Le primarie dell’Unione di domenica 16 ottobre hanno un unico, autentico punto debole: la mancanza di suspense. Il voto di militanti e simpatizzanti del centrosinistra, è vero, presenta ancora diverse incognite, dalla consistenza numerica dell’affluenza alle urne, allestite con un grosso sforzo organizzativo in tutta la penisola, alla consistenza percentuale della vittoria di Romano Prodi e dei risultati ottenuti dai suoi avversari, dai quali potrebbero dipendere gli assetti del futuro esecutivo.
È indubbio, però, che il fatto che proprio Prodi sia considerato da tutti, anche dagli altri sei candidati in lizza, come il sicuro leader della coalizione alle politiche del prossimo anno tolga molta “ciccia” all’evento, almeno agli occhi dell’elettore comune poco avvezzo alle sottigliezze e agli equilibrismi del teatrino politico. Detto questo, va aggiunto che quella di domenica resterà in ogni caso una data storica, perché per la prima volta in Italia la designazione del candidato premier di una coalizione avverrà attraverso lo strumento delle primarie. Se sarà anche l’ultima, è presto per dirlo.
Un bel segnale di cambiamento e novità, comunque, rispetto a quanto è avvenuto negli ultimi giorni dall’altra parte del recinto, con i parlamentari del centrodestra compatti — come è sempre avvenuto in questa legislatura quando in ballo c’era la “ciccia” — a seguire la voce del padrone. Di fronte al comportamento tenuto da Berlusconi durante la sua permanenza a Palazzo Chigi, definirlo un leader politico sarebbe infatti soltanto un’offesa alla verità e alla lingua italiana.
“Perderete comunque”, si leggeva sui fogli levati mercoledì per protesta nell’aula di Montecitorio dai parlamentari dell’opposizione. E c’è da augurarselo davvero. Preoccupa però — e non poco — l’allergia del presidente del Consiglio alle regole della democrazia e la determinazione che sta dimostrando nel tentativo disperato di restare aggrappato, con ogni mezzo necessario, alla poltrona conquistata a colpi di slogan (e di miliardi) nel 2001. Una determinazione che rivaleggia solo con quella del governatore di Bankitalia Antonio Fazio, tuttora incatenato alla scrivania nel suo bunker di via Nazionale, a dispetto di scandali, figuracce internazionali e inchieste della magistratura.
Editoriale pubblicato il 15 ottobre 2005 sul Piccolo Giornale di Cremona
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