in Economia, Lavoro, Società

«Tan­ti anni fa ho let­to una sto­ria di cac­cia. Alcu­ni cac­cia­tori di lupi, per atti­rare le loro prede, usa­vano come esca una lama di coltel­lo insan­guina­ta. I lupi, attrat­ti dal sangue, lec­ca­vano quei coltel­li che veni­vano inten­zional­mente las­ciati sul loro cam­mi­no. E lec­ca­n­doli si tagli­a­vano la lin­gua. Cos­ic­ché altro sangue scor­re­va su di essi e altre lec­ca­te lac­er­a­vano la lin­gua di quei lupi. Fino a quan­do tut­ti i lupi del bran­co, uno dopo l’al­tro, mori­vano. Mori­vano dis­san­guati».

Ques­ta la metafo­ra che saba­to scor­so Rena­to Cur­cio ha scel­to per intro­durre la pre­sen­tazione del suo ulti­mo libro, “Il con­suma­tore lavo­ra­to”, orga­niz­za­ta al cen­tro sociale Dor­doni del­l’ex Foro Boario come pro­l­o­go alla pri­ma edi­zione cre­monese del Ter­ra e Libertà/Critical Wine. Una sto­ria cru­da e a tinte fos­che, metafo­ra di uno sce­nario meno tru­cu­len­to ma per cer­ti ver­si anco­ra peg­giore, se non altro per­ché al suo inter­no la parte dei lupi spet­ta a tut­ti noi, i con­suma­tori. «Anche i cac­cia­tori di cli­en­ti — ha pre­cisato infat­ti Cur­cio chiaren­do il sen­so del suo esor­dio — come quei cac­cia­tori di lupi usano trap­pole ed esche. Non sono dei coltel­li insan­guinati ma è dif­fi­cile sostenere che siano migliori».

La pre­sen­tazione di Cur­cio ha pre­so le mosse dal vol­ume appe­na pub­bli­ca­to da Sen­si­bili alle Foglie, la coop­er­a­ti­va di cui è diret­tore edi­to­ri­ale, che ha scel­to di uscire dal cir­cuito librario tradizionale per affi­dar­si all’au­to­pro­mozione, con­dot­ta in tut­ta Italia con incon­tri come quel­lo orga­niz­za­to al Dor­doni. E “Il con­suma­tore lavo­ra­to” è frut­to a sua vol­ta di una ricer­ca con­dot­ta sul­l’u­ni­ver­so milanese degli iper­me­r­cati del­la grande dis­tribuzione, quel­li che Cur­cio chia­ma «le megas­cat­ole».

È in queste strut­ture enor­mi, che pos­sono rag­giun­gere anche i 450mila metri qua­drati, che i con­suma­tori rischi­ano di essere trasfor­mati in lupi, per­ché «gli psi­colo­gi sociali han­no scop­er­to che più aumen­ta il numero delle per­sone e delle cose messe all’in­ter­no di una scat­o­la, più cam­bia il mec­ca­n­is­mo delle relazioni. In questo modo, infat­ti, il 70 per cen­to dei prodot­ti ven­gono acquis­ta­ti impul­si­va­mente. Vale a dire che la deci­sione di com­prar­li avviene solo all’in­ter­no del­l’iper­me­r­ca­to».

La col­pa è di quel­la che la psi­colo­gia sociale definisce la “trance di Alice”, una sor­ta di abbas­sa­men­to del­la soglia crit­i­ca di atten­zione, una regres­sione allo sta­dio infan­tile, indot­ta da un bom­bar­da­men­to di sti­moli pro­prio come avviene in dis­cote­ca, che mette le per­sone nelle con­dizioni migliori, dal pun­to di vista del ven­di­tore, per pro­cedere all’ac­quis­to. «Ma c’era un prob­le­ma — ha pre­cisato Cur­cio — Moltissime per­sone, infat­ti, una vol­ta arrivate alle casse si sveg­li­a­vano da ques­ta trance e non acquis­ta­vano la mer­ce per­ché si ren­de­vano con­to di non pot­ersela per­me­t­tere. Il Grup­po Auchan ha risolto questo prob­le­ma met­ten­do i sol­di in tas­ca alle per­sone con la sua car­ta di cred­i­to».

La car­ta di cred­i­to con­ces­sa dal­l’iper­me­r­ca­to, insieme alle più banali carte fedeltà che met­tono a dis­po­sizione del­la clien­tela priv­i­le­gi, scon­ti e pro­mozioni, fan­no parte di quel sis­tema di sim­boli che sono gli iper­me­r­cati, che non ven­dono più un mar­chio ma un sis­tema di marchi, e ricor­rono a diver­si sis­te­mi di seduzione per inter­a­gire con la dimen­sione infan­tile dei loro cli­en­ti.

«C’è la seduzione eti­ca di fas­cia bas­sa — ha spie­ga­to Cur­cio a questo propos­i­to — che asso­cia un deter­mi­na­to prodot­to a una buona azione, come quan­do ci dicono che se acquis­ti­amo un deter­si­vo una parte dei proven­ti andrà a chi non vede e non sente. Oppure un mar­chio eti­co, come quel­lo del com­mer­cio equo e sol­i­dale, può essere inser­i­to in una rete di marchi tradizionale, per atti­rare al suo inter­no una nuo­va fas­cia di con­suma­tori. C’è poi il caso esem­plare, che defini­amo di “sim­u­lazione eti­ca”, di un’azien­da come la Nike, boicot­ta­ta per le vio­lazioni dei dirit­ti umani prat­i­cate nelle fab­briche dei suoi for­n­i­tori, che di recente ha scel­to di sua inizia­ti­va di pub­bli­care un rap­por­to eti­co forte­mente criti­co con­tro se stes­sa, per togliere argo­men­ti ai grup­pi che han­no pro­mosso il boicot­tag­gio nei suoi con­fron­ti e far­si pub­blic­ità, gra­tuita­mente, su tut­ti i gior­nali del mon­do».

E le carte di fedeltà? Sono “carte magiche”, ha aggiun­to Cur­cio, per­ché dietro l’il­lu­sione del­la con­ve­nien­za «trasfor­mano il con­suma­tore in un lavo­ra­tore. I dati che con­tengono costru­is­cono il pro­fi­lo del con­suma­tore e per­me­t­tono di com­piere oper­azioni che in pas­sato era­no gestite da lavo­ra­tori in carne e ossa. Men­tre scar­i­cano il pro­fi­lo dei con­su­mi, infat­ti, orga­niz­zano auto­mati­ca­mente il mag­a­zz­i­no delle mer­ci, elim­i­nan­do le fig­ure tradizion­ali del ban­con­ista e del mag­a­zz­iniere».

Il cliente del­l’iper­me­r­ca­to sod­dis­fat­to per i pun­ti-pre­mio guadg­nati con l’ul­ti­ma spe­sa, insom­ma, non si rende con­to che uti­liz­zan­do la car­ta in realtà ha svolto un lavoro. Il tar­get di ques­ta strate­gia, avverte però Cur­cio, si con­cen­tra prin­ci­pal­mente sui 14 mil­ioni di per­sone che in Italia, pur aven­do un lavoro, sten­tano ad arrivare alla fine del mese. Una fas­cia di red­di­to medio-bas­sa che per farcela deve ricor­rere al sis­tema dei presti­ti con una car­ta di cred­i­to al con­sumo «che fa implodere nel pre­sente il lavoro futuro. Vale a dire che io iper­me­r­ca­to, attra­ver­so il cred­i­to, uti­liz­zo il tuo lavoro futuro per far­ti pagare il doppio quel­lo di cui tu con­suma­tore hai bisog­no oggi».

Le impli­cazioni di ques­ta “cul­tura del­l’in­deb­ita­men­to” e del­la trasfor­mazione del con­suma­tore in lavo­ra­tore incon­sapev­ole nel­l’anal­isi di Cur­cio van­no oltre le cor­sie degli iper­me­r­cati. Da un lato, infat­ti, «l’in­deb­ita­men­to su scala inter­nazionale sig­nifi­ca una sola cosa: la guer­ra per le materie prime che stan­no a fon­da­men­to dei pro­ces­si di con­trol­lo mon­di­ale, come quel­la in Iraq per il petro­lio o quel­la che in Con­go ha ridot­to in schi­av­itù moltissi­mi bam­bi­ni, imp­ie­gati nel­l’es­trazione del coltan, un min­erale pre­sente in tut­ti i tele­foni­ni».

Dal­l’al­tro questi pro­ces­si han­no delle riper­cus­sioni anche sug­li stes­si dipen­den­ti degli iper­me­r­cati, che sono anche con­suma­tori. «Il giorno del loro com­plean­no — ha spie­ga­to Cur­cio — alcu­ni di loro, assun­ti con con­trat­ti a tem­po deter­mi­na­to ricevono una let­tera che con­tiene in “rega­lo” una car­ta per effet­tuare acquisti nel­l’iper­me­r­ca­to con una disponi­bil­ità di cred­i­to con­sis­tente. I loro stipen­di, però, sono bassi, così spe­so finis­cono per indeb­itar­si con la loro stes­sa azien­da, che può sfruttare ques­ta vul­ner­a­bil­ità per vio­lare i loro dirit­ti di lavo­ra­tori».
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Arti­co­lo pub­bli­ca­to il 23 aprile 2005 sul Pic­co­lo Gior­nale di Cre­mona

Arti­co­lo pub­bli­ca­to anche su Medi­um

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