di usare la televisione, «ma è la televisione che ha usato me».
In particolare, la Franzoni racconta di quando la notizia della nuova gravidanza, pochi mesi dopo la morte di suo figlio Samuele, viene annunciata in tv. Lei e il marito Stefano vengono avvicinati da «un ex avvocato, che dichiara che ci avrebbe aiutato a trovare il colpevole e ci avrebbe anche consigliati sull’aspetto mediatico, che per noi continuava a rimanere poco comprensibile».
Questa persona le propone di partecipare al Costanzo Show, «un’opportunità per chiarire tutte le notizie false che fino ad allora i mass media hanno riportato. Accetto, sperando che serva a qualcosa, anche se andare in televisione non mi attira molto. È lui a prendere contatto per la puntata, e in un incontro successivo viene accompagnato da una persona con la quale stabiliamo più o meno le cose da dire».
Prima della trasmissione il giornalista le chiede se è vero che sia incinta, come aveva scritto qualche giornale. Annamaria lo ammette con riluttanza, spiegando di voler mantenere il riserbo su una questione tanto privata. Ma in trasmissione, alla domanda di Costanzo che le fa anche gli auguri, risponde “rivelando” la gravidanza e ringraziandolo per le felicitazioni. A conclusione della trasmissione «mi accorgo che la persona che aveva preso i contatti e che ci aveva accompagnato non c’era più. Capirò solo dopo che probabilmente mi ha convinto a fare questa intervista per denaro».
I media, aggiunge la Franzoni, «quando li eviti ti massacrano, perché ritengono di avere tutto il diritto di entrare nella tua vita, di domandarti e ottenere risposte. E guai a non darle. Se non parli sei colpevole. Ma se parli devi stare molto attenta a quelli con cui decidi di farlo, perché gli altri ti distruggono».
Perché ho citato questa notizia? Per ribadire che con il pezzo pubblicato in questa pagina non intendevo esprimere alcun giudizio sull’innocenza o colpevolezza di Annamaria Franzoni, rispetto alle quali in troppi nel corso degli anni hanno espresso opinioni a sproposito.
Se la Franzoni è davvero colpevole, penso che per lei la punizione peggiore sia quella di dover convivere con quello che ha fatto per il resto dei suoi giorni, a prescindere dalle eventuali condanne penali, e quindi non nutro alcuna simpatia per chi tra i colpevolisti — da semplice spettatore di questo dramma — invoca la pena di morte o altre punizioni esemplari, che in ogni caso non potranno riportare in vita Samuele.
La mia, al contrario, era una critica proprio all’uso che i media — e in particolare Bruno Vespa — hanno fatto della vicenda, accampando come scusa la sua presunta rilevanza sociale. E in subordine per chi, come l’avvocato Taormina, porta avanti una strategia difensiva che io trovo molto discutibile e che rischia di compromettere ulteriormente la situazione della sua assistita.
Come direbbe Di Pietro, che c’azzecca la critica che mi ha mosso Velvet di aver tratto «un contorno politico» da questa storia? A meno che la critica non fosse genericamente rivolta alle opinioni espresse da altri sulla vicenda, proprio non capisco.
Forse l’equivoco è dovuto alla nota frase di Andreotti con cui ho chiuso il pezzo. In tal caso, preciso che i cattivi pensieri erano riferiti alla discutibile (ma si potrebbe usare un aggettivo peggiore) scelta di Vespa di fare pubblicità a un libro che è edito da una casa editrice del gruppo Mondadori, che pubblica anche tutti i libri del conduttore di Porta a Porta.
Discutibile è anche la scelta della Franzoni di pubblicare un libro quando la sua sorte processuale è ancora in bilico, col rischio di esacerbare ulteriormente le divisioni tra innocentisti e colpevolisti. La lezione del Maurizio Costanzo Show che ha citato nel suo libro avrebbe dovuto suggerirle di tenersi alla larga il più possibile da Vespa & C. e — magari — anche di cambiare avvocato. Evidentemente, però, sia lei che i suoi familiari nutrono ancora la speranza di riuscire a usare la televisione per i propri fini.
un messaggio per una vittima innociente di aver ucciso la cosa più bella e più importante che possa esistere nella vita, un figlio. Annamaria tieni duro… non mollare mai