Di certo, per ora, c’è solo la data: il pomeriggio di venerdì 14 gennaio. Il programma dettagliato della visita a Cremona del presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, è invece ancora un rebus. L’unica conferma giunta finora dal Pirellone è che “Governator” ha dato la disponibilità a visitare il Centro per l’Impiego gestito dalla Provincia di Cremona. A una manciata di mesi dal voto per le regionali, però, la visita di Formigoni nel nostro territorio assume un significato particolare soprattutto perché segna, di fatto, l’inizio della campagna elettorale, alla quale il presidente, in sella alla Regione dalla metà degli anni Novanta, si presenta indossando ancora una volta la maglia rosa del favorito.
La settimana che precede la trasferta cremonese promette di essere particolarmente ricca di novità. Mentre il centrosinistra sta ancora valutando la fattibilità della lista unitaria dell’Ulivo per sostenere Riccardo Sarfatti, il suo candidato nella corsa al Pirellone, per Formigoni resta infatti ancora da sciogliere il nodo della cosiddetta “lista del governatore”, che al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, non piace neanche un po’, perché rischia di togliere smalto, e soprattutto voti, a Forza Italia e, di conseguenza, allo stesso Berlusconi.
Del resto Formigoni e il Cavaliere, al di là delle dichiarazioni ufficiali, non sono mai andati troppo d’accordo. Il governatore, infatti, ha rivelato più volte una certa propensione a “giocare” da battitore libero. Tanto più che in Lombardia può contare su una fitta e solida rete di consenso costruita in un decennio di monarchia assoluta, o quasi. Anche grazie alla lobby di Comunione e Liberazione, attiva attraverso il braccio secolare della Compagnia delle Opere e forte di una corrente che, partito nel partito, ha conquistato sempre più influenza all’interno di Forza Italia nella nostra regione. Nella sua breve visita a Cremona, comunque, Formigoni dovrà fare i conti con i mugugni di chi è convinto che la sua giunta abbia trascurato il sud della Lombardia, colpevole di essere amministrato dal centrosinistra in tutti i centri più importanti, a vantaggio delle province più destrorse.
Luciano Pizzetti, segretario regionale dei Democratici di Sinistra e consigliere regionale destinato a rappresentare il centrosinistra cremonese anche nella prossima tornata elettorale di primavera, liquida l’immagine pubblica decisionista ed efficiente di Formigoni come «riformismo patinato». Per Pizzetti, infatti, «le grandi azioni riformiste del presidente della Regione sono solo nella propaganda», mentre nella realtà il riformismo formigoniano «è nelle catacombe». La verità, per il segretario Ds, è che «se il prodotto interno lordo in Italia è cresciuto poco negli ultimi anni, nella nostra regione è calato insieme all’export. La colpa, ovviamente, non è solo di Formigoni, ma resta il fatto che il suo è un riformismo di facciata. Del resto la Lombardia, la regione federalista per eccellenza, è l’unica che non ha ancora discusso il suo statuto».
Per motivare questa bocciatura, il segretario Ds cita anche la legge 31 di riforma sanitaria, «che non ha comportato un aumento significativo della qualità dei servizi, ma in compenso ha gonfiato i costi a carico della Regione». Pizzetti, in particolare, accusa il centrodestra di aver difeso ideologicamente questa legge, anche di fronte ai problemi che ha finito per provocare, e se la prende con la riforma delle Ipab, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, «che non affronta il tema dell’accesso a queste strutture da parte delle fasce sociali più deboli, costrette ad arrangiarsi da sole o ad affidarsi all’aiuto degli enti localii. Per questo ritengo che sarebbe meglio dirottare sulla non autosufficienza l’addizionale Irpef dello 0,50 per cento introdotta per tamponare il buco di bilancio della sanità».
Nel mirino delle critiche di Pizzetti finiscono anche i buoni scuola. L’accusa rivolta a Formigoni & C., anche in questo caso, è quella di aver trasformato uno strumento potenzialmente positivo nel pretesto per l’ennesima battaglia ideologica, perché «assegnare i buoni a tutti, senza distinzioni di reddito, significa ridurre drasticamente il loro importo, rendendoli perciò insufficienti per chi ne avrebbe realmente bisogno».
Il lungo cahier des doléances del segretario regionale Ds comprende anche l’annoso tema delle infrastrutture, rispetto al quale Formigoni avrebbe vantato meriti che non ha. «Le uniche opere di rilievo realizzate in Lombardia nell’ultimo decennio — sostiene infatti Pizzetti — sono state possibili grazie a iniziative altrui. L’hub di Malpensa, per esempio, è stato attivato dal governo nazionale del centrosinistra e la fiera lombarda di Rho-Pero si deve all’impegno delle amministrazioni locali interessate al progetto. Lo stesso discorso vale per l’autostrada Cremona-Mantova, l’unica opera che verrà realizzata sicuramente nella nostra provincia, mentre sul fronte dei treni, della Paullese, del Porto di Cremona e della tangenziale di Milano resta tutto da vedere». E riferendosi ai manifesti elettorali senza simboli di partito comparsi qualche giorno fa a Milano, in cui Formigoni si dichiara “presidente di tutti”, il segretario Ds ironizza, dicendo di voler «capire se è anche il presidente dei pendolari e di chi percorre tutti i giorni la Paullese».
In attesa dell’eventuale replica dello stesso governatore, in occasione della sua imminente visita a Cremona, è il consigliere regionale Gianni Rossoni, un veterano del Pirellone, essendo già alla sua terza legislatura, a farsi carico della difesa dell’operato del centrodestra in Lombardia. «Per noi parlano i numeri — spiega Rossoni — Il nostro bilancio, infatti, è certificato e in sanità siamo riusciti a coniugare il pareggio dei conti con la grande qualità dei servizi erogati, tanto che sono molti i pazienti residenti in altre regioni che vengono a farsi curare nelle strutture lombarde».
Rossoni, che come Pizzetti cercherà la riconferma nelle elezioni di primavera e viene già accreditato, in caso di vittoria del centrodestra, di un assessorato nella squadra formigoniana, rivendica anche «l’efficienza raggiunta dalla nostra regione rispetto ai livelli essenziali di assistenza», mentre per quanto riguarda le magagne delle ferrovie sottolinea che «siamo arrivati anche noi al limite della sopportazione insieme ai pendolari. A partire da marzo, però, quattro dei nuovi locomotori che ci sono stati promessi da Trenitalia e Rfi dovrebbero entrare in servizio sulla linea Milano-Cremona-Mantova».
Rispetto al segretario regionale Ds, inoltre, Rossoni è decisamente più ottimista per quanto riguarda la realizzazione di alcune nuove infrastrutture di trasporto che interessano, direttamente o indirettamente, il nostro territorio e cita, per esempio, la gara d’appalto per il primo tratto della Cremona-Spino d’Adda «che ormai è ai nastri di partenza», il prolungamento della metropolitana milanese tra San Donato e Paullo, «per il quale c’è ormai l’accordo degli enti locali interessati e sono stati messi a disposizione 900mila euro per lo studio di fattibilità», e il collegamento ferroviario Pizzighettone-Castelleone, un segmento che potrebbe rientrare nel corridoio “5” ad alta capacità Barcellona-Kiev.
Sul voto l’ombra dell’inchiesta “Oil for food”
La notizia è di quelle normalmente destinate a fare scalpore, ma i mezzi di comunicazione italiani l’hanno quasi tutti snobbata o relegata in un trafiletto, con le solitarie eccezioni del Sole 24 Ore e dei settimanali L’Espresso e Diario. Il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, avrebbe beneficiato dell’assegnazione di una quota di petrolio pari a 24,5 milioni di barili da parte del regime iracheno di Saddam Hussein, nell’ambito di un torbido traffico di greggio che sfruttava le maglie larghe di “Oil for food”, il programma “petrolio in cambio di cibo” varato dall’Onu per alleviare gli effetti dell’embargo imposto al Paese dagli Stati Uniti al termine della prima guerra del Golfo del 1991.
In teoria i ricavi della vendita del greggio iracheno avrebbero dovuto essere destinati all’acquisto di medicinali e alimenti per la popolazione. In pratica, invece, le Nazioni Unite si limitavano a stabilire periodicamente le quote di petrolio che l’Iraq poteva mettere in commercio, ma di fatto era la Somo, l’agenzia petrolifera del deposto regime di Saddam Hussein, a decidere a chi concedere le assegnazioni. Questa, almeno, è la conclusione cui è giunto un rapporto dell’Iraq Survey Group, guidato dall’ex ispettore Onu Charles Duelfer, i cui risultati sono stati presentati nell’ottobre scorso al Congresso degli Stati Uniti.
Come ha spiegato Gianni Barbacetto in un articolo pubblicato sul numero di Diario del 29 ottobre 2003, gli elenchi di chi avrebbe ottenuto assegnazioni di greggio da parte del regime di Saddam comprendono grandi compagnie petrolifere come Agip, Elf e Total, «ma anche singole persone ed esponenti politici di una cinquantina di Paesi del mondo». Tra di loro spicca, appunto, Roberto Formigoni, che avrebbe ricevuto l’assegnazione più massiccia tra quelle fatte ai soggetti italiani citati dal rapporto Duelfer. Il suo nome è associato a quello della Cogep, una piccola srl che potrebbe essersi occupata della commercializzazione del greggio elargito al governatore.
Attraverso queste concessioni, sottolinea Barbacetto, il regime iracheno poteva ricompensare i propri “amici” per la loro vicinanza politica. «Il detentore delle assegnazioni, infatti, poteva rivendere i suoi contratti a trader compiacenti e riservati, spuntando di solito robusti margini di guadagno», che nel caso di Formigoni sono stati quantificati in una forbice compresa tra i 500mila e i cinque milioni di dollari. Secondo l’inchiesta realizzata a quattro mani da Claudio Gatti e Mark Turner per Sole 24 Ore e Financial Times, era Tareq Aziz, braccio destro di Saddam Hussein nonché amico di Formigoni, a coordinare le assegnazioni di greggio ai referenti del regime all’estero.
Vero o falso che sia il suo coinvolgimento nella vicenda, resta il fatto che Roberto Formigoni, al di là di qualche replica stizzita, fino a oggi ha evitato di affrontare l’argomento e una mozione presentata in ottobre dai Ds in Consiglio regionale, per impegnarlo a rendere conto di quanto contenuto nel rapporto Duelfer, è stata bocciata dalla maggioranza. L’unico elemento in più in proposito lo fornisce il segretario regionale Ds, Luciano Pizzetti: «Lui sostiene che si tratta di un complotto della Cia…».
Le accuse di corruzione nell’ambito del programma “Oil for food” sono ora al vaglio di una commissione indipendente varata dall’Onu nell’aprile dello scorso anno e presieduta da Paul Volcker, ex presidente della Federal Reserve americana. E le sue conclusioni principali, attese entro la metà di quest’anno, potrebbero annuvolare un po’ il cielo elettorale del presidente della Lombardia.
La Provincia prepara un “libro bianco”
La prossima riunione della giunta provinciale di Cremona, in programma martedì 11 dicembre, metterà a punto una sorta di “libro bianco” da presentare al presidente della Regione, Roberto Formigoni, in occasione della sua trasferta-lampo sotto il Torrazzo. Il documento, alla cui stesura stanno collaborando in questi giorni i vari settori dell’amministrazione provinciale, conterrà una lista degli interventi ritenuti prioritari per il nostro territorio che la Provincia intende sottoporre all’attenzione del governatore.
Già diversi giorni fa, inoltre, il presidente Torchio ha annunciato l’intenzione di restituire tutte le deleghe regionali in occasione della visita di Formigoni, come segno di protesta contro la Finanziaria, che «così come è stata approvata con il voto del Parlamento, ci impedisce di esercitarle. Il documento approvato dal governo senza le necessarie modifiche “tecniche”, infatti, comporta un taglio di oltre dieci milioni e mezzo di euro alle risorse disponibili per la Provincia di Cremona». A sostegno di questa battaglia, che ovviamente non prende di mira il Pirellone bensì il governo Berlusconi, Torchio spera di riuscire a trovare il consenso di tutti i presidenti delle amministrazioni provinciali lombarde, raggiungendo un accordo trasversale rispetto alle appartenenze di partito.
In vista della visita di Formigoni, comunque, anche dalla Provincia si leva una voce critica nei confronti dell’operato della giunta regionale. È quella di Anna Rozza, assessore provinciale alle Politiche sociali e all’Immigrazione, che accusa la maggioranza in Regione di aver «espropriato di diritti i cittadini più deboli, dirottando sempre più risorse verso il settore privato a discapito del pubblico e senza aver approntato un piano dei servizi».
Per l’assessore Rozza, le due ultime legislature targate Formigoni hanno provocato un danno grave anche alla sanità e alla scuola pubblica. «Per il presidente della Regione — ha aggiunto — le Province sono pressoché inesistenti. Questa giunta non le vede come enti intermedi, infatti, soprattutto in campo sociale». Per questo Anna Rozza ammette di essere «fortemente preoccupata» dalla prospettiva che Formigoni possa vincere di nuovo le elezioni: «L’arroganza del centrodestra — spiega — probabilmente in questa regione ha provocato una certa timidezza da parte del centrosinistra, ma l’arroganza non è una nostra prerogativa e confido che un progetto chiaro e comprensibile possa convincere i lombardi a cambiare rotta».
Tante poltrone tra Cl, la Dc e Forza Italia
Nato a Lecco nel 1947, Roberto Formigoni è stato vicepresidente del Parlamento Europeo per cinque anni, eurodeputato per due legislature e deputato al Parlamento italiano per tre. L’esplosione di Comunione e Liberazione nelle università italiane, a cavallo tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta, lo vede in primissima fila, a Milano, per fondare la rivista CL e organizzare e dirigere gli strumenti di sostegno all’azione culturale e sociale di quel movimento.
A metà degli anni Settanta, dà vita al Movimento Popolare, che chiama a raccolta esperienze del movimento cattolico per rilanciare una presenza a tutto campo nella società italiana e reagire al disorientamento del mondo cattolico. Nel 1984 viene eletto al Parlamento europeo nelle liste della Democrazia Cristiana e si ripete cinque anni dopo. Nel 1987 viene eletto deputato a Montecitorio dove fa il suo ingresso e tra il 1993 e il 1994 è sottosegretario all’Ambiente nel governo Ciampi.
Dopo la fine della Dc, Roberto Formigoni diventa presidente del Cdu e lo guida all’adesione al Polo delle Libertà. Come candidato del Polo si presenta nel ’95 alle Regionali, batte il candidato del centrosinistra, Diego Masi, e diventa presidente della Lombardia. Nel 2000, dopo il passaggio nelle file di Forza Italia, il bis vincente contro Mino Martinazzoli, candidato del centrosinistra con la lista “Martinazzoli Presidente”, battuto con il 62,43 per cento dei voti contro il 31,47 per cento.
Articolo pubblicato l’8 gennaio 2005 sul Piccolo Giornale di Cremona
Articolo pubblicato anche su Medium