in Media

E il quar­to giorno final­mente anche in tele­vi­sione qual­cuno ebbe il cor­ag­gio di dire che sì, forse la cop­er­tu­ra medi­at­i­ca ris­er­va­ta all’ag­o­nia fatale del Papa era sta­ta un po’ trop­po ecces­si­va per quan­tità e ripet­i­ti­va per qual­ità.

Ma si è trat­ta­to di ester­nazioni fugaci, estem­po­ra­nee, pro­nun­ci­ate qua­si sot­to voce pri­ma di essere rap­i­da­mente inghiot­tite in un oceano immen­so di lacrime di coc­co­drillo, a base dei soli­ti com­men­ti, di inter­viste tutte uguali ai fedeli affran­ti per la scom­parsa del pon­tefice, pro­poste e ripro­poste sen­za soluzione di con­ti­nu­ità, e delle stesse immag­i­ni di reper­to­rio trasmesse a ciclo con­tin­uo: la pri­ma usci­ta pub­bli­ca in piaz­za San Pietro dopo la des­ig­nazione del con­clave, l’at­ten­ta­to del 1981, le scam­pag­nate in mon­tagna e i suoi incon­tri con i gio­vani, i Papaboys, che ci ripetono decine, centi­na­ia di volte dal­lo scher­mo di con­sid­er­ar­lo alla stregua di un padre o di un non­no…

Nel frat­tem­po nel Paese reale mil­ioni di fedeli ver­sa­vano lacrime vere, non di coc­co­drillo, e molti altri ital­iani si affolla­vano nelle videoteche del­la peniso­la o nav­i­ga­vano su Inter­net alla ricer­ca di un anti­do­to per il cor­to cir­cuito medi­ati­co da cui era­no sta­ti tra­volti. La cop­er­tu­ra ris­er­va­ta all’ag­o­nia e alla morte di Papa Wojty­la, infat­ti, non ha prece­den­ti nel­la sto­ria del nos­tro Paese. Nep­pure lo tsuna­mi del dicem­bre scor­so, che ave­va col­pi­to quel­la popo­lazione povera che il pon­tefice cita­va spes­so nei suoi dis­cor­si, era rius­ci­to a catal­iz­zare tan­ta atten­zione.

È un Papa che ha uti­liz­za­to i mezzi medi­ati­ci per portare la reli­gione nel­la sfera pub­bli­ca, al di fuori del­la dimen­sione inte­ri­ore, pri­va­ta, e dunque era inevitabile che ricevesse questo trat­ta­men­to in pun­to di morte. Questo con­cet­to è sta­to ripetu­to molte volte negli ulti­mi giorni, eppure non sem­bra cogliere appieno la realtà. Papa Wojty­la, è vero, a dif­feren­za dei suoi pre­de­ces­sori ha saputo sfruttare appieno le mod­erne tec­nolo­gie del­la comu­ni­cazione. Nel far­lo, però, sem­bra non aver con­sid­er­a­to il clas­si­co inseg­na­men­to di Mar­shall McLuhan, cele­bre stu­dioso di comu­ni­cazione che già diver­si anni fa ha spie­ga­to, con una frase a effet­to, che “the medi­um is the mes­sage”, ovvero che il mez­zo di comu­ni­cazione inevitabil­mente con­diziona il mes­sag­gio che inten­di­amo trasmet­tere attra­ver­so di esso.

E anche il Papa, accettan­do di scen­dere a pat­ti con il “diavo­lo” dei mass media per sfrut­tar­li a van­tag­gio pro­prio e del­la sua mis­sione evan­ge­liz­za­trice, ha fini­to per restare vit­ti­ma dei loro ingranag­gi. Lo dimostra il trat­ta­men­to deg­no di un per­son­ag­gio del­lo star sys­tem che gli è sta­to ris­er­va­to, che in ulti­ma istan­za ha dirot­ta­to l’at­ten­zione prin­ci­pal­mente su di lui, in quan­to Papa-per­son­ag­gio, piut­tosto che sul con­tenu­to dei suoi mes­sag­gi e sul­la situ­azione dei tan­ti Pae­si che ha vis­i­ta­to nel cor­so del suo lun­go pap­a­to.

I gran­di media seguono logiche pro­prie, attra­ver­so una cop­er­tu­ra selet­ti­va che taglia, cuce e incol­la la realtà in base alle pro­prie esi­gen­ze. E così è sta­to anche in questi giorni di lut­to, in cui si è prefer­i­to dare enorme risalto al ruo­lo gio­ca­to dal Papa nel­la fase di decli­no e cadu­ta del bloc­co sovi­eti­co o al suo rap­por­to spe­ciale con i gio­vani. Sul­lo sfon­do, accen­nate solo en pas­sant, sono rimaste altre ques­tioni “sco­mode”, che invece avreb­bero mer­i­ta­to un’at­ten­zione mag­giore.

Su tutte quel­la del­la guer­ra, cui il Papa si era stren­u­a­mente oppos­to nel dis­in­ter­esse com­ple­to dei leader politi­ci mon­di­ali che in questi giorni sono accor­si a Roma per ren­der­gli omag­gio e dire quan­to era bra­vo e sag­gio. È abbas­tan­za depri­mente, infat­ti, dover sop­portare la trasmis­sione ripetu­ta del mes­sag­gio tv del pres­i­dente amer­i­cano, George W. Bush, il padre di tut­ti i guer­ra­fondai e pal­a­di­ni del­la pena di morte, che affi­an­ca­to dal­la moglie Lau­ra, impeg­na­ta in uno sfor­zo sovru­mano per assumere un’e­spres­sione affran­ta, legge qualche frase di cir­costan­za scrit­ta da qual­cun altro.

Qualche com­men­ta­tore ha anche fat­to notare che in ques­ta augus­ta cel­e­brazione del Papa trop­po pochi e trop­po timi­di sono sta­ti i rifer­i­men­ti alle per­iferie del mon­do, i Pae­si dila­niati dalle guerre, dalle malat­tie e dal­lo sfrut­ta­men­to por­ta­to avan­ti nel dis­in­ter­esse o, peg­gio, con la com­plic­ità, di quel­lo stes­so Occi­dente di cui il pon­tefice crit­i­ca­va l’e­go­is­mo.

Dietro all’im­po­nente immag­ine pub­bli­ca di questo pon­tefice foto­geni­co, poi, sono rimasti occul­tati i prob­le­mi con cui deve fare i con­ti la chiesa che ha guida­to e rap­p­re­sen­ta­to dal 1978 a oggi. Nel­lo stes­so arco di tem­po, infat­ti, l’Eu­ropa è sta­ta attra­ver­sa­ta da una forte ten­den­za alla sec­o­lar­iz­zazione, all’al­lon­tana­men­to dal cul­to e dalle altre isti­tuzioni cris­tiane, al pun­to che pro­prio in Italia la per­centuale del­la popo­lazione che si reca rego­lar­mente a mes­sa almeno una vol­ta alla set­ti­mana è sce­sa dal 36 per cen­to del 1981, lo stes­so anno del­l’at­ten­ta­to di Ali Agca, al 32,5 per cen­to del 1985, e così via a scen­dere fino al 25,8 per cen­to del 1999.

Se non bas­tasse, un’inchi­es­ta del­la Spon­sor­ship Research Inter­na­tion­al con­dot­ta in sei nazioni ha riv­e­la­to che la croce, uno dei più poten­ti sim­boli di fede del mon­do occi­den­tale, oggi viene riconosci­u­ta meno facil­mente degli archi dorati di McDon­ald’s, il colos­so glob­ale dei fast food.

Il suc­ces­sore di Wojty­la, insom­ma, è atte­so dal­la mis­sione proibiti­va di coni­u­gare un’im­mag­ine medi­at­i­ca all’al­tez­za di quel­la del suo pre­de­ces­sore con un’­opera di con­sol­i­da­men­to e ripresa del­l’in­fluen­za del­la chiesa cat­toli­ca, incalza­ta in molti Pae­si dal­la “con­cor­ren­za” di altri cre­do in forte asce­sa, Islam in prim­is.

Arti­co­lo pub­bli­ca­to il 9 aprile 2005 sul Pic­co­lo Gior­nale di Cre­mona

Arti­co­lo pub­bli­ca­to anche su Medi­um

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