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Il sor­pren­dente sec­on­do pos­to nel girone B di pri­ma divi­sione del­la sta­gione 1925–26 rap­p­re­sen­tò il pun­to più alto rag­giun­to dal­la Cre­monese nel­la pri­ma fase del­la sua sto­ria. Da allo­ra com­in­ciò un lento ma costante decli­no. Il cam­mi­no del­la soci­età di via Per­si­co si tinse sem­pre più di gri­gio, come quelle vec­chie fotografie in bian­co e nero mal­trat­tate dal tem­po, che rap­p­re­sen­tano l’u­ni­ca tes­ti­mo­ni­an­za visi­va di quegli anni lon­tani.

La parten­za del­l’ungherese Jez­mas, vera pun­ta di dia­mante del­l’at­tac­co, e dei migliori tal­en­ti locali, accalap­piati dalle ric­che squadre delle gran­di cit­tà, obbligò i gri­giorossi a ridi­men­sion­are notevol­mente le pro­prie ambizioni. Per qualche tem­po la Cre­monese riuscì a bar­ca­me­nar­si nelle acque sem­pre più agi­tate del cam­pi­ona­to, ma al ter­mine del­la sta­gione 1929–30 la retro­ces­sione fu inevitabile. E dolorosa.

Pro­prio nel­l’es­tate di quel 1930 il cal­cio cele­brò la sua nuo­va dimen­sione inter­nazionale con la dis­pu­ta del­la pri­ma edi­zione del­la Cop­pa del Mon­do, in Uruguay. Un’edi­zione in tono minore, con 13 nazion­ali soltan­to ai nas­tri di parten­za, e l’I­talia assente. Intan­to il pub­bli­co gri­giorosso ave­va pro­gres­si­va­mente abban­do­na­to la Cre­monese al suo des­ti­no. Un des­ti­no che all’inizio degli anni Trenta non sem­bra­va ris­er­vare altro che qualche mediocre piaz­za­men­to in serie B.

Meglio dedi­care l’at­ten­zione, quin­di, a quan­to sta­va acca­den­do a liv­el­lo nazionale ed inter­nazionale. Al con­gres­so di Stoc­col­ma del­l’ot­to­bre 1932 i del­e­gati ital­iani del­la Fed­er­azione cal­cio era­no rius­ci­ti a far asseg­nare al nos­tro paese l’or­ga­niz­zazione del­la sec­on­da edi­zione del­la Cop­pa del Mon­do. Così, dopo una pri­ma fase elim­i­na­to­ria, il 27 mag­gio del 1934 pre­sero il via i pri­mi mon­di­ali “made in Italy”, con la parte­ci­pazione delle rap­p­re­sen­ta­tive di 16 nazioni.

L’I­talia, gio­can­do in casa, era una delle squadre favorite. Il com­mis­sario tec­ni­co Vit­to­rio Poz­zo pote­va con­tare sulle prodezze dei from­bolieri Meaz­za e Schi­a­vo, sulle parate del­lo juventi­no Com­bi, e sulle gio­cate dal sapore sudamer­i­cano del­l’o­ri­un­do Orsi. Tut­ti per­son­ag­gi entrati di dirit­to nel­la leggen­da del­lo sport del­la peda­ta. La nos­tra nazionale rispet­tò il pronos­ti­co e si aggiu­dicò la Cop­pa bat­ten­do la Cecoslo­vac­chia per due a uno nel­la finale del 10 giug­no.

La par­ti­ta si dis­putò a Roma, allo sta­dio del Fas­cio, l’at­tuale Flaminio. In tri­buna, a rac­cogliere gli applausi e la glo­ria del suc­ces­so, il Duce, sedu­to accan­to ai prin­cipi di Savoia. Alla radio, a rac­con­tare le ges­ta degli atleti a tut­ti gli ital­iani, il miti­co Nic­colò Caro­sio: la sua voce sarebbe diven­ta­ta sem­pre più famil­iare agli sportivi del­la peniso­la.

Fu una vit­to­ria qua­si obbli­ga­ta per gli azzur­ri. I ger­ar­chi del regime avreb­bero infat­ti mal sop­por­ta­to una scon­fit­ta. Anche il cal­cio dove­va con­tribuire a dare del­l’I­talia un’im­mag­ine forte, vir­ile, potente. La stes­sa osten­ta­ta con orgoglio dal fas­cis­mo. Un’im­mag­ine sapi­en­te­mente costru­i­ta, che la nazionale con­tribuì ad irro­bu­stire con la sua impre­sa.

La Cre­monese, intan­to, vivac­chi­a­va tra la serie B e la C. Le sfide con le gran­di del cal­cio ital­iano rap­p­re­sen­ta­vano ormai un capi­to­lo chiu­so per la soci­età di via Per­si­co. Il pre­sente non ave­va imp­rese mem­o­ra­bili da regalare, qualche sod­dis­fazione però sì. Il cre­mas­co Olmi, per esem­pio, dopo due sta­gioni dis­pu­tate in maglia gri­giorossa, approdò pri­ma al Bres­cia, poi all’In­ter, e parte­cipò come ris­er­va ai Cam­pi­onati del Mon­do del 1938, in Fran­cia. In quel­l’oc­ca­sione l’I­talia di Pio­la e Meaz­za con­fer­mò la sua supre­mazia in cam­po inter­nazionale, e nel­la finalis­si­ma di Pari­gi superò l’Unghe­ria con il per­en­to­rio pun­teg­gio di quat­tro a due.

Purtrop­po non tut­ti i gio­ca­tori del­la Cre­monese ebbero la for­tu­na di Rena­to Olmi. Il terzi­no Aris­tide Rossi, impeg­na­to con i gri­giorossi nel­la serie B del 1936–37, perse la vita in segui­to a un inci­dente di gio­co avvenu­to durante la par­ti­ta ester­na di Messi­na.

Quar­to capi­to­lo del­la sto­ria del­la Cre­monese, pub­bli­ca­to il 7 novem­bre 1993 su Forza Cre­monese, men­sile uffi­ciale del­la soci­età gri­giorossa

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