in Ambiente, Infrastrutture

Alle sue tradizion­ali tre T — Tor­rone, Tor­raz­zo e Tet­tone — Cre­mona si appres­ta ad aggiungerne una quar­ta. Quel­la del Ter­zo Ponte pro­mosso dal­la soci­età Autostrade Cen­tropadane, che dovrebbe col­le­gare la spon­da pia­centi­na e quel­la cre­monese del Po e ha scate­na­to la protes­ta delle asso­ci­azioni ambi­en­tal­iste attive su entram­bi i ver­san­ti del fiume, Wwf, Italia Nos­tra, Legam­bi­ente, Lipu, Gis Cavatigozzi e Ambi­ente Ter­ri­to­rio Soci­età.

Le loro ragioni somigliano a quelle opposte più volte al prog­et­to del Ponte sul­lo Stret­to di Messi­na. A par­tire dal man­ca­to rispet­to del­la piani­fi­cazione urban­is­ti­ca vigente, sia comu­nale che provin­ciale, e dal ris­chio di gravis­si­mi dan­ni all’am­bi­ente. In par­ti­co­lare alla grande gole­na del fiume Po, per­ché il ter­ri­to­rio inter­es­sato dal nuo­vo ponte, col­lo­ca­to imme­di­ata­mente a monte di Cre­mona e a valle del­lo sbar­ra­men­to di Iso­la Ser­afi­ni, con­ser­va anco­ra una flo­ra e una fau­na di rara ric­chez­za, che per gli ambi­en­tal­isti «sarebbe atto gravis­si­mo dis­trug­gere, alter­are, ovvero anche solo tur­bare tem­po­ranea­mente con opere cantieris­tiche».

La tes­ta merid­ionale del ponte, des­ti­na­to a diventare il più lun­go d’Eu­ropa, ricadrebbe infat­ti all’in­ter­no del­la cosid­det­ta “iso­la del deser­to”, un’area la cui impor­tan­za è sta­ta riconosci­u­ta anche a liv­el­lo comu­ni­tario. Le asso­ci­azioni pun­tano l’indice con­tro la dev­as­tazione che il nuo­vo rac­cor­do autostradale provocherà nel­la per­ife­ria di Castel­vetro Pia­centi­no, e sot­to­lin­eano anche la peri­colosità del trac­cia­to nel trat­to pre­vis­to sul­la spon­da cre­monese, «carat­ter­iz­za­to da una sin­go­laris­si­ma con­cen­trazione di indus­trie a ele­va­to ris­chio di inci­dente», come la raf­fine­r­ia Tamoil e due deposi­ti di gas.

Pri­ma anco­ra che peri­coloso e dan­noso per l’am­bi­ente, però, il Ter­zo Ponte sarebbe, di fat­to, inutile. È «trop­po decen­tra­to rispet­to al cen­tro di Cre­mona per dirottare su di sé una quo­ta sig­ni­fica­ti­va del traf­fi­co che oggi per­corre il vec­chio ponte in fer­ro e non dispone, né a monte né a valle, di un baci­no di attrazione adegua­to a sus­citare quelle cor­ren­ti di traf­fi­co che ne potreb­bero altri­men­ti gius­ti­fi­care la costruzione», scrivono gli ambi­en­tal­isti.

I pri­mi dati sulle pre­vi­sioni di traf­fi­co, emer­si da uno stu­dio com­mis­sion­a­to dalle stesse Autostrade Cen­tropadane, sem­bra­no con­fer­mare ques­ta tesi: a fronte di un poten­ziale di 100mila veicoli al giorno, infat­ti, l’u­ti­liz­zo effet­ti­vo del nuo­vo rac­cor­do sarebbe pari soltan­to a 10–13mila veicoli. Da qui la pro­pos­ta di soluzioni alter­na­tive e decisa­mente più eco­nomiche, come l’agevolazione del­l’u­so, con tar­iffe priv­i­le­giate almeno per il traf­fi­co pesante, del ponte autostradale già esistente poco a valle di Cre­mona, e l’adegua­men­to dei col­lega­men­ti tra le due sponde pre­sen­ti a monte del­la cit­tà.

A liv­el­lo politi­co, però, forte del sosteg­no del­l’op­po­sizione di cen­trode­stra e di qua­si tut­ti i par­ti­ti del cen­trosin­is­tra, che a Cre­mona è sta­bil­mente al gov­er­no sia in Comune che in Provin­cia, il prog­et­to del Ter­zo Ponte pros­egue il suo iter, con i Ver­di e Rifon­dazione uniche voci fuori dal coro dei con­sen­si. Per i fau­tori del­la quar­ta T, l’at­tuale ponte in fer­ro che col­le­ga Cre­mona con la spon­da pia­centi­na del Po sop­por­ta un traf­fi­co supe­ri­ore a quel­lo che pote­va essere pre­vis­to quan­do è sta­to costru­ito nel 1882, con dis­a­gi dal pun­to di vista del traf­fi­co, dovu­ti alla lim­i­ta­ta larghez­za che causa spes­so code chilo­met­riche.

Che la ques­tione non pos­sa essere liq­ui­da­ta così facil­mente, però, lo con­fer­ma la frat­tura reg­is­tra­ta all’in­ter­no di un sin­da­ca­to come la Cisl. Il seg­re­tario di Cre­mona, Mario Daina, è con­vin­to che gli inves­ti­men­ti sulle infra­strut­ture siano «nec­es­sari per toglier­ci dal­l’iso­la­men­to, pur nel rispet­to del­l’am­bi­ente», quel­lo del­la Cisl Trasporti Lom­bar­dia, Dario Balot­ta, rib­at­te invece che quel­la per il Ter­zo Ponte è «una spe­sa sproposi­ta­ta per una strut­tura inutile. Castel­vetro non è la baia di San Fran­cis­co. Tre pon­ti in una man­ci­a­ta di chilometri sono un’e­sager­azione».

Il Terzo Ponte costerà 210 milioni

Il prog­et­to del nuo­vo col­lega­men­to tra il casel­lo autostradale di Castel­vetro Pia­centi­no e l’ex statale Codog­nese (local­ità Cavatigozzi, nel Comune di Cre­mona) prevede una lunghez­za com­p­lessi­va di cir­ca 10 chilometri: tre sul ter­ri­to­rio cre­monese e sette su quel­lo di Castel­vetro Pia­centi­no. In par­ti­co­lare, la lunghez­za pre­vista del Ter­zo Ponte sul Po, che supera l’alveo atti­vo del fiume sen­za sosteg­ni in acqua, è di 250 metri, men­tre il viadot­to dovrebbe svilup­par­si per poco più di due chilometri. La larghez­za del ponte sarà di 40 metri, supe­ri­ore di 10 rispet­to a quel­la del viadot­to, men­tre l’al­tez­za non super­erà i 55 metri. Anas, Sta­to e le Regioni Lom­bar­dia ed Emil­ia Romagna dovreb­bero approvare il prog­et­to entro il 2006. Entro il 2008 saran­no ter­mi­nati i pri­mi lot­ti, men­tre la con­clu­sione dei lavori, che in tut­to dur­eran­no 48 mesi (la real­iz­zazione sarà più rap­i­da gra­zie al trasporto via acqua sia dei mate­ri­ali di costruzione che dei man­u­fat­ti pre­fab­bri­cati) è pre­vista per il 2010. Il cos­to è supe­ri­ore ai 210 mil­ioni di euro.

Altri incubi nella Bassa

Quel­lo del Ter­zo Ponte non è l’u­ni­co incubo a togliere il son­no agli ambi­en­tal­isti cre­mone­si. In ques­ta provin­cia del­la Bas­sa Padana a forte vocazione agri­co­la, rimas­ta sostanzial­mente indenne alle colate di asfal­to che negli ulti­mi decen­ni han­no sfig­u­ra­to altre province lom­barde, da un po’ di tem­po a ques­ta parte la “feb­bre infra­strut­turale” ha com­in­ci­a­to a salire. Lo dimostra­no altri due prog­et­ti che inter­es­sano entram­bi il Casalas­co, cioè il ver­sante ori­en­tale del­la provin­cia. Si trat­ta delle autostrade Cre­mona-Man­to­va e Tir­reno-Bren­nero (Ti-Bre) des­ti­nate ad avere un forte impat­to ambi­en­tale su uno degli ulti­mi lem­bi di ter­ri­to­rio del­la Lom­bar­dia anco­ra ver­di.

Il fronte del “no” si divide tra rasseg­nati e irriducibili. Dei pri­mi fan­no parte le poten­ti asso­ci­azioni locali degli agri­coltori, Lib­era e Coldiret­ti, che dan­do per scon­ta­ta la real­iz­zazione delle nuove autostrade mira­no ad assi­cu­rare inden­nizzi con­sis­ten­ti ai pro­pri asso­ciati: alcune aziende agri­cole, infat­ti, con la real­iz­zazione dei trac­ciati si ritro­ver­an­no tagli­ate in due.

Non si arren­dono, invece, i Ver­di, per i quali la pri­or­ità dovrebbe essere, sem­mai, la real­iz­zazione del­la Ti-Bre fer­roviaria, anche per inver­tire la ten­den­za che nel nos­tro Paese vede il divario tra gom­ma e fer­ro sem­pre a sfa­vore di quest’ul­ti­mo. Alla fine, comunque, a imporre un insper­a­to stop ai due prog­et­ti potrebbe essere la caren­za di finanzi­a­men­ti statali. La stes­sa che fino­ra ha imped­i­to la real­iz­zazione del­l’u­ni­co vero inter­ven­to nec­es­sario per miglio­rare la via­bil­ità in ques­ta provin­cia, ovvero la riqual­i­fi­cazione del­la stra­da statale Paullese, che col­le­ga Cre­mona alla metropoli milanese.

Arti­co­lo pub­bli­ca­to il 7 novem­bre 2005 sul set­ti­manale Car­ta

Arti­co­lo pub­bli­ca­to anche su Medi­um

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