In attesa della “maratona oratoria” in programma domenica 29 maggio alla pagoda di piazza Roma a partire dalle 17,30, le iniziative del Comitato di Cremona per i 4 Sì al referendum sulla procreazione medicalmente assistita del 12 e 13 giugno sono proseguite lunedì scorso con un incontro in Sala Rodi che ha visto la partecipazione di Carlo Gastaldi, primario dell’unità operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Istituto Clinico di Brescia, Giovanna Capelli, membro del direttivo nazionale di Rifondazione Comunista e del Forum Donne di Milano, e della senatrice Cinzia Dato, dell’assemblea federale della Margherita.
Quest’ultima è giunta sotto il Torrazzo a pochi giorni dal molto pubblicizzato battibecco avuto con Ciriaco De Mita proprio sull’argomento referendum. «Fosse per me chiederei l’astensione e la detterei come linea della federazione. Vinciamo così e poi cambiamo la legge», aveva detto l’ex segretario della Dc, provocando l’immediata reazione della senatrice, che anche a Cremona ha dimostrato di avere temperamento da vendere: «Un uomo delle istituzioni non può invitare all’astensionismo: che moralità civile è?». Poco elegante la contro-replica di De Mita: «Queste sono cose serie… stai zitta!».
Rievocando l’episodio prima dell’inizio del convegno in Sala Rodi, Cinzia Dato ha sottolineato che «probabilmente De Mita non ha tempo per leggersi i documenti della Margherita. Non sapeva, infatti, che la nostra carta programmatica stabilisce che il partito non può imporre ai suoi iscritti decisioni su materie di tipo etico come quelle toccate dal referendum. Questo perché la Margherita è la prima forza politica italiana non identitaria, caratterizzata da un’identità molto più complessa rispetto a quelle dei partiti tradizionali. De Mita, quindi, ha fatto una gaffe, proponendo un tema che non poteva essere proposto».
Una volta archiviato l’alterco, la senatrice ha concentrato la sua attenzione sul referendum e sulla legge 40. «Se questa consultazione referendaria ha un merito — ha spiegato — è quello di trattare problemi veri, reali. La legge sulla fecondazione è stata fatta male, è destinata a produrre sperequazione e illegalità, e nessuno, neppure tra coloro che l’hanno votata, la considera una buona legge. Per un anno il testo è rimasto “blindato” in Parlamento, senza la possibilità di effettuare alcuna modifica. È per questo che sono convinta che l’unica possibilità di cambiare la legge 40 passi attraverso il successo del referendum. In caso contrario, la conclusione sarà che agli italiani non importa nulla di questi temi e tutto resterà immutato».
Per Giovanna Capelli, «l’impianto ideologico che sostiene questa legge è che improvvisamente l’embrione è diventato un soggetto giuridico, mentre nel resto d’Europa si acquista questo status solo al momento della nascita». L’esponente di Rifondazione ha accusato il movimento contro il referendum di presentarsi «con un atteggiamento scientista» che ha poco a che fare con la scienza perché «considerare gli embrioni persone a tutti gli effetti è un’assurdità giuridica».
Secondo Capelli, invece, «su questi temi etici sarebbe preferibile una legislazione “leggera”, che non tenta di definire tutto nei dettagli e che dovrebbe essere preceduta da un grande dibattito pubblico, non relegata alle decisioni di gruppi ristretti di “esperti”. Grazie al referendum, negli ultimi quattro mesi questo processo di partecipazione democratica è cresciuto, ma siamo stati penalizzati dall’informazione, in particolare quella televisiva». La legge 40, inoltre, viene considerata in contraddizione con la 194, quella sull’aborto. Per questo Capelli teme che si profili «un conflitto legislativo. E se il clima è questo, credo che la 194 sarà cancellata».
Di contraddizione tra la legge sulla fecondazione assistita e quella che regola l’aborto terapeutico ha parlato anche Carlo Gastaldi, cui è toccato il compito di fornire alla discussione un adeguato background storico-scientifico sulle tecniche della procreazione assistita. Dopo aver spiegato che l’ignoranza su questi temi «è molto diffusa anche tra le persone direttamente interessate», Gastaldi ha sottolineato infatti che l’accusa di eugenetica rivolta ai promotori del referendum è infondata, perché già oggi in Italia «non c’è nessuna legge che vieti le diagnosi prenatali come l’amniocentesi o la villocentesi, che in caso di malformazioni del feto possono portare a un aborto».
Per il primario dell’unità operativa di Ostetricia e Ginecologia dell’Istituto Clinico di Brescia, anche le obiezioni alla procreazione di tipo eterologo, ovvero quella ottenuta ricorrendo alla donazione del seme maschile o della cellula uovo femminile di una persona esterna alla coppia, cadono in contraddizione. «Siamo l’unico Paese del continente in cui l’eterologa è vietata, e la motivazione è che si tratta di una tecnica che non consente di sapere chi sono i genitori naturali. Ma non è forse la stessa cosa che avviene nel caso delle adozioni?». Da qui una bocciatura senza appello della legge 40: «Per me la sua approvazione è stato come prendere a schiaffi tutte le donne italiane. È una legge piena di divieti, tanto che noi medici rischieremmo meno anni di carcere a fare una rapina…».
Articolo pubblicato il 28 maggio 2005 sul Piccolo Giornale di Cremona
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