in Giornalismo

«Che roba con­tes­sa all’in­dus­tria di Aldo / han fat­to uno sciopero quei quat­tro igno­ran­ti / vol­e­vano avere i salari aumen­tati / gri­da­vano, pen­si, di essere sfrut­tati / e quan­do è arriva­ta la polizia / quei quat­tro strac­cioni han grida­to più forte / di sangue han sporca­to il cor­tile e le porte / chissà quan­to tem­po ci vor­rà per pulire».

Inizia­va così Con­tes­sa, can­zone sim­bo­lo del­la con­tes­tazione del 1968 scrit­ta e musi­ca­ta da Pao­lo Pietrangeli. Da allo­ra, però, i tem­pi sono decisa­mente cam­biati. Men­tre Pietrangeli, infat­ti, sbar­ca il lunario ormai da anni come reg­ista di fidu­cia di Mau­r­izio Costan­zo e Maria De Fil­ip­pi, una con­tes­sa in carne e ossa — la 20enne Beat­rice Bor­romeo Arese Tav­er­na, nipote di Mar­ta Mar­zot­to e cog­na­ta di John Elkann, l’erede di Gian­ni Agnel­li ai ver­ti­ci del grup­po Fiat — si appres­ta a fare il suo esor­dio sul pic­co­lo scher­mo, pre­ce­du­ta dal­l’im­peg­na­ti­va etichet­ta di “nobile con il cuore a sin­is­tra”.

A portarcela è nien­te­meno che Michele San­toro, dili­gen­te­mente sil­u­ra­to dal­la diri­gen­za Rai dopo il famiger­a­to “edit­to bul­garo” del­l’ex pres­i­dente del Con­siglio, Sil­vio Berlus­coni, che il 18 aprile 2002, durante una con­feren­za stam­pa a Sofia, lo ave­va accusato di aver fat­to, insieme a Enzo Bia­gi e a Daniele Lut­tazzi, «un uso crim­i­noso del­la tele­vi­sione pub­bli­ca». Dopo mesi di annun­ci e rin­vii, infat­ti, San­toro, già con­dut­tore di pro­gram­mi di suc­ces­so come Samar­can­da e Scius­cià, dal 14 set­tem­bre tornerà in tv con Anno Zero, trasmis­sione di inchi­es­ta, cronaca e attual­ità in onda su Raidue.

In una Rai dila­ni­a­ta dalle solite spar­tizioni par­ti­to­cratiche o famil­iari, che nul­la han­no a che fare con la democrazia o la qual­ità del­l’in­for­mazione, il ritorno in video di San­toro rap­p­re­sen­ta sen­za dub­bio una delle rare notizie pos­i­tive. Se non altro per­ché dimostra che anche il per­du­rante strapotere di Berlus­coni sul­la tele­vi­sione può incap­pare tal­vol­ta in qualche lim­ite (o «balet­to», come direbbe la Lucia Annun­zi­a­ta ver­sione Guz­zan­ti).

Le uniche note sto­nate del­la vicen­da si rias­sumono in due tonal­ità: il bion­do con cui si è tin­to i capel­li San­toro, un vez­zo nar­ci­sis­ti­co che non può non richia­mare alla memo­ria trapi­anti e ban­dane di stam­po berlus­co­ni­ano, e — appun­to — il blu del­l’aris­to­crati­co sangue di Beat­rice Bor­romeo, cui toc­cherà «il com­pi­to di fare da tramite con i gio­vani», qualunque cosa ciò sig­ni­fichi.

Tut­tavia, come inseg­na il caso di Pier­lui­gi Dia­co, che da anni imper­ver­sa su gior­nali, radio e tele­vi­sioni spac­cian­dosi per rap­p­re­sen­tante del­l’in­tero uni­ver­so gio­vanile (ed è prob­a­bile che si ostin­erà a far­lo anche da ottua­ge­nario), è sem­pre oppor­tuno dif­fi­dare di queste car­i­ca­ture medi­atiche delle nuove gen­er­azioni. Tan­to più se, come la con­tes­sa di San­toro, han­no ascen­den­ze che arrivano fino al munifi­co Car­lo Bor­romeo e al con­te Fed­eri­co dei Promes­si Sposi, non a illus­tri sconosciu­ti come toc­ca alla mag­gio­ran­za dei comu­ni mor­tali. Non pro­prio il mas­si­mo del­la rap­p­re­sen­ta­tiv­ità, insom­ma.

Non è chiaro con quali moti­vazioni San­toro l’ab­bia scelta per il suo nuo­vo pro­gram­ma. Come riferisce La Repub­bli­ca, sem­bra che sia rimas­to impres­sion­a­to da un’in­ter­vista in cui la gio­vane ram­pol­la man­i­fes­ta­va il deside­rio di «vol­er entrare in un’al­tra zona del­la realtà» (quel­la dei pover­ac­ci?). Lo stes­so San­toro a fine giug­no ave­va riv­e­la­to di non sapere che fos­se una top mod­el: «Comunque vi stupirà — ha assi­cu­ra­to — Avrebbe potu­to fare tut­ti i pro­gram­mi che desidera, che so, L’iso­la dei famosi, invece ha scel­to Anno Zero. Mi pare un bel seg­nale per i gio­vani». Qualche scetti­co insin­ua però che, più pro­saica­mente, San­toro abbia un debole per le bionde.

In atte­sa di essere stupi­ti, quel­lo che è cer­to è che il cur­ricu­lum di Beat­rice Bor­romeo, per quan­to già cor­poso sulle passerelle del­la moda, fino­ra non ha mai inclu­so alcu­na espe­rien­za nel gior­nal­is­mo. A 16 anni, infat­ti, la con­tessi­na alter­na­va le lezioni al il liceo Berchet a Milano con le sfi­late per Chanel. Si è poi iscrit­ta a Scien­ze politiche alla Boc­coni, indos­san­do nel frat­tem­po i capi di Erman­no Scervi­no, Roc­co Baroc­co, Ettore Bilot­ta e Blu­girl, la lin­ea gio­vane di Bluma­rine — il blu si con­fer­ma leit motiv cro­mati­co del­la sua vita — per cui è sta­ta tes­ti­mo­ni­al.

Forse è sta­to pro­prio quest’ul­ti­mo det­taglio a con­vin­cere San­toro del­la bon­tà del­la sua scelta. I gio­vani sono spes­so influen­za­ti dal­la moda e, dunque, chi meglio del­la bel­la tes­ti­mo­ni­al di una lin­ea gio­vane per rap­p­re­sen­tar­li in tv (e mag­a­ri anche per atti­rarne qual­cuno in più davan­ti allo scher­mo a ben­efi­cio del­lo share)? Non è nep­pure esclu­so che, col tem­po, Beat­rice Bor­romeo si riv­eli davvero un’ot­ti­ma gior­nal­ista polit­i­ca, real­iz­zan­do così quel­lo che ha indi­ca­to come un suo sog­no.

Fino­ra l’u­ni­ca cosa cer­ta è che con i sol­di del canone San­toro sta finanzian­do un invidi­a­bile stage for­ma­ti­vo a favore di ques­ta modella/studentessa dal cog­nome alti­so­nante, digiu­na di qual­sivoglia espe­rien­za tele­vi­si­va e/o gior­nal­is­ti­ca. Il tut­to con buona pace dei tan­ti gio­vani gior­nal­isti pre­cari imp­ie­gati in Rai e spes­so rel­e­gati nel­la “Cai­en­na del servizio pub­bli­co radiotele­vi­si­vo”, come qual­cuno ha defini­to la rete “all news” — ma anche “lit­tle audi­ence” — Rai News 24. E alla fac­cia di tante gio­vani ple­bee che colti­vano lo stes­so iden­ti­co sog­no tele­vi­si­vo di Beat­rice Bor­romeo, per le quali le porte del­la Rai con­tin­uer­an­no a restare sbar­rate. Sem­pre che non ries­cano nel col­pac­cio di far leg­gere a San­toro un’in­ter­vista in cui man­i­fes­tano il loro pres­sante deside­rio di «vol­er entrare in un’al­tra zona del­la realtà».

In un sis­tema medi­ati­co come quel­lo ital­iano, sem­pre più col­o­niz­za­to da tan­ti par­venu che fan­no del­la medi­oc­rità, del con­formis­mo e del­la vol­gar­ità il pro­prio denom­i­na­tore comune, sarebbe però ingius­to pren­der­sela soltan­to con la con­tes­sa e il suo autorev­ole pig­malione. Del resto qua­si tutte le tes­tate si sono guar­date bene dal soll­e­vare la ques­tione, con­cen­tran­do piut­tosto l’at­ten­zione dei loro let­tori sul­l’im­provvi­so rin­gio­vani­men­to del­la chioma di San­toro, argo­men­to sen­za dub­bio più cru­ciale in una soci­età che predilige l’ap­paren­za rispet­to alla sostan­za.

Dopo gli ulti­mi cinque anni di pro­pa­gan­da a sen­so uni­co, che ha trova­to nei vari Ves­pa, Soc­ci e Masot­ti i suoi mega­foni più o meno effi­caci, da San­toro e dal­la sua trasmis­sione è però lecito atten­der­si dei seg­nali di forte dis­con­ti­nu­ità rispet­to all’an­daz­zo cor­rente. Più o meno la stes­sa dis­con­ti­nu­ità che, sul fronte politi­co nazionale, in molti han­no chiesto e con­tin­u­ano sper­an­zosi a chiedere a Romano Pro­di e all’e­sile mag­gio­ran­za di cen­trosin­is­tra.

Di ques­ta respon­s­abil­ità sem­bra essere con­scio lo stes­so San­toro. «Lo zero — ha infat­ti spie­ga­to nei giorni scor­si pre­sen­tan­do il suo nuo­vo pro­gram­ma — non esprime una val­u­tazione neg­a­ti­va, ma piut­tosto la neces­sità di un nuo­vo inizio tele­vi­si­vo, dif­fi­cile, incer­to nei risul­tati e inqui­etante al tem­po stes­so. È per questo che il viag­gio di Anno Zero con­tiene un dial­o­go e un con­fron­to coi gio­vani, una sor­ta di inter­vista col­let­ti­va sul futuro. Anno Zero non sarà il mio 25 aprile. Le ferite non si sono rimar­ginate. E non lo saran­no fino a quan­do le altre vit­time del­l’edit­to bul­garo, come Bia­gi, Lut­tazzi, Sabi­na Guz­zan­ti, non potran­no tornare a esprimer­si in tv».

Tut­to gius­to, per car­ità. Ma al di là del­la sacrosan­ta riabil­i­tazione pro­fes­sion­ale degli epu­rati del quin­quen­nio berlus­co­ni­ano, i con­torni del nuo­vo inizio tele­vi­si­vo pre­fig­u­ra­to da San­toro restano oscuri. Se la modal­ità di ingag­gio del­la con­tes­sa Bor­romeo ne rap­p­re­sen­ta un indizio, anzi, questo nuo­vo inizio assomiglia molto al recente pas­sato. Ed è — questo sì — davvero inqui­etante.

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Commento

  1. mi sono per­so la dit­tatu­ra medi­at­i­ca di berlus­coni.
    soc­ci è sta­to cac­cia­to per aver impor­tu­na­to la melandri, masot­ti ha chiu­so un anno pri­ma delle elezioni

  2. A propos­i­to di Berlus­coni, fac­cio notare che non ho mai scrit­to “dit­tatu­ra” ma “strapotere”. E la dif­feren­za è notev­ole. Aggiun­go che per ver­i­fi­care questo strapotere bas­ta dare un’oc­chi­a­ta all’e­len­co delle soci­età che con­trol­la, diret­ta­mente o indi­ret­ta­mente, che oltre alle tre tele­vi­sioni nazion­ali (mica brus­col­i­ni) com­prende Pub­li­talia, Mon­dadori e Medusa, per lim­i­tar­si al set­tore tele­vi­si­vo ed edi­to­ri­ale.

    Invi­to anche i tan­ti strenui difen­sori di uffi­cio di Berlus­coni, che per ragioni per me oscure con­tin­u­ano a negare ques­ta evi­den­za, a riflet­tere sul fat­to che il suo, insieme a quel­lo del thai­lan­dese Thaksin Shi­nawa­tra, è un caso uni­co al mon­do. E un moti­vo ci sarà, a meno di con­sid­er­ar­ci un’as­tu­ta avan­guardia.

    Per­sonal­mente, comunque, non vedo l’o­ra che si pos­sa dis­cutere seri­amente di tele­vi­sione e qual­ità del­l’in­for­mazione sen­za dover ogni vol­ta fare i con­ti con Berlus­coni. Tan­to più che in questo pez­zo di lui ho par­la­to solo a propos­i­to del famiger­a­to “edit­to bul­garo”. Che è sta­to e rimane — a pen­sar­ci — un vero e pro­prio esem­pio esplic­i­to di “dit­tatu­ra medi­at­i­ca”.

    A propos­i­to di Soc­ci e Masot­ti, invece, bisogna essere pre­cisi. Anto­nio Soc­ci non è sta­to cac­cia­to dal­la Rai, ma sem­plice­mente trasfer­i­to alla direzione del­la Scuo­la di Gior­nal­is­mo Radiotele­vi­si­vo di Peru­gia. Il moti­vo è sem­plice: le sue trasmis­sioni sono state un flop. Con­tenu­ti a parte, infat­ti, è chiaro a chi­unque abbia assis­ti­to a qualche pun­ta­ta che — tele­vi­si­va­mente par­lan­do — è un inca­pace. Del resto a me risul­ta che nel­la sua car­ri­era si sia qua­si sem­pre occu­pa­to di car­ta stam­pa­ta piut­tosto che di tele­vi­sione.

    L’au­di­ence è sta­ta spi­eta­ta anche nel caso di Gio­van­ni Masot­ti. Il suo “Pun­to e a capo” — sem­pre tele­vi­si­va­mente par­lan­do — non era pro­prio il mas­si­mo. Anche lui, comunque, non se la pas­sa male, vis­to che è sta­to nom­i­na­to cor­rispon­dente da Lon­dra. Che non è il peg­gior pos­to al mon­do…