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Negli occhi ho anco­ra le immag­i­ni dell’incredibile finale di Istan­bul tra Milan e Liv­er­pool. Ma nel­la mente i pen­sieri sono tut­ti per un’altra finale gio­ca­ta vent’anni pri­ma, quan­do la Cham­pi­ons League si chia­ma­va anco­ra Cop­pa dei Cam­pi­oni. Quel maledet­to mer­coledì 29 mag­gio 1985 allo sta­dio Hey­sel di Brux­elles c’ero anch’io, ma in questi vent’anni non ho mai scrit­to nul­la in propos­i­to, qua­si a vol­er rimuo­vere il brut­to ricor­do di una brut­tis­si­ma gior­na­ta, che era inizia­ta con la trep­i­dazione che accom­pa­gna i gran­di appun­ta­men­ti sportivi per finire diret­ta­mente nelle pagine di cronaca nera.

Vent’anni dopo, però, sen­to il dovere di dire qual­cosa anch’io, se non altro per con­tribuire a man­tenere viva la memo­ria dei 39 mor­ti dell’Heysel, men­tre il cal­cio sem­bra osti­nar­si a non vol­er impara­re nul­la dalle lezioni del pas­sato. Di quel­la vicen­da, sebbene all’epoca fos­si piut­tosto gio­vane, mi sono rimasti impres­si alcu­ni ricor­di niti­di, cias­cuno lega­to a uno sta­to d’animo par­ti­co­lare. A par­tire dal­la gioia mista a incredulità del­la trasfer­ta di qualche set­ti­mana pri­ma a Tori­no, diret­ta­mente alla sede del­la Juven­tus, dove insieme a mio padre dove­vo riti­rare i bigli­et­ti del­la finalis­si­ma tra Juven­tus e Liv­er­pool, ottenu­ti gra­zie alle solite conoscen­ze “giuste”.

Lo stes­so sta­to d’animo mi ave­va accom­pa­g­na­to anche durante il lun­go pel­le­gri­nag­gio auto­mo­bilis­ti­co ver­so Brux­elles, affronta­to insieme al non­no Pino, all’amico Loren­zo e, ovvi­a­mente, a papà. Ave­va­mo fat­to in modo di arrivare nel­la cap­i­tale bel­ga il giorno pri­ma del­la par­ti­ta, in modo da pot­er dedi­care un po’ del nos­tro tem­po anche alla cit­tà. E tut­to, fino alla sera di mer­coledì, era fila­to lis­cio. Gli stes­si famigerati hooli­gans ingle­si visti da vici­no, a passeg­gio per le strade del cen­tro di Brux­elles con le loro scia­rpe e bandiere rosse, così come noi ave­va­mo le nos­tre scia­rpe e bandiere bian­conere, era­no sem­brati assai meno temi­bili del pre­vis­to, tan­to che non era­no man­cati i momen­ti di frat­er­niz­zazione.

Con il sen­no di poi è facile dir­lo, ma che qual­cosa non stesse filan­do esat­ta­mente per il ver­so gius­to lo ave­va­mo intu­ito già all’arrivo allo sta­dio, diverse ore pri­ma dell’inizio del­la par­ti­ta. Alla vig­ilia, infat­ti, sui gior­nali si era fat­to un gran par­lare delle impo­nen­ti mis­ure di sicurez­za che era­no state preparate in vista del­la finale: bevande alcol­iche proib­ite nel­la zona dell’Heysel, con­trol­lo accu­ra­to dei bigli­et­ti per ver­i­fi­care che non fos­sero sta­ti fal­si­fi­cati, e mano dura con­tro chi avesse voglia di menare le mani. In realtà, a parte qualche fol­cloris­ti­co poliziot­to a cav­al­lo, per il resto la situ­azione era apparsa des­olante. I bigli­et­ti non li con­trolla­va nes­suno, i tifosi ingle­si era­no liberi di accal­car­si davan­ti ai can­cel­li di ingres­so ai vari set­tori con intere casse di bot­tiglie di bir­ra (in vetro) e decine di tifosi dell’una e dell’altra fazione era­no rius­ci­ti a entrare nel­lo sta­dio anche sen­za il prezioso taglian­do, sca­lan­do l’esterno del­la strut­tura.

La fragile rete di separazione tra i settori Y e Z, occupati da una parte dei tifosi della Juventus presenti allo stadio Heysel, e il settore X destinato ai sostenitori del Liverpool
La gracile rete di sep­a­razione tra i set­tori Y e Z, occu­pati da una parte dei tifosi del­la Juven­tus pre­sen­ti allo sta­dio Hey­sel, e il set­tore X des­ti­na­to ai sosten­i­tori del Liv­er­pool

Il resto è sto­ria. L’inizio del­la par­ti­ta dove­va essere pre­ce­du­to da un match tra due for­mazioni gio­vanili locali, tan­to per alle­viare un po’ la noia e la ten­sione del pub­bli­co, ma è sta­to pro­prio durante ques­ta esi­bizione che dal set­tore del­la cur­va ris­er­va­to ai tifosi del Liv­er­pool, il set­tore X, sono com­in­ciati a par­tire i razzi diret­ti ver­so i vici­ni tifosi bian­coneri, quel­li assiepati nei set­tori Y e Z, sep­a­rati dagli hooli­gans soltan­to da una gracile rete da pol­laio. Quei razzi era­no il pre­lu­dio alla car­i­ca vio­len­ta di qualche min­u­to dopo, che sarebbe sfo­ci­a­ta nel crol­lo del muro del set­tore Z, sot­to la pres­sione dei trop­pi cor­pi che cer­ca­vano una via di usci­ta per sfug­gire all’aggressione, sot­to gli occhi dei pochi poliziot­ti pre­sen­ti, che osser­va­vano scuo­ten­do la tes­ta, sen­za decider­si ad aprire i can­cel­li che davano sul ter­reno di gio­co. Una deci­sione, ques­ta, che se pre­sa pri­ma per molte vit­time avrebbe sig­ni­fi­ca­to la salvez­za.

Per quan­to mi riguar­da, l’esperienza dell’Heysel si è con­clusa con il crol­lo di quel muro, osser­va­to dal­la tri­buna oppos­ta a quel­la cen­trale. La par­ti­ta tra Liv­er­pool e Juven­tus, infat­ti, non l’ho vista né allo­ra né mai. Mio padre, con l’occhio clin­i­co del medico e la sen­si­bil­ità dell’essere umano, ave­va intu­ito subito la por­ta­ta del­la trage­dia, optan­do per una rap­i­da fuga dal­lo sta­dio, pri­ma che la situ­azione degen­erasse ulte­ri­or­mente. Lì per lì, pur sen­za opporre resisten­ze, den­tro di me non ave­vo pre­so molto bene quel­la deci­sione. In fon­do ave­vo aspet­ta­to per set­ti­mane quel­la finale, che ormai era a por­ta­ta di mano, a pochi metri dal mio naso. C’è volu­to poco, però, per ren­der­mi con­to che quel­la di mio papà era sta­ta la scelta gius­ta. Una scelta di cui gli sarò sem­pre gra­to, anche per­ché mi ha risparmi­a­to la visione di un’orrenda par­ti­ta di cal­cio, segui­ta da orrende scene di giu­bi­lo, men­tre i cadav­eri delle 39 vit­time era­no anco­ra allineati sul sel­ci­a­to all’esterno del­lo sta­dio.

Nonos­tante tut­to pen­so anch’io, come molti, che sia sta­to gius­to dis­putare quel­la finale. Solo per motivi di ordine pub­bli­co, però, gius­to per dare il tem­po alle forze dell’ordine di orga­niz­zare un cor­done di sicurez­za deg­no di questo nome. Quel­lo che avreb­bero dovu­to alle­stire fin dal prin­ci­pio. Dispi­ace soltan­to che tra chi ha pre­so sul serio quel­la cop­pa maledet­ta, vin­ta tra l’altro gra­zie a un rig­ore inesistente, ci sia anche la Juven­tus, che invece di fare la cosa gius­ta, ovvero rifi­utare il tro­feo in seg­no di lut­to, ha deciso di ten­erse­lo stret­to. Tan­to, si sa, negli almanac­chi sportivi c’è solo spazio per i risul­tati. Tut­to il resto sono det­tagli che la gente pri­ma o poi dimen­ti­ca. Chi era all’Heysel, però, non dimen­ticherà. Mai.

Arti­co­lo pub­bli­ca­to il 4 giug­no 2005 sul Pic­co­lo Gior­nale di Cre­mona

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Commento

  1. Sono davvero scon­volto, lo sono sta­to e lo sono anco­ra davan­ti a tutte le immag­i­ni, i video e i reportage su ques­ta “strage sporti­va”. Pos­so capire che nell’85 non vi era­no mis­ure di sicurez­za impo­nen­ti, ma tut­to questo si pote­va evitare. Tut­ti queste mor­ti, tut­to questo dolore per qual­cosa che lunge dal pot­er com­pren­dere un fat­to come questo con­nes­so allo sport.
    Mi spi­ace davvero che anco­ra oggi tut­to questo non sia servi­to a nul­la, il pas­sato si deve leg­gere nel pre­sente per il futuro, gli errori van­no evi­tati dopo tut­to questo. E’ davvero pazzesco che oggi si con­tinui a essere indif­fer­en­ti alla vio­len­za negli sports.
    La polizia dovrebbe avere più potere per esercitare una pres­sione anche psi­co­log­i­ca sulle masse dei tifosi ultrà. L’Inghilter­ra come esem­pio palese.
    Ora non pos­so che con­clud­ere speran­do che qual­cosa pos­sa cam­biare, che qualche Min­istro, o qualche Dep­u­ta­to o sen­a­tore che sia, o Coman­dante del Cor­po del­la Polizia di Sta­to, pos­sa redi­gere leg­gi nuove per pot­er affrontare il futuro con un occhio diver­so.

    Dimen­ti­care il pas­sato è rischiare il futuro.