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All’inizio degli anni Quar­an­ta non si era anco­ra spen­ta l’e­co del­la sec­on­da vit­to­ria mon­di­ale degli azzur­ri di Poz­zo, e sul­l’Eu­ropa incombe­va, sem­pre più minac­ciosa, l’om­bra ingom­brante del nazis­mo. All’al­ba del pri­mo set­tem­bre 1939, cinque Panz­er­di­vi­sio­nen tedesche ave­vano fat­to irruzione in ter­ri­to­rio polac­co, dan­do il via alla sec­on­da guer­ra mon­di­ale.

Dopo nove mesi, nel giug­no del 1940, Mus­soli­ni decise di inter­venire nel con­flit­to, schieran­do le mal­conce truppe del­la peniso­la al fian­co del­la Ger­ma­nia hit­le­ri­ana. «In set­tem­bre tut­to sarà fini­to — ave­va spie­ga­to il Duce ai suoi gen­er­ali — ed io ho bisog­no di qualche migli­a­ia di mor­ti per seder­mi al tavo­lo del­la pace quale bel­lig­er­ante». Purtrop­po Mus­soli­ni ave­va sbaglia­to i cal­coli. La guer­ra sarebbe dura­ta di più. Molto di più.

Il cal­cio fino al 1943 fece fin­ta di niente. Era uno dei modi per dare alla vita la par­ven­za del­la nor­mal­ità. La Cre­monese, dopo essere spro­fon­da­ta nel­la palude del­la serie C, nel­la sta­gione 1941–42, sot­to la gui­da del­l’avvo­ca­to Fran­co Bon­era, era rius­ci­ta di nuo­vo a con­quis­tar­si un pos­to al sole del­la cadet­te­ria.

Le par­tite inizia­vano sem­pre sot­to la minac­cia di essere inter­rotte dal­l’al­larme aereo, ma, nonos­tante il peri­co­lo dei bom­bar­da­men­ti, il popo­lo gri­giorosso ritornò a seguire con pas­sione le ges­ta dei suoi beni­ami­ni. Tra questi com­in­ciò a far­si notare un gio­vane promet­tente, il vesco­v­ati­no Gia­co­mo Mari. Si era capi­to subito che avrebbe fat­to stra­da nel mon­do del pal­lone.

Alla fine del 1943, però, anche lo sport del­la peda­ta fu costret­to a fer­mar­si. La guer­ra, il mas­sacro, si con­cluse due anni e 52 mil­ioni di mor­ti dopo, non pri­ma che venis­sero scritte alcune delle pagine più ter­ri­bili del­la sto­ria del­l’u­man­ità: Auschwitz, Tre­blin­ka, Dachau, Hiroshi­ma, Nagasa­ki… La trage­dia del­la guer­ra colpì diret­ta­mente anche la Cre­monese, che nel con­flit­to perse due dei suoi gio­ca­tori: Umber­to Franzi­ni e Giuseppe Puer­ari.

La deci­sione di ripren­dere rego­lar­mente la dis­pu­ta dei cam­pi­onati venne uffi­cial­iz­za­ta dal­la Fed­er­azione Cal­cio il 5 mag­gio del 1945. Il nuo­vo pres­i­dente del­la soci­età gri­giorossa, il com­menda­tore Zuc­chi, si diede subito da fare per met­tere insieme una squadra com­pet­i­ti­va, in gra­do di lottare per la pro­mozione nel­la mas­si­ma serie. E infat­ti quel­la Cre­monese, allena­ta da Ramas, si riv­elò una delle più belle degli ulti­mi anni. Dopo esser­si clas­si­fi­ca­ta pri­ma nel giorne B del cam­pi­ona­to Alta Italia, con nove pun­ti di van­tag­gio sul­la sec­on­da, venne bat­tuta nelle finali dal­l’A­lessan­dria, per­den­do così il treno per la serie A.

Al ter­mine del­la sta­gione, Mari si allon­tanò dal Tor­raz­zo per finire pri­ma all’Ata­lan­ta di Berg­amo e poi sot­to la Mole Antonel­liana, a gio­care con la maglia zebra­ta del­la Juven­tus. Il Gia­co­mo da Vesco­v­a­to ebbe anche la sod­dis­fazione di parte­ci­pare ai mon­di­ali del 1950, in Brasile. I pri­mi del dopoguer­ra e i pri­mi con gli azzur­ri non più sud­di­ti dei Savoia ma cit­ta­di­ni del­la repub­bli­ca ital­iana.

L’avven­tu­ra sudamer­i­cana non si riv­elò molto felice per la nos­tra nazionale. A un anno dal­la spedi­zione mon­di­ale, la trage­dia di Super­ga ave­va can­cel­la­to il grande Tori­no, una delle squadre più for­ti di tut­ti i tem­pi, e dopo quel­la sci­agu­ra nes­suno si fida­va più del­l’aereo per andare in trasfer­ta. Così i diri­gen­ti azzur­ri optarono per la nave per trasportare i gio­ca­tori dal­l’al­tra parte del­l’o­ceano. Il viag­gio di due set­ti­mane tra le onde del­l’At­lanti­co si riv­elò un vero e pro­prio cal­vario, e l’I­talia sbar­ca­ta in Brasile venne spaz­za­ta via dal­la Svezia subito, al pri­mo turno.

Nel frat­tem­po la Cre­monese ave­va dis­pu­ta­to alcu­ni cam­pi­onati di serie B, rime­dian­do una serie di piaz­za­men­ti onorevoli. Alla gui­da tec­ni­ca del­la squadra si era­no alter­nati in rap­i­da suc­ces­sione Defen­di, Villi­ni ed Ercole Bod­i­ni. Nel cor­so del­la sta­gione 1948–49, poi, era sboc­cia­to il tal­en­to di un altro gio­vane asso, Pasquale Vivo­lo, che alla fine del tor­neo approdò alla corte juventi­na.

Quin­to capi­to­lo del­la sto­ria del­la Cre­monese, pub­bli­ca­to il 5 dicem­bre 1993 su Forza Cre­monese, men­sile uffi­ciale del­la soci­età gri­giorossa

Arti­co­lo pub­bli­ca­to anche su Medi­um

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