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Ven­gono def­i­nite “l’al­tra metà del cielo”, ma quan­do si trat­ta di polit­i­ca o, meglio, di poltrone e incar­ichi uffi­ciali nel­l’am­bito del­la polit­i­ca, rap­p­re­sen­tano molto meno del­la metà. Il tema del­la rap­p­re­sen­tan­za delle donne nelle isti­tuzioni pub­bliche tor­na peri­odica­mente a fare capoli­no nel dibat­ti­to nazionale, ma fino­ra i pas­si in avan­ti sono sta­ti piut­tosto strim­inz­i­ti e le leve del potere, sal­vo rare eccezioni, riman­gono anco­ra sal­da­mente in mani maschili.

Il dis­cor­so vale, purtrop­po, anche per la nos­tra provin­cia e il Pic­co­lo Gior­nale, per tentare di mis­urare con esat­tez­za l’en­tità di questo squilib­rio nel ter­ri­to­rio, ha pre­so in con­sid­er­azione la com­po­sizione delle giunte e dei con­sigli di tut­ti i 115 Comu­ni che la com­pon­gono. Ne è emer­so un quadro che riflette, a gran­di linee, quel­lo che si reg­is­tra a liv­el­lo nazionale. Nel com­p­lesso, sen­za fare dis­tinzioni di car­i­ca, le donne pre­sen­ti nelle giunte e nei con­sigli comu­nali del ter­ri­to­rio cre­monese risul­tano essere 390 su un totale di 1.686 posti, pari a una per­centuale del 23,1 per cen­to.

La per­centuale di pre­sen­za fem­minile res­ta pres­soché iden­ti­ca se si pren­dono in con­sid­er­azione solo i con­sigli comu­nali. A fronte di 1.189 posti totali, infat­ti, quel­li occu­pati da donne sono 282, pari al 23,7 per cen­to. La loro pre­sen­za, però, si fa sem­pre più rar­efat­ta man mano che si sale nel­la ger­ar­chia del potere. Dei 497 sin­daci e asses­sori dei Comu­ni cre­mone­si, infat­ti, solo 108 (il 21,7 per cen­to) sono donne, e con­sideran­do solo i pri­mi cit­ta­di­ni la stes­sa per­centuale crol­la al 13,9 per cen­to. Solo 16 ammin­is­trazioni comu­nali su 115, infat­ti, sono gui­date da una don­na.

Tra i Comu­ni mag­giori del nos­tro ter­ri­to­rio è Cre­mona a reg­is­trare la per­centuale più alta di pre­sen­ze fem­minili (26 per cen­to), con cinque asses­sori donne e otto con­sigliere, segui­ta da Soresina (21,1 per cen­to), Casalmag­giore (20 per cen­to), Cre­ma (12,8 per cen­to) e Castelleone (11,8 per cen­to). In asso­lu­to, però, è Stag­no Lom­bar­do a con­quistare il tito­lo di Comune più “rosa”, con il 57,1 per cen­to.

Caso uni­co in asso­lu­to, le donne a Stag­no sono in mag­gio­ran­za sia in giun­ta (oltre al sin­da­co, uno dei due asses­sori è don­na) che in con­siglio, con sei degli 11 con­siglieri donne. Gli altri Comu­ni del nos­tro ter­ri­to­rio più vir­tu­osi dal pun­to di vista del­la rap­p­re­sen­tan­za fem­minile sono, nel­l’or­dine, Ca’ d’An­drea (53,8 per cen­to), e, tut­ti con il 46,2 per cen­to, Iso­la Dovarese, Malagni­no, Mot­ta Baluffi, Pieve d’Ol­mi, Quin­tano e San Bas­sano.

La maglia nera di ques­ta clas­si­fi­ca molto par­ti­co­lare spet­ta invece a Pizzighet­tone e Sospiro, nelle cui ammin­is­trazioni le donne sono ferme al 5,6 per cen­to, che in entram­bi i casi cor­risponde a una sola con­sigliera. I dati com­pleti, Comune per Comune, del­l’inchi­es­ta del Pic­co­lo rel­a­ti­va alla provin­cia di Cre­mona sono rag­grup­pati in un file pdf.

Susanna Creperio Verratti: «È una battaglia culturale»

Come spie­gare la scarsa pre­sen­za fem­minile all’in­ter­no delle nos­tre isti­tuzioni? Susan­na Crepe­rio Ver­rat­ti, filoso­fa e poli­tolo­ga, che ha fonda­to nel 2002 il Comi­ta­to Club­Don­naPo­lit­i­ca a Milano, pun­ta l’indice con­tro i par­ti­ti, accusati di essere «un muro di gom­ma. Una ver­gogna, se si pen­sa che in base all’ar­ti­co­lo 49 del­la nos­tra Cos­ti­tuzione sono nati come asso­ci­azioni che han­no lo scopo di con­cor­rere con meto­do demo­c­ra­ti­co a deter­minare la polit­i­ca nazionale». Per Ver­rat­ti, «l’esclu­sione delle ital­iane dal­la polit­i­ca rap­p­re­sen­ta un grave sin­to­mo di democrazia non vera­mente rap­p­re­sen­ta­ti­va, di democrazia a metà. La polit­i­ca è o dovrebbe essere una pas­sione e una vocazione. Quin­di bisogna sostenere e poten­ziare chi, donne o uomi­ni, ha davvero queste doti».

Il guaio è che «la polit­i­ca da sem­pre è fat­ta da uomi­ni, e dunque ha tem­pi e regole al maschile. Qui sta il vero prob­le­ma. Ma se davvero una per­sona è chia­ma­ta alla polit­i­ca, è in gra­do di svol­gere bene il suo com­pi­to, indipen­den­te­mente dal ses­so. Si dice che le donne sono più prag­matiche, han­no una visione più ampia. Può dar­si. Ma non per­ché sono donne devono occu­par­si solo di prob­le­mi sociali o educa­tivi. Una cosa è cer­ta: molte donne in polit­i­ca cam­biereb­bero l’im­mag­ine sociale e cul­tur­ale del­la don­na. Ecco per­ché per me la battaglia per la rap­p­re­sen­tan­za alla pari è impor­tante. È una battaglia cul­tur­ale».

C’è chi con­sid­era le cosid­dette “quote rosa”, ovvero l’ob­bli­go di ris­er­vare alle donne un cer­to numero di posti nelle liste elet­torali, la pos­si­bile soluzione al prob­le­ma. È quel­lo che è avvenu­to, per esem­pio, alla vig­ilia delle ultime elezioni europee, quan­do il gov­er­no ha impos­to una quo­ta del 33 per cen­to per le can­di­da­ture al fem­minile. Una soluzione che, però, non con­vince Susan­na Crepe­rio Ver­rat­ti, sec­on­do la quale «le quote ci avreb­bero aiu­tate negli anni Set­tan­ta, come è accadu­to nel Nord Europa. Oggi ci riman­dano nel ghet­to e ci umil­iano. La battaglia per la par­ità non sig­nifi­ca esigere il 50 per cen­to di can­di­da­ture al fem­minile. Sig­nifi­ca piut­tosto puntare a una pre­sen­za nei par­la­men­ti e al gov­er­no al 50 per cen­to».

Anna Rozza: «No alle riserve indiane»

Anche l’asses­sore provin­ciale Anna Roz­za si dice con­traria alle “quote rosa” che rib­at­tez­za, in modo elo­quente, “ris­erve indi­ane”. I mec­ca­n­is­mi del­la polit­i­ca, per l’asses­sore, «devono riconoscere la capac­ità delle donne di occu­par­si del­la cosa pub­bli­ca, ma sulle quote non sono mai sta­ta d’ac­cor­do. Mi sono sem­pre tenu­ta alla larga dalle zone pro­tette e pen­so che le cose andreb­bero meglio se gli uomi­ni si com­por­tassero meglio e le donne si com­por­tassero da donne. Però sono con­vin­ta che ques­ta sia una ques­tione cul­tur­ale che dur­erà anco­ra molto a lun­go».

Alla luce del­la sua per­son­ale espe­rien­za isti­tuzionale, pri­ma come asses­sore comu­nale a Cre­ma e ora come asses­sore in Provin­cia, Roz­za spie­ga che in polit­i­ca per le donne «non c’è mai nul­la di scon­ta­to. A noi donne, infat­ti, ven­gono fat­te radi­ografie ter­ri­bili e tut­to quel­lo che fac­ciamo viene ricon­trol­la­to più volte, cosa che invece non avviene nel caso degli uomi­ni. Io me ne sono resa con­to sul­la mia pelle sia a Cre­ma che a Cre­mona, dove pure lavoro al fian­co di uomi­ni com­pe­ten­ti e capaci». Per l’asses­sore, inoltre, «le donne di soli­to han­no una visione del­la polit­i­ca diver­sa rispet­to agli uomi­ni, nel sen­so che non la vivono nec­es­sari­a­mente come uno stru­men­to di potere».

Nel frat­tem­po, in alter­na­ti­va al sis­tema delle quote, c’è chi ha pro­pos­to di favorire la pre­sen­za delle donne in polit­i­ca impo­nen­do regole per la par­ità di acces­so di entram­bi i ses­si alle cariche elet­tive e agli incar­ichi pub­bli­ci. Come? Sul­la fal­sari­ga dei con­cor­si pub­bli­ci, ossia ren­den­do esplic­i­ti e traspar­en­ti i cri­teri di selezione delle can­di­da­ture e obbli­gan­do i par­ti­ti politi­ci a pub­bli­care le richi­este di can­di­datu­ra e i risul­tati delle selezioni con i rel­a­tivi cur­ricu­lum. Dunque non favoren­do le donne come stirpe in estinzione medi­ante norme vin­colan­ti, ma dan­do loro oppor­tu­nità alla pari con gli uomi­ni di essere incluse nelle liste e di com­petere per essere elette.

Per San­dro Bon­di, però, finché al gov­er­no ci sarà Sil­vio Berlus­coni le donne ital­iane saran­no comunque rap­p­re­sen­tate in qualche modo. Il dep­u­ta­to azzur­ro, che sta scriven­do un libro pro­prio su “Polit­i­ca e potere al fem­minile”, ritiene infat­ti che la polit­i­ca fem­minile sia «molto vic­i­na al modo di inten­dere la polit­i­ca da parte di Berlus­coni», per­ché «lui non conosce il potere del­la forza né quel­lo del­l’o­dio, come dimostra il per­dono con­ces­so al gio­vane man­to­vano che lo ha aggred­i­to con un trep­piede a Roma».

A livello nazionale situazione ancora più grave

La situ­azione reg­is­tra­ta a liv­el­lo locale nei Comu­ni del­la nos­tra provin­cia per quan­to grave è decisa­mente più incor­ag­giante rispet­to a quel­la nazionale. Per quan­to riguar­da, infat­ti, la rap­p­re­sen­tan­za fem­minile nelle assem­blee leg­isla­tive del­l’I­talia repub­bli­cana, dopo la fles­sione degli anni Cinquan­ta e la suc­ces­si­va stasi degli anni Ses­san­ta, è cresci­u­ta, anche se in modo dis­con­tin­uo, a par­tire dal 1972.

Le elezioni del 1996 han­no invece deter­mi­na­to una nuo­va fles­sione del­la pre­sen­za fem­minile, dimi­nui­ta nel Par­la­men­to dal 12,9 per cen­to al 10,3 per cen­to, e attes­ta­ta al 10,1 per cen­to nel­la tor­na­ta elet­torale del 2001. La mag­giore riduzione si è ver­i­fi­ca­ta alla Cam­era, dove i seg­gi sono pas­sati dai 93 del 1994 agli attuali 71, ma anche le con­sul­tazioni per l’elezione del Sen­a­to han­no deter­mi­na­to una dimin­uzione dei seg­gi da 29 a 25.

La pre­sen­za fem­minile attuale alla Cam­era è pari all’11,3 per cen­to e al Sen­a­to al 7,9 per cen­to, anche se in quest’ul­ti­mo caso la situ­azione varia in misura sig­ni­fica­ti­va tra i due schiera­men­ti prin­ci­pali. Nel cen­trode­stra, infat­ti, le sen­a­tri­ci sono pari al 4 per cen­to soltan­to, men­tre nelle fila del cen­trosin­is­tra la stes­sa per­centuale sale al 13,5 per cen­to. Le donne elette in Lom­bar­dia alla Cam­era sono 10 e al Sen­a­to quat­tro.

Anche anal­iz­zan­do i dati rel­a­tivi alle elezioni region­ali emerge un arretra­men­to del­la pre­sen­za fem­minile. Met­ten­do a con­fron­to, infat­ti, i risul­tati delle elezioni region­ali svolte­si nel 1995 con quelle del 2000, si nota infat­ti che in qua­si tutte le regioni le ultime elezioni han­no fat­to seg­nare un pas­so indi­etro più o meno sig­ni­fica­ti­vo del­la rap­p­re­sen­tan­za fem­minile. In Lom­bar­dia, in par­ti­co­lare, dalle 15 donne su 90 con­siglieri totali elette 10 anni fa e pari al 16,6 per cen­to del totale, si è pas­sati a 10 donne su un totale di 80 con­siglieri, pari al 12,50 per cen­to.

Per quan­to riguar­da, invece, i Comu­ni, è inter­es­sante notare che il numero delle con­sigliere comu­nali risul­ta mag­giore in quel­li di minore dimen­sione demografi­ca. Tra i capolu­oghi di Provin­cia, infat­ti, le donne sin­da­co sono solo il 6,2 per cen­to, le donne asses­sore il 13,66 per cen­to e le con­sigliere l’11,2 per cen­to del totale, nei Comu­ni supe­ri­ori ai 15mila abi­tan­ti le stesse per­centu­ali sono pari al 4,7, 14,4 e 10,9 per cen­to, men­tre nei cen­tri più pic­coli, con meno di 15mila abi­tan­ti, le stesse per­centu­ali sal­go­no rispet­ti­va­mente al 6,8, 15,9 e 17,9 per cen­to.

Nel 2004 una quota riservata per le Europee

L’an­no scor­so il gov­er­no, in pre­vi­sione delle elezioni europee, ave­va approva­to un dis­eg­no legge che ha sta­bil­i­to una quo­ta del 33 per cen­to di can­di­da­ture fem­minili. Un suc­ces­so delle battaglie decen­nali delle donne. Anche se, sec­on­do la sen­a­trice Vit­to­ria Fran­co, la nor­ma così come è con­geg­na­ta non garan­tisce la pro­porzion­al­ità tra can­di­da­ture ed effet­tive elezioni. Si sta­bilisce infat­ti gener­i­ca­mente la quo­ta min­i­ma del 33 per cen­to per le can­di­da­ture ris­er­vate alle donne, ma sen­za lim­i­ti sul come e sul dove.

In alter­na­ti­va, c’è chi ha avan­za­to la pro­pos­ta di quote del 50 per cen­to, con alter­nan­za uomo-don­na nelle liste, som­ma­ta alla inam­mis­si­bil­ità delle liste che non pre­sen­tano queste carat­ter­is­tiche. «Quel­la fem­minile nel­la polit­i­ca è molto più che una riven­di­cazione cor­po­ra­ti­va — ha sot­to­lin­eato Vit­to­ria Fran­co — per­ché le donne cos­ti­tu­is­cono più del­la metà del cor­po elet­torale. Le donne in gen­erale sono più colte, più istru­ite, e quan­do arrivano all’am­min­is­trazione pub­bli­ca, soprat­tut­to negli enti locali, dimostra­no con­cretez­za, abil­ità ed eccel­len­za nelle relazioni, riscuotono mag­gior fidu­cia e godono di autorev­olez­za. Però sono, siamo, anco­ra poche».

A lottare per i dirit­ti delle donne in polit­i­ca è anche Arci­don­na, che l’an­no scor­so ave­va pro­mosso una cam­pagna sociale speci­fi­ca per tentare di avere più donne al Par­la­men­to europeo. Cam­pagna che era par­ti­ta da Paler­mo il 4 mar­zo e si era poi dira­ma­ta per tut­ta l’I­talia. La battaglia non è des­ti­na­ta a morire. L’o­bi­et­ti­vo comune, infat­ti, è di esten­dere la legge sul­la can­di­datu­ra delle donne anche alle elezioni ammin­is­tra­tive e alle politiche. Per rag­giun­gere vera­mente la tan­to sospi­ra­ta con­dizione di “pari oppor­tu­nità”, che in altri Pae­si, specie in quel­li del Nord Europa, rap­p­re­sen­ta ormai una situ­azione con­sol­i­da­ta. Su tut­ti il caso del­la Fin­lan­dia, il cui con­tin­gente all’Eu­ropar­la­men­to è for­ma­to per due terzi da rap­p­re­sen­tan­ti donne, o quel­lo del­la Svezia, che all’Ue ha rag­giun­to un sostanziale equi­lib­rio tra i due ses­si.

Arti­co­lo pub­bli­ca­to il 29 gen­naio 2005 sul Pic­co­lo Gior­nale di Cre­mona

Arti­co­lo pub­bli­ca­to anche su Medi­um

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