Le apparenze, si sa, a volte ingannano. È il caso, per esempio, del sindaco di Cremona, Gian Carlo Corada, che dietro l’aspetto mite e i modi gentili cela una franchezza che su molte questioni lo porta a prendere posizione in modo chiaro, senza l’elusività e i tentennamenti opportunistici che spesso caratterizzano il personale politico.
A proposito del referendum del 12 e 13 giugno, per esempio, dichiara senza esitazioni che voterà quattro sì, precisando però che non si è trattato di una decisione a scatola chiusa: «Quando si è cominciato a parlare dei temi del referendum, alcuni mesi fa, non mi ero ancora formato un’opinione precisa sull’argomento. Oggi, invece, l’unico quesito su cui ho qualche perplessità è quello sulla fecondazione eterologa, ma ho deciso di votare sì anche in questo caso perché non mi sembra giusto che si crei una discriminazione tra chi può permettersi di ottenere comunque questo tipo di terapia all’estero e chi invece non ha le risorse per farlo».
In questa intervista, rilasciata al Piccolo a un anno esatto dalla vittoria elettorale su Giovanni Jacini, che lo ha teletrasportato in piazza del Comune direttamente dal palazzo della Provincia, che aveva guidato per 14 anni senza soluzione di continuità, Corada traccia un primo bilancio del suo anno da sindaco e dell’attività della sua giunta, che festeggerà ufficialmente il primo compleanno solo fra un mese, il 12 luglio. «È stato un anno di avviamento — spiega — con tutte le difficoltà che l’avviamento comporta sempre, aggravato in questo caso dalla situazione finanziaria e alleviato, almeno in parte, dalla mia precedente esperienza amministrativa. Proprio in questo periodo abbiamo cominciato a tirare le somme e io stesso sono sorpreso per la quantità di opere che siamo riusciti a realizzare in questi mesi. La loro dimensione è stata davvero notevole…».
In particolare, gli interventi ultimati o in via di ultimazione da parte del Comune a cavallo tra il 2004 e il 2005 sono stati finanziati con circa 18 milioni di euro, suddivisi tra il recupero e la manutenzione di scuole ed edifici pubblici (3,5 milioni), il cimitero (600mila), strade, parcheggi e marciapiedi (5 milioni), il patrimonio comunale, come il palazzo ex Due Miglia, il recupero dell’ex Caserma del Diavolo per alloggi universitari o l’acquisizione dell’ex asilo Maria Ausiliatrice (4,4 milioni), gli impianti sportivi (1,5 milioni), il verde pubblico (500mila) e le opere idrauliche (2 milioni).
Come è stato possibile impegnare questi fondi a fronte delle difficoltà finanziarie cui ha accennato?
Abbiamo raschiato il fondo del barile, recuperando molte delle vecchie spese che non erano state impegnate, alcune delle quali risalivano addirittura agli anni Ottanta. Mi rendo anche conto, però, che restano ancora molti problemi da risolvere. Il giudizio di questo anno, tuttavia, è estremamente positivo, anche perché le risorse di cui possiamo disporre sono state ridotte da una serie di interventi, a partire dal taglio dei trasferimenti dello Stato o dal loro mancato adeguamento al tasso di inflazione.
Tra quelle già realizzate o in corso di realizzazione, quali sono le opere che considera più importanti?
Sicuramente gli interventi sui parcheggi in centro o nelle sue immediate vicinanze, perché di fatto a ottobre sarà pronta la piastra alla stazione, mentre sta proseguendo l’operazione di piazza Marconi, cui si sommano i 120 posti ricavati all’ex Caserma del Diavolo. Per la qualità della vita delle persone, poi, mi stanno molto a cuore gli interventi sul verde. A questo proposito, mi ha colpito che sia passata quasi sotto silenzio la rinaturalizzazione di una parte importante del Po, avviata quando ero ancora presidente della Provincia. Teniamo conto, infatti, che, mentre esiste un parco dell’Adda o del Serio, non c’è ancora un parco del Po. Noi lo stiamo creando: sono state piantate 30mila piante, con un impianto a goccia che è una meraviglia da vedere, e quando saranno cresciute diventeranno uno dei polmoni verdi della città. Lo sforzo è stato notevole anche sul fronte della manutenzione di strade e marciapiedi, ma circolando sempre a piedi o in bicicletta mi rendo conto che quanto fatto è ancora molto inferiore alle necessità. C’è, però, un grosso problema di risorse.
Dove pensate di recuperarle?
Non sarà facile, perché questa situazione di penuria è destinata a continuare, anche se il centrosinistra dovesse andare al governo. Chiunque andrà al governo, infatti, si troverà a dover gestire un buco enorme. Tanto è vero che a volte, come diceva Altan, mi vengono in mente dei pensieri che non condivido e penso che forse è meglio che il centrosinistra non vinca le elezioni, perché si troverebbe a ereditare il disastro creato da Berlusconi. Io sono sempre molto pacato e moderato nei giudizi. Nel ruolo di sindaco mi sento molto imparziale, ma non neutrale, perché non ho portato il cervello all’ammasso e ho le mie opinioni, e quando vedo quello che sta avvenendo a livello nazionale dico povera Italia…
Quindi come Comune come contate di rimediare? Raschiando ulteriormente il fondo del barile?
Per nostra fortuna a partire dal 2006 avremo la possibilità di fare dei mutui. Una possibilità, questa, che per ora ci è preclusa a causa dei vincoli assunti con la vendita delle farmacie comunali. È vero che fare un mutuo significa indebitarsi, ma oggi non c’è ente che possa fare degli investimenti senza ricorrere a dei mutui.
Che tipo di interventi pensate di finanziare con questi mutui?
Manutenzione delle strade a parte, potremo finanziare alcuni progetti cui tengo in modo particolare. Uno è quello delle piste ciclabili. L’obiettivo, infatti, è quello di triplicare nei prossimi quattro-cinque anni le piste ciclabili cittadine. Un’altro è quello del Parco dei Monasteri, che porterà alla creazione di una cittadella della musica. Il terzo è quello di San Francesco, la zona vicino a Santa Maria della Pietà, e prevede il recupero di un pezzo di città per sistemare tutti gli uffici sparsi del Comune.
Nel frattempo con i commercianti del centro storico, con cui fino a qualche mese fa era ai ferri corti, sembra essere scoppiata la pace. Merito dei parcheggi?
C’è stata una schiarita perché i commercianti hanno capito che dicevo la verità quando ho detto loro che avevamo l’intenzione di fare del centro di Cremona il salotto buono della città, una sorta di grande centro commerciale all’aperto, dotato dei parcheggi che chiedevano. Hanno capito che stiamo facendo sul serio e mi sembra che stiano collaborando. A volte basta avere soltanto un po’ di pazienza.
Cremona, quindi, non è più la bella addormentata della Lombardia?
In effetti penso che non lo sia più. Bisogna anche tenere conto che la nostra è una città con un’età media della popolazione molto alta, eppure in questi ultimi anni ha avuto dal punto di vista culturale, turistico e ricreativo una ripresa che ha coinvolto anche i giovani.
Lei si dice soddisfatto di questo primo scorcio di mandato, eppure un anno fa, quando ha dovuto sostituire in corsa il presidente della Cna, Fausto Cacciatori, non sembrava molto felice della candidatura a sindaco…
È vero, ma solo perché un anno fa avevamo già deciso tutto, a partire dal candidato sindaco. La mia idea era quella di tornare per un paio d’anni a lavorare in università, con la possibilità, magari, di una candidatura alle politiche del 2006, che mi era stata proposta alla Festa dell’Unità. Era tutto pronto, tanto che avevo già firmato il contratto con la Statale di Milano, poi Cacciatori si è “dimesso” da candidato e, per senso di responsabilità, ho accettato di candidarmi io al suo posto. A convincermi ha contribuito anche mio padre, che mi ha detto: “Se nella vita dovessero fare tutti quello che gli piace, il mondo dove andrebbe?”. Oggi, però, non ho rimpianti e mi rendo conto che ricoprire questo ruolo, oltre agli oneri che comporta, è anche un onore. Quindi cerco di fare del mio meglio, anche perché mi rendo conto che se molta gente si trovasse al mio posto sarebbe contenta. Dopo questo primo anno di ambientamento, durante il quale ho potuto contare su un po’ di tempo libero solo la domenica pomeriggio, adesso cercherò almeno di ricavare un po’ più di spazio per i miei studi, ai quali non rinuncerò mai perché mi piacciono molto.
Di che studi si tratta?
Ho mantenuto un minimo contatto con l’università e sto studiando due periodi della storia europea che considero molto interessanti. Uno che riguarda l’Italia, e cioè il periodo dell’umanesimo propriamente detto, del primo rinascimento, a cavallo tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, quando l’Italia era all’avanguardia nel continente. L’altro, invece, in Francia, tra la fine del Seicento e l’inizio del Settecento, quando la Francia sostituì l’Italia come faro dell’Europa. Furono entrambi periodi di crisi, da cui nacquero, come spesso avviene, idee innovative.
Il suo impegno politico, invece, a quando risale?
Alla seconda metà degli anni Settanta, poco dopo la fine dell’università, nelle file del Pci, che proprio in quegli anni qui a Cremona era attraversato da fermenti interessanti e grandi discussioni proprio sulle questioni delle libertà individuali, dell’Unione Sovietica e così via. In effetti, tutta la mia presenza nel Pci, qui a Cremona, è stata segnata proprio da questo tema delle libertà. La mia visione del mondo, infatti, è legata al sistema di idee dell’illuminismo, liberale. In seguito sono diventato segretario del Pci a Crema. Nel nord Italia all’epoca ero l’unico che lavorava, perché insegnavo a scuola, e faceva contemporaneamente il segretario di sezione. Giusto o sbagliato che sia, infatti, non ho mai accettato di fare il politico a tempo pieno, perché mi sono sempre sentito più libero avendo anche un impiego alternativo.
Quando ha accennato agli oneri che comporta la carica di sindaco si riferiva alle varie polemiche scoppiate negli ultimi mesi, come quella che ruota tuttora attorno alla figura di Aldo Protti?
In realtà gli oneri che considero tra i più gravosi, sebbene a volte siano anche piacevoli, sono quelli di rappresentanza. Non è nulla di faticoso, ma portano via molto tempo, tanto che ormai trascorro fuori casa quasi tutte le serate. A questo tipo di onere si somma quello legato alla complessità e ai problemi strutturali della macchina burocratica con cui bisogna inevitabilmente fare i conti. Poi ci sono quelli che considero gli oneri delle piccole cose, quelli legati ai problemi e alle polemiche quotidiane, che però non mi pesano più di tanto. La questione di Protti è diversa e mi ha fatto un po’ più male, perché credo di aver dimostrato la mia onestà intellettuale. Inizialmente l’ipotesi di dedicargli una via mi era sembrata la cosa più semplice del mondo. In seguito, però, ho cominciato a ricevere lettere da parte dei figli e dei nipoti delle persone trucidate al Colle del Lys che mi segnalavano la presenza di Protti in quella zona all’epoca dei rastrellamenti. Sono caduto dalle nuvole, perché ero convinto che Protti in quel periodo si trovasse a Firenze, come avevano sempre dichiarato i suoi biografi e lui stesso. Dopo quelle segnalazioni, ho pensato che il modo più semplice per appurare la verità fosse quello di controllare i documenti, che ho trovato senza nessuna fatica e che confermano la presenza di Protti nella zona del Colle del Lys. Da qui il mio invito ad approfondire la questione. Chi dice, però, che io non voglio intitolare una via al baritono perché è stato un fascista e, nel dopoguerra, è stato iscritto al Movimento Sociale, dice una falsità. Fermo restando che non si possono mettere sullo stesso piano partigiani e repubblichini, perché i primi combattevano per la libertà, mentre gli altri erano alleati di un regime spietato che deportava ebrei, zingari e omosessuali nei campi di concentramento, il nocciolo della questione è che abbiamo appurato che Protti ha mentito negando la sua presenza nei luoghi dei rastrellamenti, dove moltissime persone sono state trucidate in modo efferato, non “semplicemente” uccise, come purtroppo avviene in tutte le guerre.
Adesso, quindi, cosa succederà?
Adesso la Commissione Toponomastica dovrà prendere una decisione, sapendo però come stanno effettivamente le cose. Non mi aspetto che nessuno mi dica bravo, nemmeno a sinistra, ma in coscienza credo di aver fatto il mio dovere, andando a verificare le segnalazioni che mi erano arrivate.
La polemica sulla vicenda Protti, cavalcata per settimane dal centrodestra in modo ossessivo, restituisce anche l’immagine di un’opposizione aggrappata ad alcune grandi questioni ideologiche, ma incapace di affrontare i temi veramente importanti per i cittadini e il territorio. È a questo tipo di atteggiamento che il centrosinistra cremonese deve la sua longevità amministrativa?
Personalmente sono convinto che la democrazia sia fatta anche di alternanza. Con tutto il rispetto per le singole persone, è chiaro, però, che fino a quando l’opposizione andrà avanti così, non facendo altro che imbastire polemiche o strumentalizzazioni su piccole cose o su grandi temi ideologici, come è avvenuto nel caso di Protti, non farà molta strada. La verità è che sono divisi e non hanno un progetto alternativo per la città. Nel caso di Cremona, comunque, credo che il centrosinistra finora abbia governato bene, come dimostra anche quanto siamo riusciti a fare in un anno difficile come questo.
Tutte queste polemiche, però, spesso finiscono per monopolizzare i lavori del consiglio comunale, a discapito di questioni che toccano più direttamente la vita dei cittadini…
È vero, e a volte mi arrabbio anch’io, ma non ne farei un dramma. Questi inconvenienti fanno parte della natura umana e della natura dei partiti.
Ma resta il fatto che vicende tutto sommato marginali come quella di Protti finiscono per avere grande visibilità.
Sì, alcuni temi effettivamente vengono gonfiati dai mass media, ma noi comunque abbiamo una rete di rapporti tale con i cittadini per cui, alla fine, riusciamo a raggiungere tutti. A Cremona, infatti, la rete democratica è abbastanza solida e diffusa. Come dico sempre, le difficoltà principali non sono interne al rapporto in consiglio comunale tra maggioranza e opposizione, o quelle interne ai due schieramenti, bensì quelle esterne, vale a dire la mancanza di risorse, il rapporto con la Regione, il rapporto con lo Stato. Tutte cose di cui, paradossalmente, viene fuori poco, anche perché sono più difficili per i giornalisti da spiegare.
Non teme un contraccolpo a livello locale delle tensioni che ciclicamente tornano a dilaniare il centrosinistra a livello nazionale?
No, anche perché, nonostante tutto, non mi sembra che sia in discussione l’alleanza e nemmeno la leadership di Romano Prodi. La visione politica della Margherita, in effetti, è un po’ diversa da quella di Prodi, ma non è in discussione la sua scelta di campo con il centrosinistra. Alla Margherita credo vada riconosciuto il merito di aver fatto chiarezza. Sono convinto che alla fine verrà trovato un accordo soddisfacente per tutti, anche perché sarebbe assurdo perdere le elezioni per questioni di questo tipo. Ciò che importa davvero, infatti, è il programma di governo con cui il centrosinistra si presenterà ai cittadini.
Negli ultimi mesi lei si è schierato apertamente a favore del diritto di voto amministrativo agli immigrati e del riconoscimento delle unioni di fatto tra persone etero e omosessuali, attraverso il cosiddetto Pacs (Patto civile di solidarietà).
Si tratta di due grandi proposte rispetto alle quali confermo il mio sostegno. La questione del diritto di voto agli immigrati è legata in buona parte alla discussione sull’Islam, che affonda le sue radici fin nei primi anni del Settecento. Tutti i grandi di quel secolo, come Voltaire, Montesquieu e Rousseau, infatti, hanno affrontato il tema dell’Islam come un tema centrale della loro filosofia, dividendosi tra chi considerava l’islamismo religioso e filosofico meglio del cristianesimo e chi, invece, lo riteneva un dispotismo di tipo orientale. Io credo che oggi questa questione vada affrontata e discussa molto attentamente e con grande serietà, anche per rispondere al razzismo della Lega e a quella parte di elettorato francese e olandese che ha bocciato la Costituzione europea per la paura nei confronti degli islamici e della Turchia. Questa paura non va sottovalutata. Il tema degli islamici e, più in generale, degli immigrati, è infatti delicatissimo, e va affrontato partendo dalla consapevolezza che la legalità e l’ordine di per sé non sono né di destra né di sinistra, e sono fondamentali per tutta la civiltà, come ho cercato di dire nel mio discorso alla festa dei vigili urbani.
Parlando come lei di ordine e legalità, però, a Bologna un altro sindaco cremonese e di sinistra, Sergio Cofferati, è finito nella bufera, accusato di autoritarismo da una parte dei suoi stessi alleati…
Cofferati è un amico, ma è un po’ che non gli parlo e non conosco abbastanza bene la situazione bolognese per formulare un giudizio in merito. Il principio della legalità e del rispetto delle leggi, però, deve valere per tutti i cittadini, compresi gli immigrati. Dopo di che le assurdità della Lega sono palesi. Il problema, quindi, non è tanto quello della reciprocità, ovvero il fatto che se qui da noi si apre una moschea, nei Paesi arabi bisognerebbe poter aprire una chiesa. La reciprocità in alcuni Paesi arabi c’è, in altri no, ma guarda caso quelli in cui non c’è, come l’Arabia Saudita o gli Emirati Arabi, sono anche i migliori alleati dell’Occidente… La vera questione, lo ripeto, è quella del rispetto della legalità da parte di tutti. Ordine e legalità, però, non si impongono da un giorno all’altro con il pugno di ferro — è la stessa polizia a dirlo — ma con interventi graduati nel tempo. In caso contrario il rischio, infatti, è quello di creare più problemi di quelli che si vogliono risolvere.
Tornando alla questione del diritto di voto per gli immigrati, il Comune di Cremona continuerà a portare avanti questa proposta?
Abbiamo appoggiato la mozione dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani che va in questa direzione, ma personalmente sono sempre più convinto che sia necessaria una legge quadro nazionale che garantisca questo diritto. Le iniziative solitarie di singole amministrazioni locali, infatti, rischiano di trasformarsi in manifestazioni puramente simboliche e di creare contenziosi infiniti con lo Stato centrale. Lo stesso discorso vale per il riconoscimento delle unioni di fatto, per le quali è opportuno un intervento da parte del legislatore nazionale.
Articolo pubblicato l’11 giugno 2005 sul Piccolo Giornale di Cremona
Articolo pubblicato anche su Medium