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«L’I­talia è a favore del­la fine del­l’em­bar­go delle armi alla Cina». A Mao Valpi­ana, del Movi­men­to Non­vi­o­len­to, non è pro­prio piaci­u­ta la promes­sa fat­ta il 18 set­tem­bre da Romano Pro­di nel­la con­feren­za stam­pa di chiusura del­la sua mis­sione cinese. Promes­sa accom­pa­g­na­ta dal­l’as­si­cu­razione che il nos­tro Paese si impeg­n­erà in tal sen­so in sede euro­pea «per­ché non si può aspettare».

La crit­i­ca di Valpi­ana, una delle fig­ure più autorevoli del­la non­vi­o­len­za in Italia, parte dal­l’analo­ga promes­sa for­mu­la­ta dal­l’al­lo­ra pres­i­dente del­la Repub­bli­ca, Car­lo Azeglio Ciampi, il 6 dicem­bre 2004. «L’I­talia è favorev­ole all’ab­o­lizione del­l’em­bar­go sulle esportazioni di armi ver­so la Cina — ave­va det­to Ciampi nel cor­so di una visi­ta uffi­ciale — vis­to che il man­ten­i­men­to del­l’em­bar­go non cor­risponde allo spir­i­to del­la part­ner­ship strate­gi­ca tra Unione Euro­pea e Cina. L’I­talia sta lavo­ran­do per­ché i part­ner europei con­di­vi­dano la neces­sità di revo­care ques­ta misura, che a nos­tro modo di vedere è super­a­ta per­ché la Cina di oggi non è quel­la del dopo Tien­an­men».

In quel­l’oc­ca­sione, ricor­da Valpi­ana, «come Movi­men­to Non­vi­o­len­to facem­mo un duro comu­ni­ca­to, accu­san­do il pres­i­dente del­la Repub­bli­ca di fare il piazz­ista d’ar­mi ital­iane in giro per il mon­do, e di usare due pesi e due mis­ure: buoni sen­ti­men­ti per i bam­bi­ni delle scuole ele­men­tari in Italia, e buoni affari per l’in­dus­tria bel­li­ca in Cina. Ora Pro­di ha fat­to la stes­sa richi­es­ta di abo­lizione del­l’em­bar­go per vendere armi ital­iane alla più grande dit­tatu­ra del mon­do».

Anche lui si meri­ta dunque «le stesse critiche che facem­mo a Ciampi», per­ché «è un Giano bifronte, che plaude alla mar­cia paci­fista Peru­gia-Assisi quan­do è in Italia e poi fa il piazz­ista d’ar­mi quan­do è a Pechi­no. Lo dici­amo per onestà intel­let­tuale, altri­men­ti anche il nos­tro tacere sarebbe ipocrisia. Ave­va­mo sper­a­to che il viag­gio del gov­er­no ital­iano servisse per aprire un var­co nel­la Grande Muraglia ai prodot­ti del­la nos­tra moda e ai dirit­ti umani, e invece quan­do Pro­di parla­va di “made in Italy” non pen­sa­va alla collezione di Dolce & Gab­bana, ma ai can­noni del­la Oto Melara».

Valpi­ana ha accusato di ipocrisia anche la rad­i­cale Emma Boni­no, min­istro del Com­mer­cio con l’es­tero, che ha accom­pa­g­na­to Pro­di nel­la mis­sione: «Par­la di dirit­ti umani e di Tibet quan­do è a Roma, ma fa sce­na muta quan­do è in Cina». Nel frat­tem­po Pro­di si è det­to scon­cer­ta­to per le polemiche bipar­ti­san sus­ci­tate dalle sue parole. «Non è nul­la di nuo­vo, è la lin­ea ital­iana da molti anni e finchè non sarà ridis­cus­sa ques­ta rimane la lin­ea ital­iana».

Il memorandum di Amnesty International sui diritti umani

A 687 giorni dal­l’inizio delle Olimpia­di di Pechi­no, il gov­er­no cinese deve agire velo­ce­mente se vuole man­tenere la promes­sa fat­ta di fronte al Comi­ta­to olimpi­co inter­nazionale (Cio) di miglio­rare la situ­azione dei dirit­ti umani in vista dei Giochi del 2008. Nel­la sua ulti­ma anal­isi sui dirit­ti umani in quat­tro set­tori-chi­ave, Amnesty Inter­na­tion­al ha reg­is­tra­to infat­ti una situ­azione com­p­lessi­va­mente neg­a­ti­va: ad alcu­ni miglio­ra­men­ti in tema di pena di morte si con­trap­pone un peg­gio­ra­men­to in altri con­testi.

«Le gravi vio­lazioni dei dirit­ti umani che ven­gono reg­is­trate ogni giorno in tut­to il Paese sfi­dano aper­ta­mente le promesse fat­te dal gov­er­no cinese al momen­to del­l’asseg­nazione delle Olimpia­di — ha dichiara­to Pao­lo Pob­biati, pres­i­dente del­la sezione ital­iana di Amnesty — Gli attivisti e le attiviste per i dirit­ti umani, tra cui col­oro che difendono i dirit­ti delle per­sone sfrat­tate per con­sen­tire la costruzione dei siti olimpi­ci, ven­gono minac­ciati e imp­ri­gionati. Migli­a­ia di per­sone ven­gono messe a morte ogni anno, al ter­mine di pro­ces­si iniqui, per reati quali frode fis­cale e con­tra­b­ban­do».

«Nel­l’ul­ti­mo anno — ha aggiun­to — la repres­sione nei con­fron­ti dei gior­nal­isti e degli uten­ti di Inter­net si è inten­si­fi­ca­ta e di fronte a ques­ta situ­azione la promes­sa del gov­er­no di “ren­dere effet­ti­va la lib­ertà di stam­pa” suona ridi­co­la. La situ­azione dei dirit­ti umani si pone del tut­to in con­trasto con le più ele­men­tari inter­pre­tazioni del­lo spir­i­to olimpi­co, che pone al suo cen­tro il man­ten­i­men­to del­la dig­nità umana».

Amnesty Inter­na­tion­al ha trasmes­so le pro­prie infor­mazioni al Cio, che ave­va affer­ma­to che avrebbe agi­to «se gli impeg­ni del­la Cina in mate­ria di dirit­ti umani non fos­sero sta­ti tradot­ti in realtà». L’or­ga­niz­zazione chiede al Cio di usare la pro­pria influen­za nei con­fron­ti delle autorità cine­si e di inter­venire a nome di vit­time delle vio­lazioni dei dirit­ti umani come Ye Guozhu, un abi­tante di Pechi­no che è sta­to sfrat­ta­to quan­do la sua abitazione è risul­ta­ta al cen­tro di un prog­et­to di svilup­po dei siti olimpi­ci. Nel dicem­bre 2004 ha chiesto l’au­tor­iz­zazione a con­vo­care una man­i­fes­tazione di sfrat­tati e, per questo moti­vo, è sta­to con­dan­na­to a quat­tro anni. È sta­to tor­tu­ra­to nel cor­so del­la deten­zione, sospe­so a tes­ta in giù dal sof­fit­to e pic­chi­a­to con un man­ganel­lo elet­tri­co. Amnesty Inter­na­tion­al lo ha adot­ta­to come pri­gion­iero di coscien­za.

Oltre a eseguire numerosi sfrat­ti, le autorità munic­i­pali di Pechi­no han­no deciso, per miglio­rare l’im­mag­ine del­la cit­tà in vista delle Olimpia­di, di esten­dere l’ap­pli­cazione del­la “ried­u­cazione attra­ver­so il lavoro”, una for­ma di deten­zione sen­za atto d’ac­cusa, ai respon­s­abili di «volan­ti­nag­gio o pub­blic­ità ille­gale, con­duzione di taxi o di imp­rese com­mer­ciali sen­za licen­za, vagabondag­gio e accat­ton­ag­gio».

«Sta­di luc­ci­can­ti ed esi­bizioni spet­ta­co­lari saran­no un fat­to pri­vo di sen­so se i gior­nal­isti e gli attivisti per i dirit­ti umani non saran­no liberi di par­lare, se la gente ver­rà tor­tu­ra­ta in pri­gione e se il gov­er­no con­tin­uerà a man­tenere il seg­re­to sulle migli­a­ia di per­sone che mette a morte — ha com­men­ta­to Pob­biati — Amnesty Inter­na­tion­al chiede alle autorità di Pechi­no di dare segui­to alle pro­prie promesse di miglio­rare la situ­azione dei dirit­ti umani, in modo che nel­l’agos­to del 2008 la popo­lazione cinese potrà essere fiera sot­to ogni aspet­to di ciò che il suo paese mostr­erà al mon­do».

La situazione in quattro settori-chiave
Pena di morte
  • Con­tin­ua a essere appli­ca­ta per 68 reati, tra cui reati di dro­ga e frode fis­cale. Sec­on­do fonti acca­d­e­miche cine­si, dalle ottomi­la alle 10mila per­sone ven­gono messe a morte ogni anno.
  • Nes­sun con­dan­na­to a morte riceve un proces­so equo: non vi è pre­sun­zione d’in­no­cen­za, le prove ven­gono estorte sot­to tor­tu­ra e non è con­sen­ti­to pieno e rapi­do acces­so alla dife­sa.
  • La dif­fusa prat­i­ca del­l’e­spianto di organi dai pri­gion­ieri mes­si a morte non è sta­ta intac­ca­ta dalle nuove dis­po­sizioni in vig­ore dal luglio 2006, che riguardano l’e­spianto da dona­tori anco­ra in vita.
  • L’u­ni­co svilup­po pos­i­ti­vo è sta­ta la deci­sione del­la Corte supre­ma del popo­lo di attribuir­si nuo­va­mente il potere del­la revi­sione finale e del­l’ap­provazione di tutte le ese­cuzioni: ciò dovrebbe portare a una riduzione delle con­danne a morte.
  • Amnesty Inter­na­tion­al chiede al gov­er­no di aumentare la trasparen­za pub­bli­can­do dati com­pleti a liv­el­lo nazionale sulle con­danne a morte e sulle ese­cuzioni come pri­mo pas­so ver­so la com­ple­ta abo­lizione.
Processi equi, tortura e detenzione senza accusa (“detenzione amministrativa”)
  • Si sti­ma che centi­na­ia di migli­a­ia di per­sone si tro­vi­no in strut­ture per la “ried­u­cazione attra­ver­so il lavoro” o siano sot­to­poste ad altre forme di deten­zione sen­za atto d’ac­cusa su tut­to il ter­ri­to­rio cinese.
  • La polizia ha poteri illim­i­tati di imporre sen­ten­ze fino a tre anni per “reati minori”.
  • Le per­sone sot­to­poste a queste forme di deten­zione van­no fre­quente­mente incon­tro alla tor­tu­ra e ai mal­trat­ta­men­ti, soprat­tut­to se mostra­no resisten­za al ten­ta­ti­vo di “rifor­mar­le”.
  • Amnesty Inter­na­tion­al chiede l’ab­o­lizione del­la “ried­u­cazione attra­ver­so il lavoro” e delle altre forme di “deten­zione ammin­is­tra­ti­va”.
Attivisti e difensori dei diritti umani
  • La popo­lazione sceglie sem­pre più spes­so di protestare in pub­bli­co: sec­on­do dati gov­er­na­tivi, nel 2005 le proteste, le man­i­fes­tazioni e altre forme di “dis­tur­bo all’or­dine pub­bli­co” sono state 87mila, con­tro le 74mila del 2004. Gli attivisti, tra cui avvo­cati e gior­nal­isti, incon­tra­no for­ti osta­coli nel ten­ta­ti­vo di atti­rare l’at­ten­zione sug­li abusi di potere e sovente ven­gono minac­ciati, arresta­ti in modo arbi­trario e tor­tu­rati.
  • Le dis­po­sizioni entrate in vig­ore nel mag­gio 2006 in mate­ria di attiv­ità legale raf­forzano i con­trol­li uffi­ciali e ten­dono a dis­suadere gli avvo­cati a rap­p­re­sentare vit­time di vio­lazioni dei dirit­ti umani.
  • Amnesty Inter­na­tion­al chiede al gov­er­no di mod­i­fi­care le for­mu­lazioni, estrema­mente vaghe, con­tenute nel codice penale quali “dif­fu­sione di seg­reti di Sta­to all’es­tero” e “sovver­sione dei poteri del­lo Sta­to”, spes­so usate per sop­primere legit­time attiv­ità in favore dei dirit­ti umani.
Libertà di stampa
  • I siti inter­net di centi­na­ia di orga­niz­zazioni inter­nazion­ali riman­gono bloc­cati dalle autorità cine­si, men­tre negli anni scor­si sono sta­ti chiusi numerosi siti locali.
  • Sec­on­do l’As­so­ci­azione del­la stam­pa estera di Pechi­no, negli ulti­mi due anni, la polizia ha arresta­to gior­nal­isti stranieri in almeno 38 occa­sioni.
  • Le autorità han­no inten­si­fi­ca­to il con­trol­lo sui media cine­si, chi­u­den­do pub­bli­cazioni come Bing­di­an (“Pun­to di con­ge­la­men­to”) e facen­do perdere il lavoro a gior­nal­isti crit­i­ci nei con­fron­ti del gov­er­no.
  • Amnesty Inter­na­tion­al chiede al gov­er­no di rilas­cia­re tut­ti i gior­nal­isti detenu­ti solo per lo svol­gi­men­to legit­ti­mo del­la loro pro­fes­sione e di assi­cu­rare che i gior­nal­isti stranieri e cine­si siano in gra­do di lavo­rare su ques­tioni di pub­bli­co inter­esse sen­za subire cen­sura.

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