Contrordine. L’Italia non è più il Paese dei primati nella banda larga, come aveva ottimisticamente affermato l’amministratore delegato di Telecom, Riccardo Ruggiero, in un’intervista pubblicata su Affari & Finanza di Repubblica tre mesi orsono. A dirlo è l’Unione europea, per bocca del commissario per la società dell’informazione e dei media, Viviane Reding, che il 10 ottobre in un’audizione al Senato ha definito «preoccupante» e «inadeguato» il livello di copertura della banda larga nel nostro Paese.
«La copertura della banda larga è pari all’87 per cento, vale a dire una percentuale molto più bassa della media dell’Unione europea e ovviamente inadeguata per lo sviluppo di applicazioni avanzate — ha sottolineato Reding — L’accesso in banda larga si concentra nelle aree urbane, mentre la copertura nelle zone rurali è nettamente inferiore alla media (44 contro 65 per cento). Nonostante un miglioramento in termini di penetrazione della banda larga, con un tasso del 13,2 per cento, l’Italia permane comunque al di sotto della media dei 15 Stati membri, nei quali il tasso medio di penetrazione è superiore al 16 per cento. Il ministero per gli Affari regionali ci ha informato tuttavia che sono a buon punto i programmi intesi a promuovere la diffusione della banda larga nelle zone rurali».
Le parole del commissario europeo suonano molto diverse da quelle utilizzate da Ruggiero nell’intervista firmata da Giuseppe Turani. L’amministratore delegato di Telecom, infatti, con sprezzo del ridicolo si era azzardato ad affermare che «per quanto riguarda le telecomunicazioni oggi l’Italia è una specie di Paese esempio, siamo quelli più avanti di tutti in Europa. E devo aggiungere che abbiamo un pubblico che risponde molto bene, che apprezza molto tutte queste novità».
A rileggere l’intervista, poi, balzano all’occhio altre stravaganti dichiarazioni, come quelle riguardanti l’eventuale trasformazione di Telecom in una media company, una definizione coniata dai mercati finanziari per indicare una società che opera nel più allargato campo dei media, dai giornali alla tv, che possono essere distribuiti su diverse piattaforme, da Internet al satellite. L’ipotesi è stata negata più volte, con decisione, da Ruggiero, secondo il quale il core business di Telecom sta nella connettività e nella creazione di una rete fisso-mobile a banda larga, mentre per i servizi il compito è delegato ad aziende terze. «Il nostro mestiere è quello di trasportare i segnali. E si tratta di farlo sempre meglio e sempre con maggior efficienza».
Parole davvero profetiche… Un paio di mesi dopo, infatti, l’ormai ex presidente Marco Tronchetti Provera ha annunciato l’intenzione di scorporare la rete fissa da quella mobile, con l’obiettivo di trasformare la prima società telefonica italiana proprio in una media company, anche grazie a un’intesa conclusa con Rupert Murdoch per la distribuzione di alcuni titoli della 20th Century Fox attraverso Alice. Una clamorosa inversione di rotta rispetto alle strategie del gruppo che, in ultima istanza, ha portato alle dimissioni di Tronchetti Provera e alla nomina di Guido Rossi alla presidenza di Telecom.
A dispetto di questo terremoto, invece, Ruggiero è rimasto incollato alla sua poltrona di amministratore delegato, continuando a esercitare le sue non eccelse pratiche divinatorie. Dimenticata in fretta l’abiura dell’ipotesi media company, infatti, in un’altra intervista del solito Turani pubblicata il 25 settembre su Affari & Finanza, l’ad di Telecom ha fatto sfoggio del consueto trionfalismo, annunciando urbi et orbi che nel 2011 tutta l’Italia sarà collegata da una banda super-larga da 50 mega e oltre, «per portare a casa della gente, via Internet, servizi, contenuti e la televisione (con centinaia di canali), con grande affidabilità e qualità in alta definizione». Almeno fino alla prossima intervista.
Articolo pubblicato anche su Medium
Tematiche di cui poco si discute nei media e nella campagna elettorale